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“Speriamo che Putin muoia”, il Natale di guerra di Zelensky e la replica del Cremlino: «Parole incivili, leader inadeguato»

Il presidente ucraino evoca, nella notte di Natale, il desiderio che lo zar “perisca”, salvo chiedere “qualcosa di più grande: la pace”. Mosca risponde accusandolo di odio e di non essere in grado di decisioni responsabili. Tra appelli spirituali, missili e diplomazia, ecco come leggere uno scambio che dice molto dello stato della guerra

Redazione La Sicilia

25 Dicembre 2025, 13:12

“Che muoia”. Il Natale di guerra di Zelensky e la replica del Cremlino: “Parole incivili, leader inadeguato”

È la vigilia di Natale a Kyiv, la quarta dall’inizio dell’invasione russa su larga scala. “Nella notte di Natale, i cieli si aprono; se affidi loro un desiderio, si avvera.” Pausa. “Oggi, abbiamo tutti un sogno, un unico desiderio.” Poi la frase destinata a valicare i confini, ad accendere titoli e repliche: “Che ‘lui’ perisca.” Il “lui” non è nominato, ma non c’è mistero: Vladimir Putin. Pochi secondi dopo, però, il presidente Zelensky: quando ci rivolgiamo a Dio, chiediamo “qualcosa di più grande”: “la pace per l’Ucraina”. Parole che tengono insieme la ferita e l’aspirazione, lo sfogo e l’orizzonte. E che, puntualmente, provocano la risposta di Mosca: il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, le definisce “incivili, piene di odio”, bollandolo come “persona inadeguata” e dubitando della sua capacità di scelte responsabili.

La frase: tra invocazione e cornice simbolica

Nel suo messaggio alla nazione, diffuso nella serata del 24 dicembre 2025, Zelensky richiama una credenza popolare: nella notte santa “i cieli si aprono” e i desideri trovano ascolto. In quel passaggio matura la formula che ha fatto notizia — “‘Che perisca’, ciascuno può pensare dentro di sé” — immediatamente affiancata dalla rettifica di senso: la richiesta ultima è la fine della guerra, non la morte dell’avversario. È un gioco retorico che tiene insieme due registri: la collettiva catarsi verso il responsabile dell’aggressione e la riaffermazione dell’obiettivo politico, la pace giusta. Testi e immagini della presidenza, così come riprese e traduzioni delle principali testate europee, collocano con nettezza la frase nel contesto del discorso spirituale-nazionale, non in un proclama di vendetta.

La scelta di parlare così nella notte del 25 dicembre ha un valore ulteriore per l’Ucraina: dal 2023, per legge, il Paese celebra ufficialmente il Natale il 25 dicembre — e non più il 7 gennaio — come parte di un distanziamento simbolico dalla tradizione russa. È un dettaglio che pesa: l’adozione del nuovo calendario, decisa dalle Chiese ucraine e sancita dalla Verkhovna Rada e dalla firma di Zelensky il 28 luglio 2023, segna una frattura culturale oltre che politica con Mosca.

La replica del Cremlino: “incivile” e “inadeguato”

La risposta russa arriva rapida. Dmitri Peskov, storico portavoce di Putin, giudica il messaggio “incivile e scandaloso”, e lascia intendere che un leader capace di simili parole non sarebbe in grado di “decisioni adeguate” per una soluzione politico-diplomatica. È una cornice comunicativa precisa: delegittimare la leadership ucraina, presentandola come guidata dall’odio e dunque incompatibile con la diplomazia. Le dichiarazioni, rilanciate da agenzie internazionali e media russi, confermano il tratto del Cremlino di definire il conflitto come una missione “pacificatrice” e di ribaltare la responsabilità della mancata tregua sull’Ucraina.

La terminologia usata — “incivile”, “piena di odio”, “inadeguato” — non è nuova nel repertorio del Cremlino e rientra nella strategia di descrivere Kyiv come partner non affidabile. Ma la tempistica, a ridosso del Natale e mentre fioccano le notizie su tentativi di negoziato sostenuti dagli Stati Uniti, amplifica l’effetto mediatico.

Un Natale senza tregua: i droni sopra l’Ucraina

Mentre rimbalzano le parole, la guerra ricorda la sua sostanza. Nella notte tra 24 e 25 dicembre 2025 la Federazione Russa ha lanciato, secondo fonti ucraine, fino a 131 droni contro varie regioni: almeno 2 persone uccise e 35 feriti sarebbero il bilancio provvisorio. La difesa aerea dichiara di aver intercettato la maggior parte degli ordigni, ma gli arrivi a bassa quota su Kherson, Zaporizhzhia, Odessa e Sumy hanno comunque colpito infrastrutture e aree urbane. Un copione già visto negli ultimi tre inverni: concentrare gli attacchi nelle ricorrenze, quando il Paese è più sensibile e gli occhi del mondo più attenti.

Il messaggio presidenziale fa leva anche su questa memoria collettiva: dal 2022, nei giorni di Natale, l’Ucraina ha più volte subìto offensive missilistiche e con droni, con blackout e vittime civili. È una strategia deliberata di pressione sull’energia, sul morale e sulla resilienza della popolazione; in controluce, il rovescio della medaglia sono i progressi della difesa aerea ucraina, capace di ridurre — ma non azzerare — l’impatto degli attacchi.

Diplomazia in movimento: il “piano” e i limiti del possibile

Le parole di Zelensky cadono nelle stesse ore in cui si susseguono indiscrezioni e dichiarazioni su un percorso diplomatico sostenuto da Washington: si parla di un pacchetto in 20 punti, con elementi come “zone demilitarizzate” e congelamento delle linee del fronte, nonché del nodo irrisolto del Donbass e della gestione della centrale nucleare di Zaporizhzhia. Il presidente ucraino, pur ribadendo i principi non negoziabili — integrità territoriale e sicurezza —, ammette che restano dossier aperti e “i punti più difficili”. Il Cremlino fa sapere di “analizzare” i documenti, senza impegni. La parola “tregua” continua a essere scartata: Mosca dice di volere la “pace”, ma rifiuta pause considerate solo “respiro operativo” per Kyiv. In controluce, la partita delle pressioni internazionali e l’esigenza di evitare un inverno di escalation incontrollata.

Se c’è una lezione che emerge dalle ultime settimane, è il paradosso di un negoziato che avanza quando è in grado di produrre almeno un congelamento del campo di battaglia e accordi tecnici (scambi di prigionieri, corridoi umanitari, sicurezza nucleare), ma che arretra quando viene caricato di aspettative massimaliste. In questo senso, lo scambio di accuse sul “tono” del discorso natalizio ha un valore più simbolico che sostanziale: misura la distanza psicologica tra i due capi e anticipa quanto sarà arduo qualunque compromesso comunicabile alle rispettive opinioni pubbliche.