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Reddito di cittadinanza, per i siciliani è uno “tsunami” da un miliardo di euro

Di Mario Barresi |

Catania. Se ci fosse stata la copertura totale ipotizzata all’inizio dal M5S, il reddito di cittadinanza – solo nei nove mesi di prevista applicazione nel 2019 – in Sicilia avrebbe avuto un impatto-monstre di circa 2,7 miliardi. Ma alla fine i grillini hanno dovuto fare un compromesso con la Lega. E dunque, secondo una stima della Svimez, la ricaduta, in base alle risorse disponibili, sarà di circa un miliardo. Precisamente 980 milioni, qualcosa meno rispetto al miliardo e 341 milioni di una prima elaborazione. In soldoni: sui circa 5 miliardi in arrivo per 1.283.400 nuclei familiari che nel Mezzogiorno hanno un Isee da 0 a 9.000 euro, quasi un quinto del bottino arriverà ai siciliani. Che, sempre secondo quanto calcolato da Svimez e rivelato da Repubblica, potrebbero essere quasi un milione di persone (uno ogni cinque residenti), visto che le famiglie potenzialmente interessate sono in tutto 342mila, delle quali oltre 100mila a Palermo e 80mila a Catania.

Questi i dati di partenza. Di una misura che i parlamentari grillini, ieri sera riuniti in assemblea plenaria con Luigi Di Maio, hanno sentito definire «un diritto umano» dal redivivo Alessandro Di Battista. Ma poco prima, nel pomeriggio, il vicepremier aveva incontrato i rappresentanti delle Regioni. «Vogliamo rassicurazioni su tempi e modalità» di attuazione del reddito di cittadinanza, hanno detto a Di Maio gli assessori al Lavoro, perché altrimenti si rischia «il caos» e i Centri per l’impiego «non sapranno fare fronte allo tsunami» previsto per le potenziali richieste di «milioni di persone».

Per la Sicilia, in rappresentanza dell’assessore Mariella Ippolito, a Roma è andata la dirigente Sara Barresi. E nel confronto col ministro, oltre alle criticità comuni a tutte le altre Regioni – come «il rafforzamento dei centri per l’impiego», il «ruolo dei navigator» e il «funzionamento delle piattaforme online» – l’Isola ha messo sul tavolo alcuni problemi tutti siciliani. Sfatando anche un luogo comune: quello secondo cui la Sicilia, con i suoi 1.737 addetti nei Centri per l’impiego (pari a circa il 22% dei 7.934 di tutta Italia) avrebbe, in proporzione, molte più risorse umane rispetto agli altri. Questo non è vero. Per due ragioni. Al di là del fatto che i Centri per l’impiego siciliani hanno competenze “doppie” rispetto a quelli del resto del Paese, il dato più significativo è che circa il 60% degli impiegati siciliani «non sono inquadrati per poter erogare politiche attive del lavoro».

Una circostanza già nota alla senatrice Nunzia Catalfo, catanese “mamma” del primo ddl sul reddito di cittadinanza, che ha già avuto un confronto «proficuo» con l’assessore Ippoilito. In pratica un migliaio di impiegati dei Centri per l’impiego della Regione sono di fascia “A” o “B”. E dunque non possono essere, almeno all’inizio, della partita. «Ma c’è tutta la volontà per venire incontro a questa esigenza della Sicilia, che potrà formare e aggiornare il personale», rassicura Catalfo.

Nel calderone anche gli ex sportellisti e i lavoratori della formazione professionale, i quali aspirano a rientrare in gioco, vista la necessità di personale. Giovedì 24 il tema sarà affrontato nel più complessivo tavolo sulla Formazione siciliana, previsto al ministero del Lavoro, con Di Maio e i rappresentanti del governo regionale.

Ma Catalfo entra nel cuore dei problemi. A partire dalle preoccupazioni sull’assunzione dei 4mila “navigator” (i tutor, stimati in almeno 500 per la Sicilia, che accompagneranno i percettori del reddito a trovare un lavoro) espressi dalle Regioni sui tempi: «Non si possono fare prima di agosto», sostengono molti assessori. La presidente della commissione Lavoro al Senato, confermando la modalità di «bandi regionali pubblici per l’assunzione della quota parte del personale aggiuntivo», suggerisce un piano B immediato: «Se le Regioni hanno difficoltà nell’effettuare i bandi non lo so, però si può procedere alle assunzioni anche a tempo determinato per poi fare il passaggio a indeterminato, l’importante è avere personale preparato che possa accompagnare i cittadini nel percorso lavorativo. Per noi – sostiene – questa è un’emergenza». Ricordando, come termine di paragone, «l’indagine conoscitiva che ho fatto in Germania, dove ci sono 100mila addetti contro gli 8mila italiani».

Anche gli assessori al Lavoro sono d’accordo. Ma a Di Maio chiedono che «ci sia un accordo in Stato-Regioni prima di poter assumere». Ai 4mila tutor regionali si aggiungono i 6mila “navigator” che il governo assumerà subito all’Ampal (Agenzia nazionale per il lavoro). Personale che, ricorda Catalfo, «in quota parte sarà anche destinato a gestire le esigenze della Sicilia».

Allora, se non abbiamo capito male: da aprile a dicembre 2019 nell’Isola arriverà un “malloppo” di 980 milioni di reddito di cittadinanza per 342mila famiglie (circa un milione di persone), con un esercito di almeno 2.500-3.000 “angeli” dei senza lavoro negli uffici per incrociare domanda e offerta. A proposito: quale offerta? Nei primi 15 giorni di gennaio, per i circa 137mila disoccupati siciliani, sono arrivate appena sette proposte, come certifica Meridionews. E precisamente: per un aiuto commesso, un commesso, un magazziniere, un cassiere di negozio, un ottico, un addetto all’accoglienza clienti e un «dimostratore a domicilio». Ben poco, per non pensare che il reddito sia l’ennesimo miraggio nel deserto delle opportunità. O, peggio ancora, un’oasi per furbetti.

Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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