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IL PERSONAGGIO

La svolta a destra del Cile: chi è il nuovo presidente José Antonio Kast che promette “mano dura” su criminalità e migranti

Con il 58,2% dei voti, l’avvocato ultraconservatore del Partito Repubblicano batte la comunista Jeannette Jara. La sua agenda: deportazioni di massa, barriera al confine e più poteri a polizia ed esercito. Ma senza maggioranze piene in Parlamento la strada non sarà in discesa

Alfredo Zermo

15 Dicembre 2025, 16:25

La svolta a destra del Cile: chi è il nuovo presidente José Antonio Kast che promette “mano dura” su criminalità e migranti

Una sirena spacca il silenzio in una notte calda di Santiago. Nelle strade del centro, clacson e bandiere si mescolano al coro ripetuto mille volte: “¡Kast, Kast!”. È la fotografia di un Paese che ha scelto la via dell’ordine: il 14 dicembre 2025, al ballottaggio, José Antonio Kast ha vinto la presidenza del Cile con il 58,2% dei voti contro il 41,8% di Jeannette Jara, candidata del blocco progressista e dirigente del Partito Comunista. Un verdetto netto che, secondo osservatori e fonti ufficiali, sancisce il più grande spostamento a destra del Paese dai tempi del ritorno alla democrazia nel 1990. Euronews, l’agenzia AP, Reuters e il Financial Times convergono sui numeri e sulla portata politica del risultato.

Oltre i numeri: perché ha vinto Kast

L’onda che ha portato Kast a La Moneda (vi entrerà formalmente l’11 marzo 2026) nasce da tre fattori intrecciati:

  • la percezione (e, in parte, la realtà) di un deterioramento della sicurezza pubblica, con la tassa di omicidi passata dal 2,3 per 100.000 del 2015 a circa 6,0 nel 2024, dopo un picco nel 2022-2023; un calo lieve nel 2024 e nel primo semestre 2025 non ha invertito la paura diffusa;
  • la crescita rapida dell’immigrazione (quasi 1,92 milioni di stranieri residenti al 2023, pari al 9,9% della popolazione), con circa 337.000 persone in condizione di irregolarità stimate da INE/SERMIG;
  • la stanchezza verso un lunghissimo ciclo costituente finito con due bocciature referendarie (la seconda il 17 dicembre 2023: “contro” al 55,8%), che ha lasciato in piedi il testo del 1980 e spostato l’agenda dal “nuovo patto sociale” alla “sicurezza”.

Su questo terreno, Kast, leader del Partito Repubblicano, ha costruito una campagna “legge e ordine” senza ambiguità, promettendo più Stato in divisa e meno Stato sociale, più poteri alle forze dell’ordine, deportazioni di massa, barriere fisiche alla frontiera nord e una “guerra al crimine organizzato”. I primi titoli dei mercati, intanto, hanno reagito al segnale di un possibile indirizzo più pro-business: peso in rafforzamento e IPSA in rialzo nelle sedute successive al primo turno e alla vittoria della destra in Parlamento; prospettive giudicate “moderatamente positive” dagli analisti, pur con caveat sul quadro politico frammentato.

Il mandato elettorale e i suoi limiti

  • Il dato nazionale: 58,2% a 41,8% per Kast su Jara, con lo scrutinio oltre il 99% delle schede.
  • Il trend: l’esito è coerente con i flussi del primo turno (16 novembre 2025) che avevano proiettato Kast e Jara al ballottaggio, con affluenza elevata per il voto obbligatorio reintrodotto.
  • Il Parlamento: la destra allarga la rappresentanza ma non ottiene maggioranze assolute né al Senato (sostanziale parità) né alla Camera; soglie cruciali come il quorum dei 4/7 sono avvicinabili solo con alleanze. Ciò significa che molte misure bandiera richiederanno compromessi.
  • Il calendario: l’insediamento avverrà l’11 marzo 2026, secondo prassi cilena; nel frattempo è atteso un “piano 90 giorni” per impostare sicurezza, migrazione e riforme giudiziarie.

Cosa promette Kast: la nuova architettura dell’“ordine”

1) “Plan Implacable” contro il crimine

Nei comizi finali e nei documenti programmatici, Kast ha presentato un “Plan Implacable” che prevede:

  • carceri di massima sicurezza e regime di isolamento per i capi narcos;
  • pene più dure per appartenenza a bande;
  • Fuerza de Tarea Conjunta con polizia ed esercito nelle aree a più alto tasso di violenza;
  • “tolleranza zero” alle “incivilità” urbane e repressione dei narcofunerali.

Il contesto è una criminalità percepita in crescita e l’arrivo di gang transnazionali (come il Tren de Aragua), che ha spinto verso un discorso securitario trasversale. Benché la tassa di omicidi sia scesa lievemente nel 2024, è quasi raddoppiata rispetto alla metà del decennio scorso e resta il tema numero uno per l’opinione pubblica.

2) Frontiere: barriera fisica e deportazioni di massa

Il capitolo migratorio è il più controverso e politicamente identitario:

  • costruzione di una barriera al confine nord e militarizzazione dei valichi con poteri ampliati a Forze Armate e polizie (controlli, fermo, “reconducción” immediata);
  • istituzione di centri di internamento ed espulsione vicino alla frontiera;
  • deportazioni su larga scala dei migranti irregolari (indicati in circa 330-337 mila), con priorità ai condannati o a chi non si presenti ai registri;
  • stop a nuove regolarizzazioni collettive e sanzioni a datori di lavoro e intermediari che favoriscano l’irregolarità.

In campagna Kast ha spinto la retorica oltre la tecnica, arrivando a dire che “non pagherà lui” i viaggi di rientro e che dovranno contribuire i migranti o i datori di lavoro che li hanno assunti; toni che hanno acceso le critiche di avversari di destra e sinistra sulla fattibilità logistica e finanziaria dell’operazione.

3) Più poteri a polizia ed esercito

Il programma del presidente eletto prevede l’ampliamento delle facoltà operative di Carabineros, PDI e Forze Armate nelle zone ad alta intensità criminale, con impiego stabile in compiti di ordine pubblico e controllo in Araucanía e nel Nord. Gli apparati avrebbero “copertura” politica e legale rafforzata, con riforme su legittima difesa, regole d’ingaggio e coordinamento giudiziario.

Quanto è realizzabile? Leggi, aerei e geopolitica

L’agenda dell’ordine non si implementa con uno slogan. Tre i vincoli principali.

  • Vincolo parlamentare: senza maggioranze stabili, norme complesse (es. riordino delle competenze militari, nuovi reati per l’ingresso irregolare, modifiche procedurali in materia di espulsioni) richiederanno accordi con settori non allineati. La mappa post-voto – Camera inclinata a destra ma frammentata; Senato quasi pari – fotografa l’obbligo della mediazione.
  • Vincolo giuridico: la Legge 21.325 su Migrazione ed extranjería (2021) – già irrigidita in più punti dal 2022-2024 – impone procedimenti con notifiche, termini di difesa e ricorsi alla Corte d’Appello (entro 10 giorni) e, in taluni casi, revisione in Corte Suprema. Le espulsioni collettive sono incompatibili con i principi di non-refoulement e con il diritto al giusto processo; la “reconducción” immediata ha margini ristretti e non copre casi di protezione internazionale. In breve: si può espellere, ma uno a uno e con tempi e costi.
  • Vincolo operativo e diplomatico: deportare centinaia di migliaia di persone richiede voli, accordi bilaterali e cooperazione dei Paesi di origine (in primis Venezuela, Perù, Bolivia). Già oggi, la riconsegna alla frontiera dipende dall’assenso del vicino; senza intese, si generano colli di bottiglia e crisi umanitarie come quelle viste a Tacna/Arica.

Sul piano delle garanzie, le stesse istituzioni cilene – Ministero dell’Interno, Senato, Biblioteca del Congresso – hanno ricordato che le scorciatoie procedurali sulle espulsioni devono comunque preservare difesa e tutela giurisdizionale, limiti che anche un governo “duro” non può scavalcare.

Criminalità in Cile: la fotografia dietro la paura

Il Cile resta, per standard regionali, un Paese relativamente meno violento. Eppure, l’aumento degli omicidi nell’ultimo quinquennio, i picchi di estorsioni, sequestri, traffico di armi e una maggiore visibilità del crimine organizzato hanno inciso sul quotidiano. Studi indipendenti stimano un costo economico della violenza attorno al 2,6% del PIL (circa 8,2 miliardi di dollari), tra chiusure anticipate, investimenti rinviati e spesa per sicurezza privata. Anche se nel 2024 la tassa di omicidi è scesa intorno a 6,0 (da 6,3), il tema ha ridisegnato le priorità politiche.

A complicare lo scenario, la penetrazione di gang come il Tren de Aragua, che ha reso più viscose le economie criminali e moltiplicato i reati a impatto sociale. La narrativa dell’“emergenza permanente” ha attecchito proprio mentre si chiudeva, senza esito, il ciclo costituente.

Il voto che cambia la mappa (ma non la aritmetica)

L’elezione di Kast è parte di una tendenza regionale che, dall’Argentina al Salvador, privilegia soluzioni muscolari contro la criminalità e approcci più liberisti in economia. Le congratulazioni più tempestive sono arrivate dal presidente argentino Javier Milei e da esponenti dell’amministrazione statunitense; la vincitrice sconfitta Jara e il presidente uscente Gabriel Boric hanno riconosciuto il risultato e avviato la transizione. Per quanto carico di simbolismi, il nuovo ciclo cileno dovrà però fare i conti con un Congresso senza maggioranze nette, dove il Partito Republicano cresce ma deve trattare su ogni dossier.

Economia e mercati: aspettative alte, vincoli reali

Gli investitori scommettono su un Cile più pro-mercato e su una consolidazione fiscale. Gli analisti intravedono margini per riforme su capitale, pensioni e semplificazioni, ma ricordano che la stabilità dipenderà da alleanze legislative e gradualismo. Nel 2025 il Banco Central de Chile ha mantenuto il tasso di riferimento attorno al 5%, con inflazione in discesa verso il target del 3% e un peso favorito anche dal ciclo dei commodities. Più che la propaganda, a contare saranno i dettagli della prima legge di bilancio e delle priorità nei primi 100 giorni.

Migrazione: i numeri, oltre le bandiere

  • Popolazione straniera residente (stima INE/SERMIG al 31 dicembre 2023): 1.918.583 (9,9% del totale).
  • Persone in condizione di irregolarità: 336.984 (circa 17,6% degli stranieri).
  • Trend 2025: ingressi irregolari in calo nel primo trimestre (-14,3% su base annua), ma con criticità al confine nord.

Questi dati up-to-date smentiscono narrazioni semplicistiche: il fenomeno non è fuori controllo, ma la gestione richiede capacità amministrativa, cooperazione regionale e risorse. Anche il progetto di eseguire centinaia di migliaia di espulsioni in quattro anni interroga flotte aeree, accordi consolari e sistemi giudiziari: un punto su cui persino esponenti della destra tradizionale hanno chiesto realismo.

Diritti e garanzie: la faglia che attraversa il Paese

Il presidente eletto ha spesso polemizzato con l’Instituto Nacional de Derechos Humanos e promette il “massimo sostegno” alle forze dell’ordine, suscitando l’allarme di ONG e associazioni di memoria. La discussione non è accademica: la Costituzione del 1980 resta in vigore dopo il doppio no referendario e il bilanciamento tra sicurezza e diritti si sposterà in Parlamento, nei tribunali e nelle strade. Human rights watchdogs e settori della Chiesa hanno già contestato l’ipotesi di centri di detenzione per migranti e la stretta sull’accesso a servizi essenziali per gli irregolari. Il nuovo governo dovrà mostrare di saper garantire ordine senza erodere garanzie.

Che cosa cambia davvero dal 11 marzo 2026

  • Sicurezza: possibile decreto di emergenza mirata in aree critiche; potenziamento di Carabineros e PDI; priorità a unità anti-crimine organizzato.
  • Migrazione: avvio di centri di internamento e rafforzamento di riconduzioni; necessarie intese con Perù, Bolivia, Venezuela per rimpatri.
  • Economia: primi segnali attesi su spesa pubblica e tagli selettivi; focus su investimenti, rame e filiere green; mercati in attesa di dettagli.
  • Metodo: senza maggioranze blindate, il compromesso non è un optional. Il mandato politico è forte, ma l’architettura istituzionale cilena premia chi sa negoziare.

La sfida politica

Il Cile consegna a José Antonio Kast un mandato d’ordine, ma anche un campo minato. La domanda sociale è cambiata: più sicurezza, meno sperimentazioni costituzionali, più efficacia amministrativa. Se il nuovo presidente trasformerà le sue parole d’acciaio in risultati misurabili – senza lacerare il tessuto democratico – lo diranno i prossimi 12-18 mesi. Per ora, la notte di Santiago racconta un Cile che ha scelto, con nettezza, di tornare a parlare il linguaggio dell’autorità.