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Cecchettin, Giulia uccisa con 75 coltellate: per i giudici Turetta "inesperiente e inabile"

L'assenza della crudeltà nelle motivazioni della sentenza della Corte d'Assise di Venezia resta un punto fortemente controverso

Redazione La Sicilia

08 Aprile 2025, 18:20

Giulia Cecchettin, Filippo Turetta

Combo di una foto di Giulia Cecchettin e una di Filippo Turetta estrapolate dal volantino digitale condiviso nei giorni scorsi dalla sorella sul suo profilo instagram. INSTAGRAM / SIDEREALFIRE +++ATTENZIONE LA FOTO NON PUO' ESSERE PUBBLICATA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA+++ NPK +++

Non sopportava l’autonomia di Giulia Cecchettin e l’ha colpita con 75 coltellate. Però quella di Filippo Turetta non si può definire crudeltà, ossia «un modo per crudelmente infierire o per fare scempio della vittima», ma "conseguenza della inesperienza e della inabilità".

E’ la cruda sintesi delle 143 pagine di motivazioni della sentenza con cui la Corte d’Assise di Venezia ha condannato all’ergastolo il 3 dicembre scorso Filippo Turetta, reo confesso dell’omicidio della giovane di Vigonovo, in provincia di Venezia, poi gettata in un dirupo in Friuli, l’11 novembre 2023. Un femminicidio a cui è seguita la fuga che ha portato Turetta a consegnarsi in Germania pochi giorni dopo.
Dei tre capi di accusa - omicidio aggravato dalla premeditazione, la crudeltà e lo stalking - solo il primo è stato accolto dai giudici, che hanno però respinto le attenuanti aprendo inevitabilmente alla pena dell’ergastolo. Questo per "l'efferatezza dell’azione, della risolutezza del gesto compiuto e degli abietti motivi di arcaica sopraffazione che tale gesto hanno generato: motivi vili e spregevoli, dettati da intolleranza per la libertà di autodeterminazione della giovane donna, di cui l’imputato non accettava l’autonomia anche delle più banali scelte di vita".

L’esclusione della crudeltà dalle accuse è stato uno dei punti più controversi della sentenza letta dal presidente Stefano Manduzio. Le motivazioni redatte dal giudice a latere Francesca Zancan, sottolineano che la dinamica dell’omicidio di Giulia non permette di «desumere con certezza» che Turetta volesse «infliggere alla vittima sofferenze gratuite e aggiuntive», che caratterizzano l’aggravante. Per i giudici «non è a tal fine valorizzabile, di per sé, il numero di coltellate inferte», ossia le 75 coltellate non sarebbe stato «un modo per crudelmente infierire o per fare scempio della vittima», ma "conseguenza della inesperienza e della inabilità" di Turetta.

Il 22enne avrebbe continuato a colpire fino a quando si è reso conto che Giulia «non c'era più», lo ha detto anche in aula. Ha dichiarato di essersi fermato «quando si è reso conto che aveva colpito l’occhio: 'mi ha fatto troppa impressionè, ha dichiarato». Proprio su quel colpo, il più drammatico nella descrizione del delitto, i giudici affermano che nell’assassino non vi fosse «la volontà di arrecare scempio o sofferenza aggiuntiva» tipiche della crudeltà. Turetta ha comunque mantenuto «lucidità e razionalità» dopo aver ucciso Giulia, con la «chiara e innegabile volontà di nascondere il corpo in modo, quantomeno da ritardarne il ritrovamento», si legge. Poi c'è «la scelta del luogo in cui abbandonare il cadavere» e «le modalità in cui il corpo è stato lasciato». Da qui la premeditazione, poi c'è l’atteggiamento dell’omicida che per i giudici «ha confessato in parte e ha anche mentito» ammettendolo in aula, e ancora dalle intercettazioni in carcere dei colloqui con i genitori da cui "si evince chiaramente come egli fosse a conoscenza del fatto che vi era molto altro a suo carico» ma non lo ha riferito.

Anche lo stalking viene respinto dalla Corte perché "l'aggravante contestata è espressamente circoscritta al periodo 'in prossimità e a seguito del termine della relazione intrattenutà». Ma pesa anche il fatto che il padre della vittima, Gino Cecchettin, dopo la scomparsa della figlia e prima ancora di avere elementi sulla sua sorte, aveva riferito di «non aver percepito alcun disagio in Giulia», circostanza confermata "anche quando è stato sentito dal pubblico ministero in data 20 febbraio 2024». Nel ricostruire la vicenda i giudici hanno scritto che l'aggressione a Giulia è durata complessivamente 20 minuti, "lasso di tempo durante il quale ha avuto la possibilità di percepire l’imminente morte».