18 dicembre 2025 - Aggiornato alle 09:05
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tensioni internazionali

Meloni frena e avverte: "Basi solide per gli asset o vince Mosca"

La premier a Bruxelles a discutere il sostegno economico a Kiev

Redazione La Sicilia

18 Dicembre 2025, 00:00

Giorgia Meloni, premier

Giorgia Meloni, premier

Italia «aperta a ogni soluzione» sugli asset russi congelati, ma «senza una base giuridica solida» il loro utilizzo ora

Italia «aperta a ogni soluzione» sugli asset russi congelati, ma «senza una base giuridica solida» il loro utilizzo ora «regalerebbe la prima vera vittoria» a Mosca. Giorgia Meloni vola a Bruxelles con molte perplessità sul dossier al centro del Consiglio europeo e lascia deliberatamente aperte tutte le opzioni, inclusa la possibilità di abbandonare l’aula al momento della decisione finale.

Nebbia fitta, è ancora troppo presto per dire come finirà, ammettono i suoi, dopo le comunicazioni al Parlamento in cui, tra scintille con le opposizioni («Dicono un’infinità di falsità»), la presidente del Consiglio ribadisce che il governo «non intende inviare soldati in Ucraina» e ufficializza la richiesta di una pausa sul Mercosur: l’intesa verrà firmata, precisa, solo con adeguate garanzie per gli agricoltori, forse all’inizio del 2026 nelle sue intenzioni.

In Aula si consuma l’ennesimo scontro con Elly Schlein, Giuseppe Conte e Matteo Renzi. Al Senato, in serata, la premier chiede l’applauso per l’assoluzione di Matteo Salvini nel processo Open Arms.

La Lega ha inciso sulla risoluzione di maggioranza, che conferma a Kiev un sostegno «multidimensionale», fissando però il paletto della «lotta a riciclaggio e corruzione». Nessun riferimento diretto a nuove forniture di armi: la proroga è attesa con un decreto a fine anno e dovrebbe includere anche dotazioni civili.

Sul capitolo finanziario non si escludono novità dai contatti a Bruxelles nelle ore precedenti il vertice. «Vigiliamo sulla corruzione ma gli anticorpi di Kiev sono incoraggianti», puntualizza Meloni, rimarcando che un «collasso» ucraino «rappresenterebbe un danno per tutti noi». Serve però «una soluzione sostenibile» e «sarà tutt’altro che semplice». La scelta, avverte, deve restare nelle mani dei leader, scongiurando scorciatoie tecniche: «Bisogna puntare a usare gli asset ma essendo sicuri di fare la cosa giusta». E ogni sforzo finanziario, mette in chiaro, dovrà restare fuori dal Patto di stabilità.

La premier assicura che non verrà lasciata Kiev «nella fase più delicata degli ultimi anni», mentre nel negoziato il nodo dei territori è «lo scoglio più difficile da superare». Da Mosca arriverebbero «pretese irragionevoli sul Donbass», osserva, aggiungendo che la Russia «è impantanata in una durissima guerra di posizione» e che occorre mantenere alta la pressione per «costringerla ad un accordo».

Le opposizioni la accusano di appiattirsi sulla postura di Donald Trump. L’affondo arriva anche dal senatore a vita Mario Monti, cui Meloni replica rinfacciandogli la guida di un esecutivo tecnico: «A differenza sua faccio il presidente del Consiglio perché me lo ha chiesto il popolo italiano». Stati Uniti ed Europa «non sono competitor» e l’Italia «non è una cheerleader», ribadisce, richiamandosi alla strategia di sicurezza americana per sostenere che non serve «lanciare strali contro un nemico immaginario» quando quello «vero» è «la nostra incapacità di decidere». Non mancano le bacchettate a Bruxelles: oltre al Mercosur, la premier attacca i «burocrati che inficiano la direttiva imballaggi» e boccia la proposta di bilancio della Commissione, da rivedere perché «non accetteremo di pagare di più per ottenere di meno» su agricoltura e Coesione.

Sull’immigrazione rivendica un ruolo da «apripista», salutando le novità Ue su Paesi sicuri e rimpatri come la chiave grazie a cui «il modello Albania funzionerà, piaccia o no alla sinistra». In parallelo avverte che «non si può rimandare l’adesione dei Balcani occidentali all’Ue».

In vista del vertice, Meloni interviene anche sul Medio Oriente: gli Stati Uniti hanno chiesto all’Italia «di contribuire a un progetto pilota di addestramento della polizia palestinese da dispiegare a Gaza in tempi rapidi». Dopo aver ricevuto Abu Mazen ad Atreju, la presidente del Consiglio domanda «a chi ha vergognosamente sostenuto che il governo fosse complice di genocidio, se si reputa che anche il presidente dell’Anp lo sia». Esprime poi cordoglio per «il brutale attacco antisemita» a Sydney e la sua «gratitudine» al cittadino musulmano che ha fermato il terrorista a Bondi Beach: «un gesto eroico» con «un messaggio potentissimo, spetta agli uomini di buona volontà costruire e preservare la pace». Sul fronte interno, infine, definisce «un rischio per l’Italia le predicazioni violente degli imam».

«regalerebbe la prima vera vittoria» a Mosca. Giorgia Meloni vola a Bruxelles con molte perplessità sul dossier al centro del Consiglio europeo e lascia deliberatamente aperte tutte le opzioni, inclusa la possibilità di abbandonare l’aula al momento della decisione finale. «Nebbia fitta, è ancora troppo presto per dire come finirà», ammettono i suoi, dopo le comunicazioni al Parlamento in cui, tra scintille con le opposizioni («Dicono un’infinità di falsità»), la presidente del Consiglio ribadisce che il governo «non intende inviare soldati in Ucraina» e ufficializza la richiesta di una pausa sul Mercosur: l’intesa verrà firmata, precisa, solo con adeguate garanzie per gli agricoltori, forse all’inizio del 2026 nelle sue intenzioni. In Aula si consuma l’ennesimo scontro con Elly Schlein, Giuseppe Conte e Matteo Renzi. Al Senato, in serata, la premier chiede l’applauso per l’assoluzione di Matteo Salvini nel processo Open Arms. La Lega ha inciso sulla risoluzione di maggioranza, che conferma a Kiev un sostegno «multidimensionale», fissando però il paletto della «lotta a riciclaggio e corruzione». Nessun riferimento diretto a nuove forniture di armi: la proroga è attesa con un decreto a fine anno e dovrebbe includere anche dotazioni civili. Sul capitolo finanziario non si escludono novità dai contatti a Bruxelles nelle ore precedenti il vertice. «Vigiliamo sulla corruzione ma gli anticorpi di Kiev sono incoraggianti», puntualizza Meloni, rimarcando che un «collasso» ucraino «rappresenterebbe un danno per tutti noi». Serve però «una soluzione sostenibile» e «sarà tutt’altro che semplice». La scelta, avverte, deve restare nelle mani dei leader, scongiurando scorciatoie tecniche: «Bisogna puntare a usare gli asset ma essendo sicuri di fare la cosa giusta». E ogni sforzo finanziario, mette in chiaro, dovrà restare fuori dal Patto di stabilità. La premier assicura che non verrà lasciata Kiev «nella fase più delicata degli ultimi anni», mentre nel negoziato il nodo dei territori è «lo scoglio più difficile da superare». Da Mosca arriverebbero «pretese irragionevoli sul Donbass», osserva, aggiungendo che la Russia «è impantanata in una durissima guerra di posizione» e che occorre mantenere alta la pressione per «costringerla ad un accordo». Le opposizioni la accusano di appiattirsi sulla postura di Donald Trump. L’affondo arriva anche dal senatore a vita Mario Monti, cui Meloni replica rinfacciandogli la guida di un esecutivo tecnico: «A differenza sua faccio il presidente del Consiglio perché me lo ha chiesto il popolo italiano». Stati Uniti ed Europa «non sono competitor» e l’Italia «non è una cheerleader», ribadisce, richiamandosi alla strategia di sicurezza americana per sostenere che non serve «lanciare strali contro un nemico immaginario» quando quello «vero» è «la nostra incapacità di decidere». Non mancano le bacchettate a Bruxelles. Oltre al Mercosur, la premier attacca i «burocrati che inficiano la direttiva imballaggi» e boccia la proposta di bilancio della Commissione, da rivedere perché «non accetteremo di pagare di più per ottenere di meno» su agricoltura e Coesione. Sull’immigrazione rivendica un ruolo da «apripista», salutando le novità Ue su Paesi sicuri e rimpatri come la chiave grazie a cui «il modello Albania funzionerà, piaccia o no alla sinistra». In parallelo avverte che «non si può rimandare l’adesione dei Balcani occidentali all’Ue». In vista del vertice, Meloni interviene anche sul Medio Oriente: gli Stati Uniti hanno chiesto all’Italia «di contribuire a un progetto pilota di addestramento della polizia palestinese da dispiegare a Gaza in tempi rapidi». Dopo aver ricevuto Abu Mazen ad Atreju, la presidente del Consiglio domanda «a chi ha vergognosamente sostenuto che il governo fosse complice di genocidio, se si reputa che anche il presidente dell’Anp lo sia». Esprime poi cordoglio per «il brutale attacco antisemita» a Sydney e la sua «gratitudine» al cittadino musulmano che ha fermato il terrorista a Bondi Beach: «un gesto eroico» con «un messaggio potentissimo, spetta agli uomini di buona volontà costruire e preservare la pace». Sul fronte interno, infine, definisce «un rischio per l’Italia le predicazioni violente degli imam».