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“Scateno”, antenato degli impresentabili fra strip e processi

Di Mario Barresi - Nostro inviato |

VIDEO: L’ARRESTO

VIDEO: SAPEVO CHE MI AVREBBERO ARRESTATO

Mentre i messinesi, nel 1674, si rivoltavano contro i dominatori spagnoli, Fiumedinisi fu uno dei pochi comuni a restare fedele alla Corona ispanica. E così, corsi e ricorsi, è oggi per «u’ sinnucu». Criticato sottovoce e difeso a testa alta. Cateno Roberto De Luca, qui in carica dal 2003 al 2011, ma anche sindaco di Santa Teresa di Riva (dove ha lasciato il suo delfino Danilo Lo Giudice) e aspirante primo cittadino di Messina con campagna elettorale già avviata con pecora al seguito. Quarantacinque anni, in politica da quand’era quindicenne, candidato a tutto. Anche a presidente della Regione, nel 2012, quando lanciò la sua corsa solitaria con una kermesse scintillante e uno slogan chiarissimo: «Io rivoluziono la Sicilia. Scateno De Luca». Prese l’1,2%, ma da lì in poi diventò “Scateno”. Per tutti.

Impresentabile prima che esistessero gli impresentabili, De Luca ha un curriculum pieno di guai giudiziari, proteste clamorose e citazioni indelebili. Cinque anni fa, dopo essere stato deputato regionale del Mpa, si ribella al suo mentore: «Lombardo agisce con metodi politico-mafiosi. Se ne vada affanculo una volta per tutte, lui e i suoi compagni di merende». All’Ars i commessi lo ricordano atterriti quando, per protestare per la mancata nomina in commissione Bilancio, restò in mutande, con una bibbia, un Pinocchio e la bandiera della Trinacria ad avvolgere le nudità. Rieletto all’Ars nel 2008, dopo un fugace ritorno con Lombardo, inizia un breve flirt politico con Gianfranco Micciché. Dura poco. Perché lui, “Scateno”, è un individualista. Da leader di Sicilia Vera chiede e ottiene ospitalità nella lista dell’Udc per le ultime Regionali: è il più votato, eletto con 5.418 preferenze. Alle quali bisogna aggiungere i 4.298 del suo seguace, Lo Giudice.

Rieletto nonostante la lettera scarlatta di “impresentabile” cucitagli addosso dai grillini. «Pupi nelle mani del puparo di Genova», secondo De Luca, condannato dalla corte dei conti a 13mila euro per le “spese pazze” dei gruppi all’Ars. Ma soprattutto sotto processo per il “sacco di Fiumedinisi”, il quindicesimo dei «14 procedimenti penali chiusi a mio favore». Arrestato per abuso d’ufficio e concussione, il pm ha chiesto per lui 5 anni di pena.

Ma “Scateno” si difende sempre contrattaccando. In tarda mattinata si diffonde la notizia dei suoi domiciliari. E sotto casa sua c’è chi è già certo: «Anche stavolta ne combinerà una delle sue». Infatti, violando le restrizioni degli arresti domiciliari, imposta la sua autodifesa su Facebook. Prima con un post, corredato dalla foto del «caffè del galeotto», in cui chiede: «Pregate per me e per la mia famiglia e per gli altri indagati che nulla c’entrano in questa storia». Molto più esplicito, poco dopo, in un video-selfie in pigiama. «La vicenda fa ridere», esordisce. Quindi racconta: «Io sono sereno perché già venerdì sera a piazza Cairoli sono stato avvicinato da un noto personaggio della politica siciliana e anche ritengo della massoneria nonché un parente molto stretto di magistrati, il quale mi ha fatto i complimenti per la campagna elettorale e mi ha detto: “Lo sai che è tutto inutile quello che hai fatto”. Questo stesso personaggio lunedì – prosegue – ha telefonato a un nostro amico nonché suo collaboratore dicendogli che era inutile l’elezione di Cateno perché sarebbe stato arrestato e sarebbe subentrato il primo dei non eletti, Danilo Lo Giudice. Sapevo di scontrarmi definitivamente con i poteri forti di Messina, massoneria e altri ambienti che non vogliono che io faccia il sindaco». E chissà cosa avrebbe detto ancora, se il suo avvocato Tommaso Micalizzi non l’avesse bloccato: «Basta social, sei ai domiciliari».

E se a mezzogiorno sceglie una frase del Vangelo, la sera vira su Martin Luther King. «Un giorno la paura bussò alla porta. Il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno». Lui, Cateno, di porta ha aperto quella del suo balcone e ha trovato un centinaio di fan capeggiati da Lo Giudice, amministratori e “fenapini”, che si sono radunati sotto casa sua. Alle nove della sera. Doveva essere una fiaccolata, diventa un semplice tributo di De Luca. Legge compiaciuto lo striscione (“Cateno siamo con te senza se e senza ma”) e appare come un pontefice dopo la fumata bianca. Un breve saluto. Poi l’irrinunciabile post su Facebook. «Grazie di cuore per la splendida manifestazione di solidarietà, mi avete veramente commosso. Si va avanti senza se e senza ma». Silenzio surreale, si riflette. «Non ci sono i presupposti perché stia agli arresti» mormora qualcuno all’avvocato Micalizzi. Che studierà come tirarlo fuori dai guai. Per la sedicesima volta.

Twitter: @MarioBarresi

[ha collaborato Andrea Rifatto]

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