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Fame di case in Sicilia: 35mila in lista d’attesa per alloggi popolari

Di Daniele Ditta |

Palermo – C’è fame di case in Sicilia. Gli alloggi popolari sono insufficienti e quelli privati in molti casi risultano fuori dalla portata delle famiglie che, a causa della crisi, non riescono più a pagare un affitto a prezzi di mercato. Il disagio abitativo attraversa l’Isola, fa capolino nelle grandi città e ora anche nei centri di media grandezza, come dimostrano i dati sulla cosiddetta morosità incolpevole.

Gli sfratti, che nel 2017 hanno registrato un aumento del 47,68% rispetto all’anno precedente (da 2.368 a 3.497), sono in massima parte dovuti a morosità. Alle 8.187 richieste di esecuzione si sommano pure i 1.719 sfratti eseguiti. «Nel 2018 il trend sarebbe in aumento» esordisce Giusy Milazzo, segretario regionale del Sunia, il sindacato inquilini della Cgil. A tal punto che, sostiene Milazzo, «se si facesse adesso un bando per integrare le graduatorie delle case popolari, i numeri aumenterebbero». Sulla carta sono 35mila le famiglie che avrebbero diritto ad un alloggio pubblico. Una lista d’attesa già abbastanza affollata, con picchi a Palermo (12.300 famiglie) ed a Catania (6.500). Il tempo medio per un’assegnazione può anche superare i dieci anni. Se tutto va bene. E cioè se si completano quei pochi piani costruttivi portati avanti dagli Iacp (Istituti autonomi case popolari) oppure se frattanto non c’è qualcuno che occupa abusivamente una casa. Su 59.744 alloggi popolari di proprietà o gestiti dagli Iacp, risultano circa 9.500 occupanti senza titolo. Negli alloggi di proprietà dei Comuni, il tasso di occupazione abusiva arriva addirittura al 50%. Ecco come la “fame” di case si trasforma in guerra tra poveri, alimentando un mercato nero quasi sempre in mano ad associazioni criminali.

Nell’ultima legge finanziaria regionale, l’Ars ha introdotto una norma che consente agli abusivi l’assegnazione di un immobile di edilizia pubblica occupato prima del 31 dicembre 2017. «Il nostro giudizio su questo provvedimento è negativo – afferma la segretaria regionale del Sunia –. Avrebbe avuto un senso se fosse stato inserito in una legge sulla gestione complessiva del patrimonio popolare. Così, invece, va scapito di chi è in lista d’attesa da decenni». Finora, inoltre, le domande di sanatoria non sono state nemmeno tante. A Catania su 1.800 occupanti che si sono autodenunciati, sono state presentate 500 istanze circa. «La risposta non è stata massiccia – prosegue Milazzo – aspettiamo però la fine dell’anno per avere un quadro più chiaro della sanatoria». Per farla breve, sembrerebbe che l’intenzione della larga maggioranza di chi non è in regola sia quella di continuare a rimanere nell’illegalità. Con buona pace del parlamento siciliano che, ancora una volta, ha deciso di premiare i furbi.

Il Sunia, d’altro canto, chiede un piano nel medio-lungo periodo che metta le politiche dell’abitare al centro dell’agenda politica regionale. Con iniziative che vadano dalla rigenerazione del patrimonio immobiliare esistente agli affitti a canoni calmierati. «In Sicilia – annota Milazzo – ci sono 133mila edifici di vario genere non utilizzati. Anziché consumare altro suolo, partiamo ad esempio dalla riqualificazione di caserme e ospedali dismessi. Non abbiamo bisogno di altri ghetti, rendiamo più vivibili le periferie, spendiamo gli incentivi riservati alle ristrutturazioni e all’efficientamento energetico per gli edifici dello Iacp: patrimonio che, tra l’altro, versa in uno stato di salute non proprio ottimale».

Per dare una risposta alla domanda di casa non esiste una sola ricetta, ma un mix di soluzioni. Come i contributi a sostegno della locazione. Tramontato il sostegno all’affitto (attivo sino a tre anni fa), adesso il governo nazionale distribuisce alle Regioni il fondo per la morosità incolpevole. «Dal 2014 ad oggi la Sicilia ha ricevuto 4 milioni di euro. Soldi che non si riescono a spendere, finora solo un centinaio di famiglie hanno presentato domanda. Il motivo? Bisogna dimostrare – spiega Milazzo – di aver perso il lavoro o aver avuto grossi problemi sanitari che hanno eroso il reddito. In una terra come la nostra, dove il lavoro nero ha percentuali elevatissime, si preferisce non accedere a queste misure. Perché allora non spostare queste somme inutilizzate su una forma di sostegno all’affitto?».

Aumentare l’offerta di alloggi a canoni sociali, favorire l’autorecupero del patrimonio edilizio esistente (non solo pubblico), mettere a sistema misure di sostegno all’affitto: questi e altri argomenti saranno al centro del congresso regionale del Sunia, che si terrà a Catania il prossimo 5 novembre. Il sindacato inquilini ha invitato anche l’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone. «Oggi le politiche abitative sono frammentate in varie misure, che non sono coordinate tra di loro. Noi spingiamo affinché vengano create con le risorse del Pon Metro le Agenzie sociali per la locazione, il cui compito principale è la mediazione tra la domanda e l’offerta di casa. Con l’assessore Falcone, al quale abbiamo chiesto un tavolo tra la Regione e le parti sociali, vogliamo cominciare a discutere di programmazione. Il disagio abitativo – conclude Milazzo – non può in nessun caso essere affrontato con una visione emergenziale. Al contrario, occorre partire da un’analisi seria e approfondita dei fabbisogni, per poi assicurare interventi e finanziamenti costanti nel tempo».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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