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la guerra

Odessa chiama Washington: perché il prossimo faccia a faccia Zelensky–Trump pesa già sul campo

Tra droni che cacciano i civili a Kostiantynivka e raid di Natale su tre oblast, Kiev punta a un colpo di scena prima del 31 dicembre. Ma la diplomazia americana di Trump passa dall’inedita regia degli inviati privati e dal negoziatore ucraino Rustem Umerov

Redazione La Sicilia

26 Dicembre 2025, 11:06

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La sirena è già suonata due volte quando l’FPV curva basso e taglia la strada all’auto grigia. Dentro ci sono tre volontari: stanno finendo un giro di evacuazione tra i palazzi crivellati di Kostiantynivka, nel Donetsk. L’impatto arriva a pochi metri da una linea in fibra ottica tranciata dal boato. Un uomo muore sul colpo, altri due rimangono feriti. Non è un battito isolato nel rumore di fondo della guerra: nelle stesse ore di Natale, 25 dicembre 2025, i colpi russi su Zaporizhzhia, Donetsk e Kherson fanno almeno tre morti e 13 feriti. Eppure a Kiev il registro della giornata non è solo quello dei bollettini. Sui social, Volodymyr Zelensky annuncia che l’incontro “al massimo livello” con il presidente Donald Trump si terrà “nel prossimo futuro” e che “molto può essere deciso prima del Nuovo Anno”. È il segnale che la diplomazia corre quasi quanto i droni: a mediare, sottolinea Zelensky, è il segretario del Consiglio di sicurezza nazionale ucraino, Rustem Umerov, l’uomo delle carte e dei contatti non stop con gli emissari americani.

Il calendario che incombe: “decidere prima del nuovo anno”

L’annuncio di Zelensky non è un’esca generica. Nelle ultime 48 ore, il presidente ucraino ha ribadito che “molto si può decidere prima del 31 dicembre 2025”, lasciando intendere che alcuni dossier siano già maturi. La cornice è quella di un tentativo di accelerazione negoziale: dopo i colloqui con l’inviato speciale americano Steve Witkoff e con Jared Kushner, genero e consigliere informale del presidente Trump, Kiev ha trasmesso a Washington una versione aggiornata di un piano in 20 punti. Restano nodi irrisolti — in primis lo status dei territori occupati e la sicurezza della centrale di Zaporizhzhia — ma l’idea, nelle parole del capo di Stato ucraino, è che i “temi più sensibili” debbano essere affrontati “tra capi di Stato”. La regia, lato ucraino, è affidata a Umerov, che aggiorna Zelensky sui contatti “regolari” con la squadra americana.

Chi è l’uomo chiave: Rustem Umerov, il negoziatore che parla con tutti

Figura transnazionale per biografia e reti, Rustem Umerov — oggi alla guida del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale — si muove da settimane su un doppio binario: dialogo con gli emissari di Trump negli Stati Uniti e briefing con i consiglieri per la sicurezza dei paesi europei. Secondo le note rese pubbliche, Umerov ha riferito a Zelensky dei contatti a Miami e degli incontri preparatori con gli inviati americani, in parallelo a briefing a Bruxelles con i partner UE. La sua squadra ha fatto avere a Kushner osservazioni e proposte di modifica al documento USA, specie sui capitoli che riguardano i territori occupati e le garanzie di sicurezza. È lo stesso Trump a far trapelare il tono ruvido di alcune telefonate con i leader europei, cui chiede più realismo e rapidità.

Il metodo Trump: emissari privati, tempi stretti, pressioni sugli alleati

L’attivismo del presidente Trump, nel quadro definito dalla sua nuova Amministrazione, segue un metodo atipico: coinvolge Witkoff e Kushner come facilitatori, spinge su finestre temporali ravvicinate e mette in chiaro che la disponibilità di Washington non è illimitata. Zelensky ha definito “produttivi” i colloqui con il tandem americano, citando “idee nuove su formati, incontri e scadenze”. Ma il margine politico è ridotto: Kiev rimarca di non poter accettare cessioni territoriali come precondizione; Mosca continua a chiedere riconoscimenti di fatto sul Donbas e sulla cintura occupata nel sud. La diplomazia scorre dentro questa forchetta, con i dossier tecnici (ricostruzione, sicurezza nucleare a Zaporizhzhia, controlli agli armistizi locali) che avanzano più delle questioni di sovranità.

Natale sotto tiro: tre oblast, tre morti e tredici feriti

Sul terreno, la mappa del 25 dicembre racconta un’altra trama. Secondo le amministrazioni militari locali, in Zaporizhzhia, Kherson e Donetsk gli attacchi russi in 24 ore hanno ucciso tre persone e ne hanno ferite 13. A Zaporizhzhia, gli strike — 636 attacchi registrati su 29 insediamenti tra missili, artiglieria e soprattutto droni FPV — hanno provocato un morto e quattro feriti; in Kherson le vittime sono un morto e sei feriti, con danni ad abitazioni, uffici e infrastrutture; nel Donetsk un residente è stato ucciso e tre persone sono rimaste ferite nell’area di Kostiantynivka. È un pattern tattico coerente con gli ultimi mesi: saturare la difesa aerea ucraina con ondate di UAV, martellare infrastrutture e centri abitati in prossimità del fronte, rendere costose le evacuazioni e le riparazioni della rete.

Kostiantynivka, dove i droni “cacciano” i civili

Il quadro più brutale arriva da Kostiantynivka. Le autorità locali parlano di droni usati per “dare la caccia” a pedoni e veicoli civili anche durante le operazioni di evacuazione. Il 25 dicembre, un attacco con FPV ha colpito personale impegnato a portare via i residenti dalle zone più esposte: un morto e due feriti, trasferiti d’urgenza all’ospedale di Druzhkivka. Poche ore dopo, un’auto dell’associazione di volontari di Kramatorsk — usata ogni giorno per evacuare — è finita sotto il fuoco. È l’ennesimo episodio in una città bersaglio di bombardamenti quotidiani: già a inizio mese un altro attacco con droni aveva ferito quattro persone della stessa famiglia in bicicletta verso un punto d’acqua. La costanza del fuoco suggerisce una strategia di logoramento che mira a svuotare i centri prossimi alla linea del fronte e a interrompere i corridoi umanitari.

Il precedente della settimana: la maxi-ondata pre-natalizia

Il 23 dicembre, alla vigilia delle festività, la Russia ha lanciato una delle più massicce ondate miste di droni e missili dell’anno: oltre 650 UAV e più di 30–38 missili secondo le stime incrociate, con almeno tre vittime e danni severi alla rete elettrica. La compagnia Ukrenergo ha imposto blackout d’emergenza in varie regioni, mentre le termoelettriche del gruppo DTEK sono finite ancora una volta nel mirino. L’effetto sul morale è noto: lo strappo simbolico delle luci spente a ridosso del Natale. Sul piano militare, la campagna russa punta a ridurre la resilienza energetica ucraina durante l’inverno e a forzare Kiev a disperdere le difese antiaeree.

Odessa, porto e bersaglio

In parallelo, gli ultimi cicli di attacchi hanno coinvolto anche l’area di Odessa, con danni a infrastrutture portuali e a un mercantile. L’obiettivo è indebolire i flussi sul Mar Nero e la capacità ucraina di sostenere le esportazioni in regime di guerra, oltre a colpire un hub dal valore politico evidente: è proprio da Odessa che Zelensky scandisce spesso messaggi-chiave sulla resilienza del Paese e la rotta diplomatica. Nel mosaico delle trattative, il porto resta un asset critico collegato ai capitoli su sicurezza marittima, assicurazioni e corridoi del grano.

Cosa può finire sul tavolo Zelensky–Trump

  • Sicurezza e confini: Kiev insiste sul principio di integrità territoriale; Washington spinge per “passi realisti” che riducano le ostilità. Possibile discussione su zone demilitarizzate e meccanismi di verifica.
  • Energia e infrastrutture: la protezione della rete elettrica e la ricostruzione rapida delle centrali termo- ed idroelettriche potrebbero entrare in un pacchetto di assistenza tecnica e finanziaria condizionato al cessate il fuoco.
  • Sicurezza nucleare: il capitolo Zaporizhzhia resta delicato; ipotesi di regimi di controllo e ispezioni rafforzate con un ruolo per AIEA e garanzie multilaterali.
  • Architettura di garanzie: Kiev punta a garanzie di sicurezza durevoli; Washington valuta formule a fasi con incentivi economici e militari legati al rispetto di impegni.

Perché l’urgenza ora

C’è un fattore-tempo evidente: la finestra politica di fine 2025 offre a Trump la possibilità di una firma simbolica entro l’anno e a Zelensky l’occasione di mostrare progressi a una società esausta da quasi quattro anni di guerra su larga scala. Sullo sfondo, Mosca segnala di “valutare documenti” arrivati da canali informali, ma non arretra su richieste di fatto non accettabili per Kiev. Perciò l’“incontro nel prossimo futuro” appare come un tentativo di sbloccare i capitoli che solo i vertici possono disinnescare: cessate il fuoco localizzati, meccanismi di monitoraggio, scambi di prigionieri, sicurezza delle centrali e sgravi sul fronte umanitario.

Sul terreno, intanto, il costo umano continua

Le storie che arrivano dalle tre regioni colpite a Natale condensano il costo umano di una guerra che, mentre si cerca di tradurre in bozze e piani, non si ferma:

  • In Zaporizhzhia, tra la notte del 24 e la giornata del 25 dicembre, la media degli attacchi supera i 600 eventi in 24 ore, con droni FPV e artiglieria a scandire i colpi su decine di centri. L’effetto sui soccorsi è devastante: sirene continue, finestre polverizzate, squadre antincendio che si alternano ai tecnici della rete.
  • In Kherson, l’uso combinato di artiglieria, UAV e colpi d’area su infrastrutture critiche costringe a chiudere tratti di rete del gas e a dirottare i convogli umanitari. Anche qui, un morto e sei feriti in 24 ore.
  • In Donetsk, il registro si sovrappone con Kostiantynivka, dove un morto e tre feriti sono l’ultima riga di una serie di attacchi che non risparmiano neppure i mezzi di volontariato.

L’ago della bilancia: l’opinione pubblica ucraina e la tenuta dei servizi

Per Kiev, la promessa di “decisioni” entro fine anno deve fare i conti con due platee: la comunità internazionale e l’opinione pubblica interna, stremata. Le autorità regionali si muovono tra evacuazioni, blackout programmati e il continuo ripristino di reti elettriche e idriche. Dopo l’ondata del 23 dicembre, i blackout d’emergenza hanno interessato più regioni; a Odessa i danni ai porti incidono anche su assicurazioni e costi logistici. Proprio mentre la politica prova a disegnare una tregua “a step”, il sistema dei servizi ucraini deve garantire che l’inverno non diventi un alleato dell’aggressore.

Cosa aspettarsi nelle prossime settimane

  • Un incontro Zelensky–Trump “al massimo livello” in tempi brevi, con possibile definizione di una road map su cessate il fuoco locali e garanzie di monitoraggio.
  • Un test sulla coesione europea: la pressione americana a “decidere in fretta” incrocerà le esigenze dei partner UE, tra sostegno finanziario e sanzioni.
  • Sul fronte militare, probabili nuove ondate miste di UAV e missili contro la rete energetica, con priorità a Ovest e Sud, laddove le riparazioni sono più lente e l’impatto sui civili è massimo.
  • Nel Donetsk, la prosecuzione degli attacchi contro Kostiantynivka e i centri periurbani di Kramatorsk e Druzhkivka, con l’obiettivo di logorare le evacuazioni e svuotare i quartieri più esposti.