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Effetto Covid, la Sicilia fa il “botto”: nel 2020 -13 miliardi e -164mila posti di lavoro

Di Redazione |

Palermo – Quando l’uomo non riesce a dominare la natura e gli eventi, per sopravvivere ha comunque la capacità di adattarvisi. Così, ad esempio, essendo impossibile superare l’opposizione degli ambientalisti alle pale eoliche fronte mare, la scienza inventa quelle galleggianti che si piazzano lontano dalla costa, invisibili all’orizzonte. O, non potendo ancora avere ragione del Covid-19, la tecnologia ci ha aiutato a stare connessi col resto del mondo anche se chiusi a casa. Accade pure che qualcuno, non volendo rassegnarsi alla indistruttibilità dei nemici della Sicilia (la burocrazia e l’uso clientelare dei soldi pubblici) e preoccupandosi di cercare per l’Isola una via d’uscita dalla crisi economica precedente e da quella nuova provocata dalla pandemia, lanci una proposta “a costo zero” che si adatti all’invincibilità degli avversari: creare una task force che si occupi di attrarre investimenti stranieri nelle nuove Zes siciliane per specializzare la produzione manifatturiera, e istituire le Zes turistiche affidando chiavi in mano a investitori capaci alcune aree di pregio su cui costruire resort, come Kamarina, Balestrate, il Ragusano e il Siracusano. A lanciare l’idea non è un economista, ma un imprenditore, Gianmarco Costanzo, però lo fa all’interno di un’analisi economica, il 51° Report Sicilia del Diste intitolato “L’economia siciliana al tempo del Covid-19: policy per sopravvivere”. Il tutto nel giorno in cui Gregory Bongiorno, presidente di Sicindustria Trapani, lancia un appello «a fare presto» e perchè «le Zes non cadano nella trappola della burocrazia che vanifica tutto». Aggiungiamo noi: nè si riducano solo a dare clientelarmente alle aziende che già vi operano i benefici fiscali pensati per attrarre investitori da fuori.

I ragionamenti sono supportati dai dati elaborati da Alessandro La Monica e da Pietro Massimo Busetta, che presiede il comitato scientifico. La Sicilia veniva da un Pil del 2018 a +0,3% e del 2019 a zero, dopo avere perso 15 punti fra il 2008 e il 2014; dal 2007 al 2019 ha perso 117mila posti di lavoro; solo l’agricoltura ha visto 4mila posti in più mentre i servizi ne hanno creato 24mila, per lo più precari. Il lavoro stabile è diminuito dell’1,5%, quello a termine è cresciuto del 7,1%. L’occupazione è concentrata sulle tre città principali (Palermo, Catania e Messina) e la disoccupazione è scesa al 20% solo perchè molti rinunciano a cercare lavoro. Un quadro di fragilità estrema, descritto dal “Report Sicilia”, precipitato nel baratro del Covid rompendosi in mille pezzi.

Cosa è accaduto nei mesi del “lockdown”? Seicentomila lavoratori, il 42,5% del totale, sono stati sospesi; si è perso il 40% del valore aggiunto; eppure, in Sicilia ci sono più attività “essenziali” rimaste aperte, con 20 Comuni nei primi 100 italiani con più attività aperte, trainate dalle richieste di approvvigionamenti alimentari. Il fatturato delle aziende isolane sospese è “solo” il 27%. Però le nostre aziende sospese hanno sofferto di più perchè venivano da 13 anni di crisi.

Così il turismo è in cima alla lista dei settori a rischio. Perchè qui la componente maggioritaria è il “nero” di piccolissime attività che portano i dati reali a 80mila occupati e 6,5 mld di valore aggiunto e che, non “esistendo”, non hanno ricevuto alcuna tutela durante il “lockdown” e ora hanno più difficoltà a ripartire. L’analisi del “Report Sicilia” è impietosa: «Lo svuotamento delle strutture ricettive concluso intorno a metà marzo, e la scomparsa della clientela nei mesi di aprile e maggio, ha comportato per l’intero periodo gennaio/maggio una flessione di 2 milioni e 400 mila soggiorni con un calo tendenziale del 60%. Stimando una spesa media a soggiorno di 120 euro per gli alberghi di 5 stelle-5 stelle lusso e 4 stelle e di 80 euro per gli ospiti delle altre tipologie ricettive, la categoria lusso avrebbe perso un fatturato di 150 mln e l’altra un fatturato di circa 90 mln, per un totale di 240 mln. Con la riapertura da giugno, l’attività è destinata a subire nuovi cedimenti (-70%), imposti dalla caduta della domanda interna e dall’indubbia rarefazione di quella estera, per arrivare ad un -40% totale a dicembre». E ancora, «tra giugno e dicembre si potrebbero perdere altri 6,6 mln di soggiorni. La perdita di fatturato sarebbe in totale di 670 mln. Le proiezioni per l’intero 2020 mostrano una flessione dei pernottamenti dai 15,1 mln del 2019 a 6,1 mln. In termini di fatturato le perdite potrebbero superare i 900 mln, pari al 60% circa del fatturato del 2019. Includendo le attività extralberghiere, a consuntivo 2020 la perdita di fatturato complessiva sarebbe di 4 mld, sui 6,5 del 2019. In termini di valore aggiunto la contrazione supererebbe i 2 mld di euro».

Previsione non migliore, però, negli altri settori: valore aggiunto -13 mld (-16%); 164mila posti di lavoro in meno, pari a -12%. di cui 140mila solo nel settore dei servizi, per la fuoriuscita di lavoratori irregolari; la disoccupazione tornerebbe al 24%; la spesa delle famiglie crollerebbe di 10 mld, pari a -17%; gli investimenti si contrarrebbero di 3 mld (-20%); per l’export si prevede una flessione del 21%, che significa una perdita di circa 2 mld di euro; per le importazioni un calo del 17%, pari ad oltre 2,6 mld. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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