Il vertice
Trump ottimista dopo Mar-a-Lago: "accordo vicino" con Zelensky, il Donbass resta un nodo
Il presidente Usa vede spiragli dopo l'incontro con il leader ucraino e la telefonata a Putin, ma Donbass, Zaporizhzhia e la tregua restano nodi ancora irrisolti
«Un accordo è vicino. Se tutto andrà bene, nel giro di poche settimane potremmo averlo». Donald Trump si mostra fiducioso accanto a Volodymyr Zelensky al termine del loro colloquio, preceduto da una lunga e «molto costruttiva» telefonata con Vladimir Putin.
«Qualcuno direbbe che siamo al 95%; io non so la percentuale, ma abbiamo fatto molti progressi», ha dichiarato soddisfatto, pur ammettendo che restano «uno o due temi spinosi». Tra questi, il Donbass. «È una questione difficile. Abbiamo posizioni diverse con la Russia», ha ribadito Zelensky.
Interpellato su un’eventuale intesa che preveda il Donbass come zona di libero scambio, il presidente americano ha precisato: «Non direi che su questo punto c’è accordo, ma ci stiamo avvicinando. È un grosso problema, però, siamo più vicini di quanto probabilmente fossimo. Ci stiamo muovendo nella giusta direzione».
Un altro nodo riguarda una possibile tregua: «Ci stiamo lavorando, capisco Vladimir Putin su questo punto», ha osservato il magnate. Secondo quanto riferito dal Cremlino, nella conversazione che ha preceduto il bilaterale con Zelensky, Washington e Mosca hanno convenuto che una tregua rischierebbe soltanto di prolungare le ostilità.
Resta aperta anche la questione della centrale nucleare di Zaporizhzhia: Trump e Putin ne hanno discusso e il leader russo «sta lavorando con l’Ucraina per riaprirla. È bravo in questo senso», ha sottolineato il presidente americano, aggiungendo che Putin è «molto serio» nel voler arrivare alla pace.
Sia Zelensky sia il capo del Cremlino «vogliono un accordo» e «ci sono gli elementi per raggiungerlo». «Siamo nelle fasi finali dei colloqui. O la guerra finirà o andrà avanti per molto tempo», ha sintetizzato Trump.
Un incontro a tre, per ora, appare improbabile: «Ci sarà al momento giusto», ha aggiunto, sostenendo che la Russia «aiuterà» nella ricostruzione dell’Ucraina. «Vogliono che abbia successo», ha rimarcato.
Durante il faccia a faccia con Zelensky, Trump si è collegato con diversi leader europei. L’Europa, ha assicurato, avrà un ruolo nelle garanzie di sicurezza per Kiev: «Ci sarà un’intesa sulla sicurezza. Sarà un accordo solido. Le nazioni europee sono coinvolte», senza però fornire ulteriori dettagli. A questi interlocutori, Trump e Zelensky hanno illustrato i progressi ottenuti nel negoziato e le questioni ancora aperte. Il presidente americano ha inoltre ipotizzato — stando al racconto di Zelensky — di ospitarli il mese prossimo alla Casa Bianca.
Intervenendo alla chiamata, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha richiamato l’importanza della coesione tra partner in un momento in cui il processo negoziale registra passi avanti, ribadendo l’esigenza di mantenere la massima convergenza sui dossier che toccano gli interessi vitali dell’Ucraina e dell’Europa. «Sono stati compiuti progressi significativi, che abbiamo accolto con favore. L’Europa è pronta a continuare a lavorare con l’Ucraina e i nostri partner statunitensi per consolidare questi progressi. Fondamentale per questo sforzo è avere garanzie di sicurezza incrollabili fin dal primo giorno», ha commentato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Per Zelensky, la visita a Mar-a-Lago — la prima, mentre sono sette gli incontri avuti quest’anno con Trump — rappresentava una prova decisiva. Il presidente ucraino, in giacca e dall’aria distesa, è apparso al fianco di Trump nonostante rapporti non sempre semplici, soprattutto dopo il duro confronto di febbraio nello Studio Ovale. Questa volta, però, i toni sono parsi diversi: il presidente americano lo ha elogiato, definendolo «coraggioso».
Zelensky ha messo sul tavolo la possibilità di un referendum sul piano di pace, un’apertura ritenuta significativa perché indica che il leader ucraino non esclude più concessioni territoriali. Si è detto inoltre disponibile, in caso di accordo, a indire le prime elezioni dal 2019 — richiesta di Mosca sostenuta da Trump — purché siano garantite condizioni di sicurezza adeguate.
Un ventaglio di aperture che il tycoon sembra aver apprezzato: non ha escluso di recarsi in Ucraina o di intervenire direttamente davanti al Parlamento di Kiev per illustrare il percorso per porre fine al conflitto.
Resta da capire se il piano in 20 punti elaborato da Kiev e Washington otterrà il via libera di Mosca: molti continuano a dubitare della reale volontà del Cremlino di chiudere la guerra, alla luce dei continui attacchi in territorio ucraino. Dopo i passi avanti tra Trump e Zelensky, però, la palla passa a Putin.