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Foto, omissioni e accuse incrociate: cosa rivelano davvero i nuovi “Epstein Files” su Clinton, Trump e la cena privata in Marocco

Tra scatti inediti del luglio 2002 e una foto “scomparsa” dal sito della Giustizia USA, viaggio dentro i documenti che riaprono vecchie domande e accendono nuove polemiche

Redazione La Sicilia

20 Dicembre 2025, 23:44

Foto, omissioni e accuse incrociate: cosa rivelano davvero i nuovi “Epstein Files” su Clinton, Trump e la cena privata in Marocco

All’inizio sembra solo un dettaglio, uno scatto mondano salvato in un archivio polveroso: luglio 2002, Rabat, la sala di una cena privata per celebrare il matrimonio del giovane re Mohammed VI. Al tavolo, tra i notabili di corte, compaiono l’ex presidente Bill Clinton, Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell. È l’istantanea che torna a galla con la pubblicazione dei nuovi Epstein Files e che riaccende, ventitré anni dopo, un interrogativo dal peso politico enorme: quanto profonda fu la relazione tra il 42° presidente degli Stati Uniti e il finanziere poi condannato per reati sessuali? E, sul versante opposto della barricata, perché dal sito del Dipartimento di Giustizia americano è stata rimossa un’immagine che includeva Donald Trump? Domande diverse, stesso cortocircuito: trasparenza, selezione dei materiali, fiducia nelle istituzioni.

Marocco, luglio 2002: la cena privata del re e la “compagnia” di Clinton

Nei documenti e nelle foto rese disponibili in queste ore dal Dipartimento di Giustizia, trovano spazio immagini del viaggio di Bill Clinton in Marocco nel luglio 2002. Secondo quanto ricostruito, l’ex presidente partecipò a una cena privata in onore del matrimonio di Mohammed VI e in quell’occasione avrebbe portato con sé Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell. Il dettaglio della cena privata preceduta dalla cerimonia pubblica emerge nelle cronache che accompagnano il pacchetto di file diffusi, con la precisazione che Hillary Clinton, all’epoca senatrice, non prese parte al viaggio mentre Chelsea Clinton partecipò a momenti pubblici della visita. Il contesto conta: nel 2002 Epstein non era ancora stato incriminato; il suo primo arresto è del 2006. Questi elementi sono riportati anche nella ricostruzione di Adnkronos, che cita CNN come fonte del particolare sulla cena.

Sulla dinamica di quell’invito, nei giorni scorsi sono circolate versioni più assertive — secondo talune cronache, Clinton avrebbe “chiesto espressamente” di includere Epstein e Maxwell nella delegazione — ma si tratta di ricostruzioni basate su fonti anonime apparse sulla stampa e rilanciate da media internazionali; per questo meritano cautela. Testate locali marocchine e internazionali hanno ripreso l’indiscrezione, attribuendola al New York Post, e pubblicando una foto di gruppo in cui figurano Clinton, Chelsea, Epstein e Maxwell a margine delle nozze reali: un tassello in più, ma non una prova definitiva delle modalità con cui fu composta la delegazione. In assenza di documentazione ufficiale che corrobori i dettagli dell’invito, l’informazione va trattata come “affermazione riportata”, non come fatto accertato.

La posizione di Clinton: “Due gruppi di persone, noi nel primo”

La portata politica delle immagini inedite — compresi scatti su un jet privato, in piscina e in altri contesti informali — è evidente, ma la linea difensiva dell’entourage di Clinton resta netta: l’ex presidente, sostengono, tagliò i rapporti con Epstein prima che i crimini venissero alla luce. Un portavoce, interpellato alla luce della nuova pubblicazione, distingue tra “due gruppi di persone: il primo non sapeva nulla e ha interrotto i rapporti prima che emergessero i reati; il secondo ha continuato a frequentarlo”. “Noi siamo nel primo gruppo”, è la frase che sintetizza la posizione della cerchia clintoniana. Una rivendicazione ripetuta anche nella copertura della stampa internazionale in queste ore, dove lo staff dell’ex presidente insiste nel ricordare l’assenza di accuse formali a suo carico.

Il peso simbolico degli scatti, tuttavia, rimane: foto di Clinton con Epstein e Maxwell appaiono “in evidenza” nella prima tornata del rilascio, un fatto che ha inevitabilmente alimentato letture politiche opposte sulla selezione dei materiali e sulla tempistica.

“File 468”: cosa sappiamo della foto con Trump “sparita” dal sito della Giustizia USA

Sul fronte Trump, la discussione si è concentrata su un episodio specifico: la rimozione dal sito del Dipartimento di Giustizia di un’immagine catalogata come “EFTA00000468” che includeva una foto di Donald Trump (con Melania Trump, Epstein e Ghislaine Maxwell, in alcune versioni) all’interno di una più ampia inquadratura di scrivania. I Democratici della Commissione di Vigilanza della Camera hanno denunciato pubblicamente la scomparsa del file, chiedendo spiegazioni alla procuratrice generale Pam Bondi e parlando di un atto che, se confermato, solleverebbe “seri dubbi” sulla trasparenza dell’operazione. Alcuni media hanno verificato che l’indice dei documenti passa dal file 467 al 469, senza più traccia del 468.

Il Dipartimento di Giustizia respinge le accuse di manipolazione a fini politici e, in una nota diffusa sui social, afferma che le uniche redazioni applicate sono quelle previste dalla legge (tutela delle vittime, indagini in corso, sicurezza nazionale), negando la volontà di oscurare i nomi di figure politiche. Resta il fatto che diversi osservatori indipendenti e testate di primo piano hanno verificato la scomparsa di almeno 16 file poco dopo la pubblicazione, un dato che alimenta le richieste di un chiarimento formale e di un ripristino integrale dei contenuti previsti dalla normativa.

Il quadro normativo: l’Epstein Files Transparency Act e la tempistica contestata

Il rilascio odierno avviene in attuazione dell’Epstein Files Transparency Act, una legge che imponeva alla Giustizia USA la pubblicazione, entro il 19 dicembre 2025, di materiale investigativo salvo eccezioni tassative. Secondo diversi parlamentari — tra cui i promotori della legge — la scelta di diffondere “a rate”, di venerdì e con omissis giudicati “eccessivi”, viola lo spirito (se non la lettera) della norma. Le critiche, di taglio bipartisan in alcuni passaggi, segnalano l’assenza di un calendario chiaro per i rilasci successivi e l’insufficiente spiegazione delle redazioni. La Giustizia sostiene invece che il processo di vaglio richiede tempo per non esporre le vittime, non compromettere indagini ancora attive e non pregiudicare interessi di sicurezza nazionale.

Cosa c’è (e cosa manca) nei file: foto, verbali e buchi neri

Al di là delle foto che catalizzano l’attenzione, dalle carte pubblicate emergono elementi già noti e altri inediti o comunque contestualizzati meglio. In alcuni verbali e documenti non oscurati si rincorrono testimonianze su abusi ai danni di minorenni e la ricostruzione, ormai classica, dei passaggi che nel 2007 portarono al patteggiamento in Florida, con il ruolo controverso dell’allora procuratore Alexander Acosta. La pubblicazione parziale — e la rimozione di interi set di file dal portale — lascia però fuori pezzi importanti: interviste FBI a vittime, memo interni al Dipartimento e, più in generale, materiale che aiuterebbe a comprendere la rete di protezioni, evitamenti e fallimenti istituzionali che accompagnarono la vicenda. È anche per questo che, insieme alle polemiche di parte, arrivano richieste di trasparenza piena da associazioni di sopravvissute e da giuristi.

La contesa politica: Clinton vs. Trump, l’uso selettivo delle immagini e la fiducia pubblica

In un panorama già saturo di polarizzazione, la posta in gioco è la credibilità delle istituzioni e il rischio di una guerra di narrative basata su “chi appare di più” nelle foto. Da un lato, lo staff di Clinton accusa la Casa Bianca di “cercare un capro espiatorio” con scelte editoriali che enfatizzano le immagini dell’ex presidente; dall’altro, i Democratici della Camera puntano il dito sulla “foto 468” legata a Trump, presentando la rimozione come uno dei segnali di un più ampio deficit di trasparenza. A complicare il quadro, il fatto che — mentre le immagini di Clinton sembrano numerose — i riferimenti a Trump nei pacchetti pubblicati risultano, fin qui, limitati: una discrepanza che alimenta sospetti e domande sul criterio di pubblicazione e sulla catena di custodia digitale dei file.

Oltre lo scontro: cosa dicono davvero quelle foto del luglio 2002

La presenza di Clinton, Epstein e Maxwell alla cena privata per il matrimonio del sovrano marocchino è un fatto documentato dalle immagini ora confluite negli Epstein Files. Che cosa provano, però? Non attestano condotte criminali di Clinton, né riempiono i vuoti su ciò che sapeva o non sapeva nel 2002. Offrono invece un tassello importante per contestualizzare la natura — sociale, politica, di fundraising — dei legami che Epstein coltivava con membri dell’élite globale. In questo senso, le foto parlano una lingua chiara: il finanziere e la sua cerchia frequentavano ambienti di altissimo profilo e avevano accesso a eventi riservati. È un pezzo del mosaico che aiuta a mettere in prospettiva quanto fosse arduo, per l’opinione pubblica di allora, riconoscere l’abisso di violenza dietro la facciata di connessioni rispettabili.

La lezione mancata del 2007 e la memoria corta delle istituzioni

Molti dei passaggi giudiziari oggi ricordati — dalle accuse sulle vittime minorenni ai patteggiamenti che salvarono Epstein da processi più ampi — sono parte di una storia amara che le nuove carte ripropongono: una catena di fallimenti in cui le istituzioni hanno faticato a proteggere le vittime e a perseguire efficacemente i responsabili. La memoria di quegli errori non è un orpello: è la base per valutare quanto le scelte attuali — comprese le redazioni e i ritardi — siano giustificate o, al contrario, rischino di replicare opacità già viste. Ecco perché la questione della foto 468 e degli altri 16 file scomparsi non è solo una curiosità da addetti ai lavori, ma un test di accountability.