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Provinciali, non c'è più tempo: anche il centrodestra si rassegna al voto di aprile

Ma nella maggioranza non c'è accordo. Ieri un altro vertice con i big a Palermo

Mario Barresi

13 Marzo 2025, 16:59

province

Sulle elezioni provinciali il centrodestra siciliano resta avviluppato su se stesso. E questa, dopo l’ennesimo vertice di maggioranza, non è una novità. Ma la vera notizia di ieri è l’esordio del nuovo proconsole meloniano Luca Sbardella. Positivo, a sentire i giudizi degli interlocutori. «Ha dato l’impressione di essere uno che sa fare politica, con grande esperienza», dice uno dei presenti. «Una persona determinata, consapevole dell’autorevolezza del suo ruolo, dovuta anche all’investitura diretta della Meloni. Non sembra affatto calato dall’alto» aggiunge un altro alleato, che di solito su ogni argomento ha un’opinione opposta al primo.

Sbardella, buona la prima

Buona la prima. Il commissario regionale mette subito in chiaro la linea di Fratelli d’Italia: il primo partito della coalizione, si assumerà la responsabilità di dare «più compattezza, nell’immagine e soprattutto nella sostanza» al centrodestra siciliano. Anche con «qualche passo indietro», chiesto anche agli altri. Declinato sul tema di ieri: «Non bisogna fissarsi su una provincia, ma pesare tutti assieme un altro criterio: la competitività del singolo candidato proposto».

Le elezioni nelle sei ex province

Fra la teoria e la pratica c’è in mezzo il puzzle delle elezioni di secondo grado nei sei Liberi consorzi. Con la rassegnata consapevolezza che ormai non si può più rimandare il voto del 27 aprile. Bocciati i ricorsi al Tar, anche il piano di una leggina a Roma per un assist al voto diretto in Sicilia, «non è più in agenda». E anche l’idea - molto gradita al “diversamente alleato” Cateno De Luca - di rinviarlo all’ultima data utile di giugno per «aspettare l’elezione dei nuovi sindaci nella tornata di primavera» sembra essere superata. Ma c’è uno spiraglio per un altro “aiutino” dell’Ars: il recepimento-lampo di una norma del Milleproroghe nazionale che consentirebbe anche ai sindaci con meno di 18 mesi di mandato residuo di candidarsi. Ciò permetterebbe di sbloccare l’impasse su Enna, unica provincia rivendicata dall’Mpa di Raffaele Lombardo che sceglierebbe fra i sindaci Maria Greco (Agira) e Luigi Bonelli (Nicosia) per un posto in cui FdI vorrebbe Nino Cammarata (Piazza Armerina). A quel punto i meloniani avrebbero di certo Ragusa (con la sindaca di Comiso, Maria Schembri, a cui tiene molto il capogruppo dell’Ars, Giorgio Assenza, presente al vertice al fianco di Sbardella), con il sacrificio della Dc, che invece chiede Gianfranco Fidone (Acate), pupillo del potente deputato regionale Ignazio Abbate. Il leader Totò Cuffaro, a quel punto, potrebbe tornare a rivendicare Agrigento, dove finora è avanti Angelo Balsamo (Licata), sponsorizzato dall’assessore autonomista Roberto Di Mauro e dal sempre influente forzista Riccardo Gallo. Forse l’unica candidatura certa è a Trapani, con Forza Italia che raccoglie consensi unanimi sul sindaco di Castelvetrano, Giovanni Lentini. Più vicino, grazie alla convergenza di alcuni alleati, il via libera alla Lega su Caltanissetta, con il civico Massimiliano Conti (ma qualcuno mastica amaro per la «campagna acquisti» che si consentirebbe a Luca Sammartino), anche se Forza Italia resiste sul Walter Tesauro, primo cittadino del capoluogo. Giochi aperti per Siracusa, unica provincia chiesta da Noi Moderati con Daniele Lentini (Francofonte), che s’infrange contro lo schema civico-trasversale, gradito all’Mpa, che porterebbe a Michelangelo Giansiracusa (Ferla) se non addirittura al siracusano Francesco Italia.

Il metodo oggettivo

E qui si apre un ragionamento, appena accennato nel vertice di ieri, sul «metodo oggettivo» che qualcuno vorrebbe ridiscutere: candidare, a eccezione di Trapani (dove c’è un dem) «tutti i sindaci dei comuni capoluogo», equiparandoli così ai sindaci metropolitani di Palermo, Catania e Messina, per farli governare «fino alla riforma nazionale sul voto diretto». Il che spianerebbe la strada a tre civici: oltre al siracusano Italia, anche Peppe Cassì (Ragusa) e Maurizio Dipietro (Enna). Nomi che piacciono a Lombardo e in parte anche a Forza Italia. Ma non agli altri, che potrebbero essere invogliati dalle regole d’ingaggio: aprire le tre giunte a «tecnici d’area di centrodestra», facendo fare ai sindaci «una scelta politica». Magari indigesta ai deputati regionali di centrodestra di quei territori.