Strage Borsellino, Contrada: «La Barbera di mafia non sapeva nulla»
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Palermo - «Quando ho letto i nomi dei 25 funzionari del gruppo d’indagine sulle stragi Falcone e Borsellino ho pensato: come si fa ad affidare un’indagine sulla strage di via D’Amelio dove viene ucciso un procuratore aggiunto e 5 agenti della polizia di Stato a persone che non sanno nulla di mafia che non hanno un’esperienza lunga di lavoro della criminalità organizzata? L’ex capo della mobile palermitana che poi fu messo a capo di quel gruppo, Arnaldo La Barbera, sarà stato un ottimo funzionario di polizia ma di mafia ne sapeva meno di mia madre che quando l’andavo a trovare a Napoli mi diceva: qualche giorno mi devi spiegare questa mafia che sta in Sicilia». Lo ha detto l’ex numero 2 del Sisde Bruno Contrada, per anni ai vertici degli uffici investigativi siciliani, sentito dalla commissione regionale Antimafia che indaga sui depistaggi delle indagini sulla strage di Via d’Amelio.
«A Firenze o ad Arezzo o a Bergamo si può mandare a fare il capo della squadra mobile uno che non ha mai fatto polizia giudiziaria, che non ha esperienza di anni e anni di lavoro con i criminali mafiosi. Ma non in Sicilia» ha aggiunto.
Gli investigatori che stavano indagano sulla strage di via D’Amelio, guidati dal Procuratore di allora Gianni Tinebra, "erano impreparati", ha aggiunto Contrada. Che incontrò più volte Tinebra. "C'era un’impreparazione generale negli apparati investigativi a cui vennero affidate le inchieste, incluso nel Sisde". A quel punto il Presidente della Commissione antimafia Claudio Fava gli chiede: "Forse non si voleva che si facessero investigazioni professionali?". Immediata la replica di Contrada: "Non è solo questo, a volte c'è una ambizione esasperata che passa sopra tutto e che spinge a seguire piste investigative che manifestamente non portano a nulla per la bramosia della carriera. A meno che non si voglia dire che c'era uno scopo preciso nel mettere su una macchina investigativa simile".