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lo scandalo

Otto voli, un dossier e nessuna accusa: cosa dicono davvero i nuovi file su Trump ed Epstein

Un pacco di carte, un’e-mail e una domanda che brucia: quanto pesano quei viaggi negli anni Novanta?

Redazione La Sicilia

24 Dicembre 2025, 11:41

Otto voli, un dossier e nessuna accusa: cosa dicono davvero i nuovi file su Trump ed Epstein

Un tavolo di metallo, un fascio di fotocopie spesse come un mattone, e nel mezzo un’e-mail di un procuratore federale di New York datata gennaio 2020: “Donald Trump ha viaggiato sul jet di Jeffrey Epstein molte più volte di quanto finora riportato”. È la scena che emerge dall’ultima, gigantesca ondata di documenti pubblicati dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti: oltre 30.000 pagine tra report, e-mail, immagini e video, fitte di omissis e di nomi. Dentro quelle carte, un dato risalta: negli anni Novanta, l’allora tycoon avrebbe effettuato almeno otto voli sull’aereo privato del finanziere poi condannato per reati sessuali, in almeno quattro dei quali era presente anche Ghislaine Maxwell. In un volo del 1993, i registri indicano a bordo solo Epstein, Trump e una donna di circa 20 anni dal nome oscurato. Non è una notizia di reato. È, però, un tassello documentale che torna a incidere nel dibattito pubblico americano.

Cosa c’è nei nuovi file: numeri, mail e contesto

I documenti rilasciati dal Dipartimento di Giustizia superano le 11.000 unità e ammontano a quasi 30.000 pagine: un rilascio che l’amministrazione motiva con il rispetto della legge e con un impegno alla trasparenza, pur ribadendo che una parte del materiale contiene “affermazioni non vere e sensazionalistiche” su Trump trasmesse all’FBI a ridosso delle elezioni del 2020.

L’e-mail chiave, firmata da un’“assistant U.S. attorney” del Southern District of New York, riassume una revisione di oltre 100 pagine di registri di volo: “Trump risulta passeggero in almeno otto voli tra 1993 e 1996, inclusi almeno quattro con Maxwell. In un volo del 1993 i soli passeggeri sono Epstein e Trump; in un altro, i tre nomi sono Epstein, Trump e un’allora ventenne (nome redatto). In altri due voli compaiono donne potenzialmente utilizzabili come testimoni in un procedimento contro Maxwell”.

Tra le carte, una fotografia ritrae Trump seduto accanto a Maxwell in occasione di un evento di moda a New York nel 2000; la presenza dell’immagine è segnalata ma non costituisce elemento di rilevanza penale.

Il Dipartimento di Giustizia ha pubblicamente avvertito che alcune segnalazioni presenti nel pacchetto sono “infonded and false”, compresa una cartolina attribuita a Epstein e indirizzata a Larry Nassar poi giudicata falsa dagli stessi investigatori federali. È un monito metodologico: dentro la mole di documenti, i fatti verificati convivono con materiali non corroborati.

I voli e la “prossimità documentata”: perché i dettagli contano

Che Trump e Epstein abbiano frequentato per anni gli stessi ambienti sociali tra Palm Beach e New York è nozione arcinota. La novità, ora, è la quantificazione precisa della prossimità documentata: quegli otto voli. Nei file si legge che in alcune tratte viaggiarono anche Marla Maples, Tiffany Trump ed Eric Trump, dettaglio che descrive contesti familiari e non necessariamente mondi clandestini. Anche qui, nessun salto logico: i documenti non contengono accuse formali contro l’ex presidente, ma certificano occasioni di contatto più frequenti di quanto fin qui ammesso pubblicamente.

Il significato giornalistico di questi elementi non è nel varco giudiziario — che oggi non c’è — quanto nella coerenza cronologica: le tratte si collocano tra 1993 e 1996, lo stesso arco temporale che i procuratori SDNY consideravano “rilevante” in prospettiva di capi d’accusa contro Maxwell, poi condannata a 20 anni per traffico sessuale di minorenni nel 2022. Qui il nesso è di contesto, non di colpa.

Cosa dicono (e cosa non dicono) i registri

Non risultano al momento imputazioni a carico di Trump connesse a questi documenti. Lo ribadiscono sia le carte sia le stesse note del Dipartimento di Giustizia.

Alcune segnalazioni che chiamano in causa Trump in modo più diretto — tra cui racconti di feste o presunti episodi — sono presentate come tips all’FBI e, secondo il DOJ, sono non corroborate o giudicate infondate.

Una parte dei contenuti è stata pubblicata e poi temporaneamente rimossa dal sito del DOJ per ulteriori redazioni a tutela delle vittime, quindi ripristinata: dettaglio procedurale che ha alimentato polemiche politiche e richieste di desecretazione integrale.

Il nodo politico: la legge, la trasparenza e le accuse incrociate

Il rilascio è avvenuto nell’ambito di una recente legge federale che impone la pubblicazione della gran parte dei cosiddetti “Epstein files”. In Congresso, esponenti di entrambi gli schieramenti hanno spinto per la divulgazione, mentre la gestione delle omissis ha scatenato nuove frizioni: da un lato, chi accusa il Dipartimento di Giustizia di eccesso di cautela; dall’altro, chi ricorda che la priorità è proteggere l’identità delle sopravvissute e non inquinare indagini ancora sensibili.

Nelle ore successive alla pubblicazione, la comunicazione ufficiale del DOJ ha sottolineato: alcune delle affermazioni più clamorose contro Trump, pervenute “poco prima delle elezioni del 2020”, sono false; ciononostante, vengono rilasciate “per trasparenza” nel rispetto delle tutele di legge. È una presa di posizione che intende separare l’evidenza documentale dal rumore politico.

Le parole dei protagonisti, tra smentite e precisazioni

Nel 2024, Trump aveva affermato sui social di non essere “mai stato” sul jet di Epstein né sulla sua isola. La nuova documentazione — i registri di volo e l’e-mail dell’assistant U.S. attorney — smentisce la prima di queste due negazioni, ma non implica un coinvolgimento in condotte criminali. Di fronte alle richieste di commento, la Casa Bianca ha rimandato alla nota del DOJ sulle affermazioni infondate. La prudenza istituzionale resta la cornice.

Maxwell e la rete sociale di Epstein: ciò che è già provato

Un punto fermo, giudiziario e non solo mediatico, è la condanna di Ghislaine Maxwell a 20 anni di carcere, sancita nel giugno 2022 dal tribunale federale di Manhattan per aver reclutato e adescato ragazze minorenni poi abusate da Epstein. È un caposaldo che dà profondità ai documenti: la “prossimità” a Maxwell nel periodo 1993–1996 — fotografata dai registri di volo — è un fatto; la responsabilità penale è altra cosa e, ad oggi, non riguarda Trump nei file appena diffusi.

Tra verità, falsi e materiali sensibili: cosa hanno trovato i reporter

Nella massa di allegati compaiono anche foto nuove o rare, video e corrispondenze. In un caso, una presunta cartolina spedita da Epstein a Larry Nassar — con un riferimento volgare al presidente — è stata bollata come contraffatta: l’FBI ha escluso la grafia di Epstein, la missiva non riportava il suo numero di detenuto, ed era timbro postale di tre giorni successivo alla sua morte (agosto 2019, dichiarata suicidio). È un esempio didattico: in uno scarico massivo di atti, il giornalismo deve separare l’oro dal piombo.

Che cosa aggiungono, dunque, gli “otto voli”?

Aggiungono precisione storica su tempi, frequenze e compagnie di volo (la presenza ricorrente di Maxwell, la comparsa di una ventenne anonima, i nomi di Maples, Tiffany ed Eric).

Consolidano la differenza tra contatto sociale e responsabilità penale: nei file pubblicati non compaiono capo d’accusa o ipotesi di reato immediate contro Trump.

Restituiscono il clima di un’epoca — la New York e la Palm Beach degli anni ’90 — in cui Epstein orbitava attorno a politici, finanzieri, celebrità. Un circuito che la condanna di Maxwell e i processi postumi hanno svelato nella sua parte oscura, ma che non autorizza a retro-proiettare colpe in assenza di prove.

Il fronte istituzionale: cosa accadrà ora

L’ondata di pubblicazioni difficilmente si arresterà: i funzionari del Dipartimento di Giustizia hanno spiegato che la produzione dei documenti proseguirà nei prossimi giorni, con ulteriori rilasci e redazioni a tutela delle vittime e degli atti in corso. In Congresso, alcuni membri chiedono l’accesso integrale ai file e la pubblicazione di interviste e verbali ancora non disponibili, mentre altri temono una “caccia ai nomi” che travolga persone estranee a condotte illecite. Il baricentro, ancora una volta, è tra diritto di sapere e dovere di proteggere.