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lo scandalo

Un altro milione di documenti su Jeffrey Epstein consegnati al Dipartimento di Giustizia: esplode la polemica su Bondi, la Casa Bianca e il principe Andrea

Accuse di insabbiamento contro il segretario alla giustizia, crescono le richieste di ascoltare il membro della casa reale inglese e imperversa il caos sulla pubblicazione dei file

Redazione La Sicilia

26 Dicembre 2025, 19:40

19:41

Un altro milione di documenti su Jeffrey Epstein consegnati al Dipartimento di Giustizia: esplode la polemica su Bondi, la Casa Bianca e il principe Andrea

Un ulteriore milione di documenti potenzialmente riconducibili a Jeffrey Epstein è stato consegnato al Dipartimento di Giustizia; saranno necessarie «alcune settimane» per esaminarli prima della loro messa a disposizione del pubblico.

Un annuncio destinato a far discutere, che alimenta l’indignazione contro la ministra Pam Bondi e l’amministrazione, accusate di voler insabbiare informazioni e di violare la legge.

Intanto cresce la pressione sull’ex principe Andrea, che molti vorrebbero vedere rispondere delle proprie azioni negli Stati Uniti. L’ultima a chiedere che Andrea venga ascoltato dalla magistratura americana è stata Maria Lacerda, una delle vittime dell’ex finanziere morto suicida in carcere. In molti, soprattutto tra i democratici, ritengono che l’ex membro della famiglia reale possa offrire elementi essenziali per ricostruire il sistema di abusi messo in piedi da Epstein e dalla sua complice Ghislaine Maxwell. Finora Andrea ha sempre respinto ogni addebito, incluse le accuse di Virginia Giuffrè, la principale accusatrice di Epstein, morta poco tempo fa.

Nel mirino dei democratici, tuttavia, non c’è soltanto l’ex principe. I liberal sollecitano un’accelerazione sulla pubblicazione delle carte: il Dipartimento di Giustizia, sostengono, ha avuto mesi se non anni per valutare il materiale, ed è irragionevole che i file non siano ancora stati integralmente esaminati e pronti per la diffusione.

Così, per la Casa Bianca, il caso Epstein rischia di trasformarsi in una grana sempre più ingombrante: nelle intenzioni del presidente Trump, la divulgazione degli atti avrebbe dovuto fare chiarezza e archiviare la vicenda. Invece, la scadenza del 19 dicembre per rendere pubbliche tutte le carte in possesso del Dipartimento non è stata rispettata. Finora sono state rese note soltanto 130.000 pagine, non senza intoppi: gli ultimi documenti sono stati inizialmente pubblicati, poi rimossi e successivamente riproposti online.

Hanno sollevato polemiche anche i commenti e le correzioni apportati in corso d’opera dagli uomini della ministra Bondi. Gli atti più recenti sono stati accompagnati da un’inusuale postilla che avvertiva come il materiale diffuso contenesse «affermazioni false e sensazionalistiche» contro il presidente.

Secondo indiscrezioni, dietro quella precisazione ci sarebbe la Casa Bianca che — in una mossa inconsueta e potenzialmente lesiva dell’indipendenza della giustizia — avrebbe persino assunto la gestione dell’account X del Dipartimento guidato da Bondi per controllare e imporre una narrativa più favorevole al presidente.

A complicare ulteriormente il quadro è giunta la pubblicazione di una lettera che Epstein avrebbe scritto a Larry Nassar, il medico della nazionale USA di ginnastica condannato per gli abusi su decine di giovani atlete, nella quale si faceva riferimento a Trump e alla sua passione per le giovani ragazze. La missiva è stata dichiarata «falsa» dall’FBI dopo la diffusione, una decisione controversa che ha alimentato i sospetti di insabbiamento.

Il fastidio di The Donald per la vicenda traspare dai suoi post su Truth. «Buon Natale a quei viscidi che hanno amato Jeffrey Epstein, gli hanno dato soldi e sono stati sulla sua isola per poi abbandonarlo come un cane quando le cose sono peggiorate, arrivando a negare di conoscerlo», ha scritto il presidente. «In realtà sono stato l’unico ad abbandonarlo, e a farlo molto prima che diventasse di moda», ha aggiunto, paragonando il caso Epstein alla «bufala della Russia» che lo ha perseguitato per anni per poi rivelarsi una «truffa».