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Corruzione, colpo di scena a processo Cascio: accusatore ritratta

Di Redazione |

PALERMO – Colpo di scena al processo d’appello all’ex presidente dell’Ars ed ex deputato regionale dell’Ncd Francesco Cascio, condannato in primo grado, in abbreviato, a due anni e otto mesi per corruzione. Un verdetto – la pena non fu sospesa – che costrinse il politico a lasciare lo scranno di sala d’Ercole uscendo di fatto dalla rosa dei possibili candidati del centrodestra a sindaco di Palermo alle ultime elezioni.

Dopo la riapertura della istruttoria in appello, chiesta dalla Procura Generale, il principale teste dell’accusa, l’imprenditore Giuseppe Lapis, oggi si è di fatto rimangiato tutte le accuse. In una memoria depositata ai pm Lapis aveva parlato in sostanza di un accordo corruttivo stretto con Cascio all’epoca in cui questi era assessore regionale al Turismo, finalizzato a garantirgli il finanziamento europeo delle opere di realizzazione di un lussuoso resort. In cambio, aveva sostenuto l’imprenditore, l’ex politico avrebbe ricevuto “lavori» e «servizi» per la costruzione di una villetta a Collesano, nei pressi della struttura turistica. «L’onorevole Cascio non ha mai fatto nulla di illecito per favorirmi, né io gliel’ho chiesto. Lo incontrai in assessorato, alla luce del sole, per parlargli della costruzione del resort, ma non mi fu mai domandato nulla in cambio», ha detto Lapis ai giudici che processano in appello l’ex deputato difeso dall’avvocato Enrifo Sanseverino. Una smentita che ha sorpreso la corte che ha richiamato il teste e riflettere sulle sue parole. Nello specifico Lapis ha sostenuto di aver fatto per Cascio lavori elettrici e di aver rilasciato una fattura di 33mila euro alla ditta che l’onorevole aveva incaricato della costruzione della casa. La ditta avrebbe ridato il denaro a Lapis per le opere elettriche, ma questi per il rapporto di stima che aveva col politico, avrebbe restituito la somma.

Quanto all’accusa di aver ceduto un terreno all’imputato, Lapis ha raccontato di aver stipulato un preliminare per l’acquisto del terreno e di aver dato 5mila euro, ma di aver saputo che il fondo interessava a Cascio. «Decisi allora di fare un passo indietro e non rivolli il soldi versati per la stima che avevo per Cascio che non ha mai saputo nulla», ha detto. Il teste ha poi spiegato che il servizio di guardiania della villa del parlamentare, fatto dai dipendenti della sua impresa, era solo un atto di gentilezza visto che questi sorvegliavano il resort che era a pochi metri. La deposizione potrebbe riaprire il caso, dunque. Intanto all’udienza del 16 novembre verranno sentiti degli operai di Lapis a conferma delle sue parole. L’imprenditore e il figlio sono indagati dalla Procura di Palermo che ha chiuso l’inchiesta a loro carico. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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