san silvestro
Capodanno da 26 ore: il lungo viaggio della mezzanotte dal Pacifico al Pacifico
Dal primo brindisi a Kiritimati all’ultimo in American Samoa: come la linea del cambio di data e i fusi “estremi” trasformano il passaggio dal 2025 al 2026 in una maratona globale di 26 ore
È ancora pomeriggio in California quando, a Kiritimati, un gruppo di bambini corre sulla spiaggia e scrive “2026” nella sabbia. Qui la mezzanotte è già passata: l’anno nuovo è arrivato prima che in gran parte del pianeta qualcuno abbia finito di addobbare la tavola. L’isola di Natale, nell’arcipelago delle Kiribati, è l’avamposto più avanzato del tempo umano: fuso UTC+14, un’ora in più della Nuova Zelanda continentale e ben 26 ore avanti rispetto all’ultimo lembo di mondo abitato che saluta l’anno vecchio, le American Samoa. È grazie a questa forbice, dal primo brindisi al Pacifico occidentale fino all’ultimo nel Pacifico orientale, che il passaggio globale dal 2025 al 2026 non dura 24 ma, per l’esperienza umana, ben 26 ore.
L’alfabeto del tempo: perché 26 ore
Il globo non è regolato su ore “piene” di differenza rispetto a UTC soltanto per comodità cartografica: la geografia politica ha spinto alcuni Paesi a scegliere fusi che deviano dalla retta del meridiano 180°. Il risultato è una forbice massima tra UTC+14 (Line Islands, Kiribati) e UTC−12 (Baker e Howland, isole statunitensi disabitate), dunque 26 ore. Le ultime comunità abitate però stanno a UTC−11 (American Samoa, Niue), perciò l’ultimo “Capodanno con brindisi” arriva 25 ore dopo Kiritimati; la “ventiseiesima” è teorica e scatta su scogli disabitati.
La linea internazionale del cambio di data, concetto chiave della geografia del tempo, non è fissata da un trattato universale: è una convenzione cartografica che zigzaga per accomodare confini e interessi statali. Da qui gli “incavi” a est che inglobano Kiribati, Samoa e Tonga.
Dov’è che scocca davvero la prima mezzanotte
La fiaccola del nuovo anno parte dall’atollo di Kiritimati (Isola di Natale), nelle Line Islands di Kiribati. Qui vige LINT (Line Islands Time), UTC+14, la zona oraria più avanzata al mondo. Da almeno 1995, quando il governo di Kiribati ha riallineato i propri fusi, Kiritimati è “il primo posto abitato” a brindare all’anno nuovo. Pochi minuti dopo tocca alla piccola comunità delle Chatham Islands (Nuova Zelanda), con il loro curioso scarto di 45 minuti (UTC+13:45 in ora legale), quindi ad Auckland e al resto della Nuova Zelanda, poi a Tokelau e Tonga.
L’ultimo brindisi: chi chiude la fila
All’altro capo della maratona c’è l’arcipelago delle American Samoa, territorio non incorporato degli Stati Uniti, fermo tutto l’anno a UTC−11 (Samoa Standard Time). È l’ultimo luogo abitato a dire “felice anno nuovo”. Un’ora dopo, il calendario si aggiorna anche sulle lontane Baker e Howland (riserva naturale a UTC−12), dove però non vive nessuno: solo uccelli marini a scandire il passaggio del tempo.
Il giorno che non c’era: quando un Paese “spostò” il calendario
Kiribati, l’azzardo del 1995 che riscrisse la mappa del tempo
Fino ai primi anni ’90, Kiribati era tagliata in due dalla linea del cambio di data: nelle Gilbert (a ovest) era lunedì, nelle Line e Phoenix (a est) era ancora domenica. Un rebus per uffici pubblici e scambi. Così, il 31 dicembre 1994 il governo guidato da Teburoro Tito anticipò di un giorno i fusi delle isole orientali, passando da UTC−10/−11 a UTC+13/+14. L’effetto fu una vistosa “gobba” della linea verso est, che fece di Kiritimati il primo approdo del nuovo giorno e, pochi anni dopo, del nuovo millennio. Una scelta utile alla logistica statale e, non secondario, al turismo.
Samoa, la sforbiciata del 2011: addio al 30 dicembre
Il 29 dicembre 2011 a Samoa l’orologio scattò direttamente al 31 dicembre: un giorno cancellato dal calendario per allineare le relazioni economiche a Australia e Nuova Zelanda. La mossa – voluta dal governo del primo ministro Tuilaepa Sailele Malielegaoi – spostò il Paese a UTC+13 (e UTC+14 in ora legale, finché il Paese ha mantenuto la DST, abolita dal 2021). A ruota si mosse anche Tokelau (territorio associato alla Nuova Zelanda). Oggi, mentre Samoa festeggia tra i primi, le American Samoa sul versante statunitense restano tra gli ultimi: poche decine di chilometri e un’intera giornata di scarto.
Manuale minimo per orientarsi nel Capodanno più lungo del mondo
Che cos’è la linea internazionale del cambio di data
È una linea “immaginaria” che corre approssimativamente lungo il meridiano 180° da Polo a Polo e segna il confine tra due date consecutive. Attraversarla da ovest verso est fa “tornare indietro” di un giorno; da est verso ovest aggiunge un giorno. Non è fissata da un trattato, ma dalle scelte dei singoli Stati, che possono piegarla intorno ai propri confini.
Perché non coincide sempre con 24 ore? Perché i fusi non sono soltanto multipli interi di 60 minuti: esistono scarti di 30 o 45 minuti (come alle Chatham Islands), e l’ampiezza massima tra i fusi effettivamente usati dall’uomo va da UTC+14 a UTC−11/−12, generando una finestra pratica di celebrazioni di 26 ore.
Da Kiritimati ad American Samoa: la staffetta dell’anno nuovo
Prima ondata: Kiritimati (UTC+14) apre le danze. Subito dopo tocca alla Nuova Zelanda, con le Chatham (UTC+13:45) e poi Auckland e il resto del Paese (UTC+13 in ora legale). Seguono Tokelau, Tonga e alcune isole della Polinesia occidentale.
Seconda ondata: i grandi fuochi di Sydney e quelli di Tokyo e Seoul traghettano il Capodanno in Asia-Pacifico, quindi avanzano l’India, il Golfo, l’Europa (da Atene a Parigi). Fonti e orari variano anno per anno con l’ora legale, ma la progressione est→ovest resta costante.
Ultima ondata: Brasile, Argentina e East Coast degli Stati Uniti entrano nel nuovo anno quando in Kiribati è già tardo pomeriggio del 1° gennaio. La coda si chiude su Hawaii, Cook Islands, Niue e infine American Samoa (UTC−11), ultimo Capodanno abitato; l’ultimissimo rintocco, senza brindisi, appartiene a Baker e Howland (UTC−12, disabitate).
Una linea arbitraria (ma utilissima)
L’International Date Line non è una norma del diritto internazionale: è “abbastanza arbitraria”, ricordano gli studiosi, proprio perché nasce da un compromesso tra geografia e sovranità. L’adozione del meridiano di Greenwich come zero della longitudine, decisa alla International Meridian Conference del 1884 a Washington, ha stabilito il quadro di riferimento; ma la linea del cambio di data, posta a 180°, si è poi adattata ai desiderata dei Paesi rivieraschi.
Fatti utili (e un paio di curiosità) per chi ama i dettagli
Le isole Chatham usano un orario “a quarti d’ora”: UTC+12:45 (e +13:45 in ora legale). Un unicum nel mondo insieme al Nepal (UTC+05:45) e all’“ufficioso” ACWST in Australia occidentale.
Tra le 10:00 e le 10:59 UTC ogni giorno, sulla Terra coesistono contemporaneamente tre date diverse: è ancora “ieri” in American Samoa (UTC−11), è “oggi” in Europa e “domani” a Kiritimati (UTC+14). La prova più semplice che la linea del calendario è un costrutto, non una legge naturale.
Le American Samoa sono l’ultimo luogo abitato a festeggiare. Per un brindisi ancora più tardivo bisognerebbe sbarcare su Howland o Baker, ma sono riserve naturali senza residenti permanenti, gestite dal U.S. Fish and Wildlife Service.
Oltre il folklore: cosa racconta un Capodanno da 26 ore
Il Capodanno “dilatato” è una lezione di geografia e politica: ci ricorda che il tempo civile è una costruzione negoziata, figlia di decisioni amministrative, priorità economiche e identità nazionali. Se il 1884 fissò il “chilometro zero” del mondo a Greenwich, il secolo successivo ha dimostrato che i Paesi possono piegare il calendario a necessità nuove: Kiribati per governare un arcipelago disperso e vendere l’alba del mondo; Samoa per fare affari “nello stesso giorno” dei partner; le American Samoa per restare ancorate al mercato degli Stati Uniti. E così, ogni 31 dicembre, la Terra diventa un circuito lungo 26 ore: la corsa della mezzanotte parte tra le palme di Kiritimati e si spegne, molto dopo, sui moli di Pago Pago.
In mezzo, a cambiare sono i fuochi e le lingue; non cambia il filo rosso che tiene insieme gli orologi: un’International Date Line che non pretende di essere perfetta, ma funzionale. È il paradosso del tempo umano: per capirlo basta ascoltare lo stesso conto alla rovescia, ripetuto da est a ovest, un’ora alla volta, fino a quando il mondo intero – finalmente – si ritrova nello stesso 1° gennaio.