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Lagalla chiede il bis: «Da Orlando un disastro, ma adesso vedo la luce. Regione, sì a Schifani»

Il sindaco si ricandida: «Per terminare il lavoro, serve tempo. Le critiche? Nascondono altri obiettivi»

Accursio Sabella

01 Settembre 2025, 10:23

roberto lagalla - sindaco di palermo

«Voglio ricandidarmi, devo completare il lavoro». Ha da poco superato il traguardo dei tre anni di sindacatura e per Roberto Lagalla è già il momento di guardare al futuro: «Per parecchio tempo ho viaggiato dentro un tunnel buio, a causa dell'eredità del passato, ma adesso vedo le prime luci».

Ma Palermo ha diversi problemi. Quanto è difficile amministrarla?
«Palermo è una città complessa, spesso contraddittoria, con forti differenze e non sempre abituata al rispetto delle regole della convivenza civile. In tanti, poi, sono spesso presi dalla sindrome dell'allenatore di calcio e pensano che, se fossero al mio posto, farebbero meglio. A me spetta guardare a questa sfida con occhi realistici e disincantati. Del resto, eravamo partiti caricandoci sulle spalle una pesante eredità».

A cosa si riferisce?
«Il Comune versava in una grave insufficienza gestionale, con bilanci fermi al 2019, povertà di organici, senza dirigenti, con società partecipate decotte. Abbiamo speso 24 di questi 38 mesi per rimettere in piedi le strutture e sistemare i conti. Sarebbe stato più facile dichiarare il dissesto, ma non abbiamo voluto farlo. Sono sforzi che magari il cittadino non vede, ma che saranno essenziali per garantire servizi e sviluppo, dalle strade all'illuminazione, dagli impianti sportivi alla costruzione e rigenerazione di aree verdi e luoghi ricreativi».

La città, però, ha anche lanciato segnali poco confortanti sul piano della sicurezza. Sono all'ordine del giorno le notizie di aggressioni a turisti e di risse. Lei, poco tempo fa, parlò di un problema di “percezione”, scatenando diverse critiche. Ripeterebbe quella frase?
«La verità effettiva sta nei dati che vedono i reati in diminuzione. Tuttavia, occorre fare massima attenzione alla percezione generale degli eventi criminosi che è altrettanto importante, perché riguarda fenomeni odiosi e insopportabili a parte della collettività. Con Prefettura e forze dell'ordine stiamo facendo un grande lavoro di squadra e finora, anche grazie al rafforzamento degli impianti di videosorveglianza, i responsabili sono sempre stati individuati».

Eppure, quei fatti hanno preoccupato, ad esempio chi si occupa di turismo.
«Ma Palermo è la città che nel 2024 ha fatto registrare il maggior incremento di turisti in Italia rispetto all'anno precedente. Questi flussi, forse, hanno anche aumentato la tentazione a compiere comportamenti illegali da parte di bande criminali, spesso composte da giovani che vivono in condizioni di disagio economico e culturale».

A proposito, l'impressione è quella di una città più povera, come se lo spiega? E cosa si può fare?
«Palermo è una città con grandi differenze, anche relative al censo e alla situazione sociale. Noi stiamo lavorando a grandi investimenti nelle aree considerate periferiche, anche se a me non piace definirle così. Abbiamo stanziato 200 milioni per quelle zone, senza contare il decreto Caivano 2 per Borgo Nuovo con fondi nostri e statali e i fondi ex Gescal per lo Zen».

Ma a Borgo Nuovo tornano i cassonetti dell'indifferenziata. È una resa?
«Da quelle parti, la raccolta differenziata di prossimità è stato un insuccesso cronico, ferma allo 0,7 per cento. Attorno alle campane per la raccolta venivano abbandonati i rifiuti indifferenziati e spesso le stesse campane sono state date alle fiamme. Abbiamo allora provato a intervenire come abbiamo fatto, ad esempio, al Cep, dove la differenziata è cresciuta da percentuali inferiori all'1 per cento fino al 10 per cento. Un sistema misto, cioè, con contenitori per la differenziata e l'indifferenziata, in modo da eliminare questi ultimi gradualmente».

L'asilo da intitolare a Don Pino Puglisi, a Brancaccio, è diventato un caso politico. Come mai il Piano triennale per le opere pubbliche non è ancora stato approvato? E quell'opera rischia di perdere il finanziamento?
«Noi abbiamo sempre rispettato gli impegni, pur avendo ereditato ritardi incredibili, e non abbiamo perso finanziamenti. Anche quel progetto, infatti, è già cantierabile. E il Piano verrà esaminato dal Consiglio comunale questa settimana. Ma l'opposizione, spesso grida “al lupo, al lupo”».

A dire il vero, critiche sono arrivate anche da Forza Italia.
«Il fuoco amico, sia pure motivato da diverse ed inconfessate intenzioni, costituisce un complemento fondamentale di ogni sfida».

Non è preoccupato? Ex alleati come Noi Moderati di Saverio Romano l'hanno paragonata, ovviamente in chiave critica, all'ultimo Orlando. E non sono mancati i problemi con gli alleati.
«L'eccesso di acrimonia di Noi Moderati è legato a una pressione politica che  punta  al riconoscimento di un  proprio  ruolo. Per il resto, nel centrodestra non sono mai mancate le fibrillazioni. Ma alla fine, si trovano sempre le ragioni dello stare insieme. Certo, meno tensioni aiuterebbero. Ma non si può avere tutto».

Tornando alla città: nuovo stop per la fermata della metro al Politeama. Quando saranno terminati i lavori?
«Stanno solo scivolando di qualche mese. Io stesso, in passato, avevo indicato come periodo buono, quello che va dall'ultimo trimestre del 2025 al primo del 2026. Credo che entro i primi mesi del prossimo anno la fermata sarà pronta».

Come giudica lo scontro tra il presidente della Regione Renato Schifani e il ministro Matteo Salvini sulla nomina di Alessandra Tardino alla guida dell'Autorità portuale?
«Lo considero uno spiacevole incidente istituzionale, nel quale ciascuna delle parti ha le sue ragioni. Allo Stato compete il diritto di nomina, ma deve farlo d'intesa col governatore, intesa che sarebbe mancata. Il ministro Salvini ha voluto affermare una volontà politica di cui bisogna però tenere conto. Comunque, mi sembra di intravedere promettenti passi in avanti».

Dal porto all'aeroporto. Si avvicina la privatizzazione, ma qualcuno l'ha accusata di volere rallentare questo processo. È così?
«Non è assolutamente vero. Abbiamo solo atteso il via libera della Corte dei conti al piano di riequilibrio che prevedeva già la privatizzazione. Oggi i dati ci consegnano uno scalo in costante crescita e appetibile sul mercato. C'è una volontà unanime di procedere e piena sintonia tra amministratore delegato e cda anche sulle regole per l'individuazione dell'advisor che dovrà a sua volta trovare i privati».

Oltre al Lagalla amministratore, c'è il Lagalla politico. Lei è stato al fianco di Fratelli d'Italia in occasione della fiaccolata in memoria di Paolo Borsellino, ma ha anche difeso l'importanza di una manifestazione come il Gay Pride che è fumo negli occhi per quella parte politica. Qual è il vero Lagalla?
«Sono convintamente nel centrodestra, anche perché giudico le scelte politiche del centrosinistra autoreferenziali e diverse da quelle che il Paese si attende. Risposte che, invece, piaccia o non piaccia, stanno arrivando dal governo di Giorgia Meloni. Quindi mi ritengo pienamente compatibile con Fdi sui temi politici nazionali e  territoriali, così come forte è il mio rapporto con Forza Italia. Ma non è un fatto banale che oggi nella lista del sindaco a Palermo ci siano degli ex oppositori. Io difendo la mia autonomia di pensiero  e di azione  a corredo di riferimenti valoriali che poggiano sui diritti delle persone e sulla libertà delle scelte personali, senza strizzare l'occhio a degenerazioni  o condizionamenti politici. L'armonizzazione di queste sensibilità arricchisce una coalizione, altrimenti saremmo un partito unico».

A proposito di partiti. Come va la convivenza con Raffaele Lombardo e Gianfranco Micciché? Dopo il battesimo, la nuova creatura “Grande Sicilia” sembra essere sparita dai radar. Quali saranno i vostri prossimi passi?
«Ci misureremo alle prossime elezioni, guardando a tutto il panorama politico siciliano, ma sempre all'interno del centrodestra e lavorando convintamente per la ricandidatura di Renato Schifani. Del resto, già con Nello Musumeci avevo affermato il diritto di un presidente uscente di  chiedere continuità nel  proprio lavoro».

Lo stesso discorso vale per il sindaco? Insomma, lei intende ricandidarsi nel 2027?
«Quando sono stato eletto, sono entrato in un tunnel buio. Ora vedo la luce, ma 5 anni non basteranno. Per un progetto ambizioso come il nostro, serve un'altra legislatura».

Quindi la risposta alla domanda precedente è affermativa.
«Sì. Poi, ovviamente, bisognerà trovare la compatibilità politica. Ma questo vale per chiunque voglia provarci».

Di quale intervento portato a termine in questi tre anni è più orgoglioso?
«Da un punto di vista tecnico, direi il piano di riequilibrio che porterà tanti vantaggi alla città. Sul piano emozionale, aver superato l'emergenza cimiteriale, anche grazie ai poteri commissariali  da me richiesti e concessi dal governo nazionale. Di certo, nessuna utile misura era stata adottata dalla precedente amministrazione, checché ne possa dire qualche abituale e storico affabulatore della politica cittadina».

Cosa vuole lasciare ai palermitani, invece, al termine della sua esperienza?
«Vorrei restituire normalità alla città. Serve ancora molto lavoro, soprattutto sulle partecipate, che con noi sono tornate in vita. Adesso pretendo da queste la piena funzionalità. Chi le guida e chi ne fa parte non ha più alibi. Da questo momento le aziende, se sbagliano, non saranno più difese».