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Smart working, in Sicilia controesodo di luglio: si rientra in ufficio

Di Giuseppe Bianca |

PALERMO – La concezione degli uffici pubblici siciliani – un telefono, un computer e una scrivania – che era il sogno anni novanta delle madri che ambivano a un posto alla Regione per i figli, rischia di subire un progressivo, ma inesorabile, ridimensionamento. Lo smart working al tempo del coronavirus lascia infatti di sé un segno tangibile e concreto che non andrà a sfumare del tutto come modalità organizzativa del lavoro, anche se è assai azzardato dire che la Sicilia degli uffici pubblici potrà fare in futuro i compiti da casa e rinunciare alla frequenza fisica degli uffici.

Il Covid-19 in questi mesi ha trasformato lo smart working da idea potenziale a pratica prevalente nella pubblica amministrazione e, al netto di una serie di limiti strutturali e organizzativi, sono in tanti a scommettere che anche dopo il 31 luglio, data prevista dal governo nazionale per la fine dell’emergenza, questa esperienza rimarrà solo un ricordo.

Intanto l’assessore alla Funzione pubblica Bernardette Grasso con una circolare del 18 giugno ha messo nero su bianco l’esigenza di «assicurare il rientro in servizio», un modo per svuotare le sacche dei lavoratori da casa e ripristinare l’atmosfera pre-Covid. Alla Regione su una platea complessiva di oltre 12mila lavoratori ancora un 50% della risorsa umana lavora da casa, ma il controesodo sta per partire, anche se non è escluso che da Roma arrivino indicazioni post-pandemia per completare l’anno in corso con questa forma operativa che ha regolato l’attività degli uffici. Non tutto il personale della Regione ha dimostrato margini di autonomia rispetto ai processi di lavoro più complessi dove serviva confronto e assistenza tra dirigenti e comparto. Un esempio per tutti nell’amministrazione regionale vale per i processi di finanziamento tra i vari dipartimenti. Il bicchiere comunque, spesso è stato mezzo pieno. O come tale molti lo hanno visto.

Adesso va ad alleggerirsi l’opzione del lavoro da casa anche se c’è chi ricorda che la regola prevede, in teoria, per gli uffici «le attività indifferibili e urgenti che possono essere rese soltanto in presenza», come eccezione e il lavoro agile come modalità standard. Ma la Sicilia oggi non è pronta a questo.

A che punto sono invece le amministrazioni pubbliche dell’Isola all’inizio di luglio?

Al Comune di Catania l’ultima rilevazione rispetto al rientro negli uffici è targata 3 giugno e vede un 70% degli impiegati tornati al lavoro e il rimanente 30% che si alterna tra lavoro in presenza e modalità agile da casa.

A Palermo su 6.500 dipendenti oltre 4mila sono andati in lavoro agile: «Abbiamo dato una risposta molto forte all’emergenza – commenta il vicesindaco Fabio Giambrone – in 700 sono già rientrati e da qui alla fine del mese completeremo il percorso» che valuta favorevolmente l’esperienza nel suo complesso.

Per approfondire leggi anche: L’ESPERTO: «UNO SHOCK CULTURALE»

Monitoraggio del fabbisogno e formazione dei lavoratori sono stati invece gli obiettivi di partenza di Anci Sicilia per quel che riguarda gli enti locali. Ma non tutto è stato facile e scontato sottolinea il segretario generale Mario Alvano: «Mancavano spesso i computer portatili con validi collegamenti in rete e anche la stessa videoconferenza inizialmente non sempre ha trovato facile svolgimento». La Sicilia della banda larga insomma ha aiutato fino a un certo punto, anche se sulle forme di riunioni a distanza lo stesso Alvano riconosce «hanno fatto risparmiare molto in termini di tempi morti e spostamenti».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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