l'attentato
Mosca, un ordigno sotto l’auto spegne la vita del generale Fanil Sarvarov: la guerra entra nel cuore della capitale
Un’esplosione all’alba in un cortile di periferia, un generale di punta ucciso, un’inchiesta per omicidio e lo spettro di un’operazione “esterna”: cosa sappiamo e cosa resta da chiarire
Erano da poco passate le 06:55 a Mosca quando il silenzio di un parcheggio tra i palazzi di Yasenevaya Ulitsa, nel quadrante sud della città, è stato squarciato da un lampo e da un boato. Un Kia Sorento sventrato, frammenti d’asfalto e vetri negli ingressi dei condomìni, sangue sul sedile del conducente: la scena che le prime pattuglie hanno trovato racconta meglio di qualsiasi parola il livello di audacia – e di vulnerabilità – raggiunto dalla guerra di ombre. A bordo c’era il generale di corpo d’armata Fanil Sarvarov, capo della Direzione per l’addestramento operativo dello Stato Maggiore delle Forze Armate russe. È morto poco dopo per le ferite. La Russia ha aperto un fascicolo per omicidio e valuta, tra le piste, il coinvolgimento dei servizi speciali ucraini. Ma, al momento, non c’è una rivendicazione né prove rese pubbliche che chiudano il cerchio.
Chi era Fanil Sarvarov e perché era un bersaglio
Il profilo di Fanil Sarvarov spiega da solo il peso dell’attentato. Ufficiale di carriera, 56 anni, era diventato in questi anni uno degli ingranaggi chiave della macchina militare russa: guidava l’addestramento operativo dell’Esercito nello Stato Maggiore, un ruolo che incrocia dottrina, pianificazione e preparazione delle truppe impegnate anche nel teatro ucraino. Nei precedenti incarichi aveva servito in Cecenia e in Siria, esperienze che a Mosca contano come credenziali di ferro. Promosso generale nel 2016, rappresentava l’intersezione tra esperienza sul campo e cabina di regia. La mattina del 22 dicembre 2025, stando alla ricostruzione degli investigatori, è salito in auto e ha inserito la marcia: l’ordigno, collocato sotto il veicolo, è esploso mentre l’auto lasciava il posto, nel cortile di un complesso residenziale.
La Direzione investigativa statale russa ha diffuso un breve filmato del relitto dell’auto, con tracce ematiche visibili all’interno, e ha confermato che il militare è deceduto per le ferite riportate. Nell’immediato, l’ipotesi di lavoro più battuta dagli inquirenti è quella di un’operazione orchestrata dai servizi ucraini, ma la prudenza resta d’obbligo: da Kyiv, finora, nessun commento ufficiale. Svetlana Petrenko, portavoce del Comitato Investigativo, ha ribadito che “si stanno vagliando varie versioni”.
La dinamica: un ordigno “sotto scafo” e il cortile come zona grigia
Gli elementi disponibili puntano a un IED – un ordigno esplosivo improvvisato – posizionato sotto il pianale o in prossimità del sedile del conducente, programmato o innescato per colpire al momento della partenza, quando la vittima è in posizione e la zona di esplosione massimizza il danno. Il luogo prescelto, il cortile condominiale, è una zona grigia della sicurezza urbana: spazio teoricamente residenziale, spesso coperto da telecamere a circuito chiuso, ma con routine prevedibili, cancelli e recinzioni che non sempre scoraggiano operatori determinati. Gli inquirenti hanno già avviato l’analisi sistematica dei video delle CCTV e l’escussione di testimoni tra i residenti, passaggi standard che in casi simili consentono di ricostruire finestre temporali, possibili sopralluoghi e vie di fuga.
La targa, i movimenti del veicolo nei giorni precedenti e gli accessi al cortile sono i primi anelli della catena investigativa. Gli esperti di esplosivi stanno inoltre cercando di definire il tipo di carica, la presenza di frammentazione aggiuntiva e l’eventuale uso di un innesco radiocomandato o di un interruttore a pressione. Dettagli che, se confermati, permetteranno di avvicinarsi al modus operandi di presunti autori. In passati attentati simili in area moscovita – come quello contro il generale Yaroslav Moskalik nell’aprile 2025 – gli investigatori avevano parlato di ordigni artigianali con elementi lesivi aggiunti.
Una scia di attentati mirati ai vertici militari
La morte di Sarvarov non è un unicum. Negli ultimi 12 mesi la Russia ha registrato una serie di attacchi mirati contro alti ufficiali o figure chiave dell’apparato militare e mediatico. Il 17 dicembre 2024, il generale Igor Kirillov, allora capo delle truppe di difesa NBC, fu ucciso a Mosca dall’esplosione di una bomba nascosta in un monopattino elettrico parcheggiato sotto casa: in quel caso i servizi ucraini (SBU) rivendicarono. Il 25 aprile 2025, un altro ordigno collocato su un’autovettura a Balashikha uccise il generale Yaroslav Moskalik, vicecapo della Direzione Operazioni del GŠ. L’elenco non si ferma qui e include figure non militari ma organicamente legate allo sforzo bellico, come l’ideologa Darya Dugina (agosto 2022) e il blogger militare Maxim Fomin alias Vladlen Tatarsky (aprile 2023). La traiettoria è chiara: colpire nervi scoperti del sistema per inviare messaggi di deterrenza e per erodere sicurezza e fiducia.
Le piste: da Kyiv alla pista interna, tra ipotesi e fatti
Nelle ore successive, la macchina comunicativa russa ha fatto filtrare l’ipotesi ucraina come una delle principali. È un riflesso già visto: indicare una mano esterna risponde alla logica della guerra ibrida, con infiltrazioni, sabotaggi e operazioni speciali che ormai valicano stabilmente i confini. Allo stesso tempo, gli investigatori non escludono varianti: dall’azione di reti di partigiani pro-Kyiv in territorio russo, fino a ipotesi di regolamenti di conti interni o infiltrazioni criminali usate come vettore operativo. Per ora, tuttavia, non emergono elementi pubblici che confermino una pista rispetto alle altre. La nota della portavoce Petrenko è rimasta volutamente generica: “Si stanno esaminando più versioni”.
Un dato, però, è incontestabile: colpire un generale in servizio nella capitale segnala una falla nella protezione personale e nei protocolli di sicurezza. Non è la prima volta che accade – vedi Moskalik – e ciò induce a ritenere che chi pianifica quest’onda lunga di attentati abbia intelligence di prossimità sulle abitudini delle vittime, accesso a logistiche urbane e capacità di permanenza in ambiente ostile.
Il luogo dell’attacco: perché la periferia sud
La scelta della zona sud di Mosca non appare casuale. È un’area densamente popolata, con parcheggi condominiali e viabilità interna che crea “sacche” dove operare senza attirare attenzione. Le telecamere di pianerottoli e cortili, benché diffuse, non sono coordinate da un unico centro di controllo e spesso presentano angoli ciechi, qualità d’immagine variabile e tempi lunghi di acquisizione da parte degli inquirenti. Colpire all’alba riduce la probabilità di testimoni diretti e consente di sfruttare i cambi turno della sicurezza privata e dei pattugliamenti. L’orario – 06:55 – suggerisce un pedinamento precedente dell’obiettivo per sincronizzare l’innesco.
Il contesto del 22 dicembre: attacchi incrociati e pressione simbolica
La stessa mattina del 22 dicembre 2025, la regione russa di Krasnodar ha riportato danni al terminal di Volna sul Mar Nero in seguito a un attacco con droni attribuito a Kyiv, con due navi e due moli colpiti e un incendio su un’area di circa 1.500 metri quadrati. Pur trattandosi di episodi distinti, la concomitanza alimenta l’idea di una campagna coordinata di pressione su obiettivi militari e logistici russi, dentro e fuori l’area di operazioni. Anche qui, la verifica puntuale delle responsabilità è in corso, ma il segnale è duplice: colpire le retrovie e al tempo stesso l’élite militare.
La risposta delle autorità: inchiesta per omicidio, caccia ai complici
Il Comitato Investigativo ha formalizzato l’apertura di un’indagine per omicidio e traffico illecito di esplosivi, con il coinvolgimento di esperti forensi e reparti specializzati in bonifiche e analisi balistiche. La scena è stata mappata, i reperti avviati a perizia e una parte significativa dell’attività si concentra – come detto – su CCTV, dati di celle telefoniche nell’area e movimentazioni veicolari catturate da varchi e corsie preferenziali. Nelle ricostruzioni circolate sui media russi, si parla anche di escussioni a tappeto tra residenti e personale di servizio dei condomìni.
Un tassello che gli inquirenti considerano centrale è la finestra temporale in cui l’ordigno sarebbe stato collocato sull’auto: la disponibilità del mezzo in spazio privato, i turni dei portieri, eventuali manutenzioni o lavaggi recenti possono rappresentare punti di accesso. Nel caso Sarvarov, la circostanza che il veicolo fosse parcheggiato in cortile restringe l’attenzione su persone in grado di accedere fisicamente all’auto senza destare sospetti.
Le vulnerabilità della sicurezza personale: abitudini, routine, tecnologia
Per i vertici militari russi, come per i pari grado in qualunque stato, la minaccia più difficile da neutralizzare non è solo l’aggressore, ma la routine. Uscire di casa allo stesso orario, usare lo stesso percorso, posteggiare nello stesso punto: abitudini che diventano pattern. Qui la tecnologia è un’arma a doppio taglio. Se da un lato moltiplica gli occhi – telecamere, accessi elettronici, controlli – dall’altro produce tracce digitali che, in mano a un avversario, permettono di costruire un quadro quasi predittivo. Gli attacchi a Kirillov e Moskalik hanno mostrato proprio questa capacità di sfruttare la prevedibilità dei bersagli; la morte di Sarvarov conferma il trend.
La dimensione internazionale: accuse, smentite, silenzi
Sul fronte esterno, l’Ucraina non ha rilasciato commenti nell’immediato. Non è una novità: anche in precedenti operazioni attribuite a Kyiv sul territorio russo, la comunicazione ufficiale è spesso arrivata con ritardo, è stata allusiva o è mancata del tutto, mentre canali ufficiosi e fonti anonime lasciavano trapelare il messaggio politico-militare. La Russia, dal canto suo, tende a puntare il dito contro Kyiv o contro reti da questa ispirate, consolidando una narrazione di “terrorismo” da contrastare con ogni mezzo. Il caso Sarvarov – salvo sviluppi probatori – rischia di sedimentarsi nella stessa dinamica: accuse circostanziate sul piano politico, opacità su quello operativo.
Precedenti e convergenze operative: cosa ci dice la “firma” della bomba
Gli analisti che hanno studiato la sequenza 2024–2025 notano alcune convergenze: l’uso di ordigni compatti, collocati in prossimità del bersaglio, spesso con frammentazione per aumentare la letalità; la scelta di momenti in cui la vittima si espone – uscita di casa, salita a bordo, partenza; l’impiego di coperture urbane (cortili, parcheggi, veicoli civetta, oggetti di uso quotidiano come monopattini). Se la firma tecnica di questi ordigni fosse davvero riconducibile a un’unica regia, potremmo trovarci davanti a una campagna pianificata in più fasi per minare la resilienza della leadership militare russa. Ma qui, ancora, serve prudenza: le tecniche di IED sono ormai commodities del conflitto moderno, scambiate e imitate tra gruppi e servizi.