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Despistaggi via D’Amelio, Di Matteo: “Non fu soltanto strage di mafia”

Di Carmela Marino |

PALERMO – «Non credo che la strage di via D’Amelio sia solo di mafia». L’ha detto, deponendo nel processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio, l’ex pm Nino Di Matteo che fece parte del pool che indagò sull’attentato. Di Matteo, ora componente del Csm, ha aggiunto: “Il depistaggio cominciò con la scomparsa dell’agenda rossa” di Borsellino. «E le indagini sul diario del magistrato – ha rivendicato Di Matteo – partirono già il 20 luglio del 1992, il giorno dopo l’attentato». 

«E’ chiaro che l’agenda rossa di Paolo Borsellino è sparita e non può essere sparita per mano di Graviano. Il mio impegno era finalizzato a capire per mano di chi fosse sparita. Abbiamo fatto il possibile per accertarlo, anche scontrandoci con reticenze bestiali sulla presenza di esponenti delle istituzioni nel luogo dell’attentato. Da qui sarei voluto ripartire per tante altre cose». 

Di Matteo ha poi parlato dell’ex pentito Vincenzo Scarantino: «Ebbi il sospetto che l’inverosimile progressione nelle dichiarazioni di Scarantino fosse dovuta alla sua intenzione di essere smentito. Era un collaboratore problematico, la cui attendibilità non era scontata e l’attività di intercettazione che iniziammo era dovuta proprio all’esigenza di capire se poteva essere oggetto di pressioni e contaminazioni visto che aveva accusato un parente».  “Vorrei far presente, però, che la vicenda Scarantino era un tassello di una attività molto più complessa che riguardava le indagini su Bruno Contrada, quelle successive su Dell’Utri e Berlusconi. Tutte cose che poi hanno pesato e pesano sulla mia vita anche familiare», ha aggiunto. “Noi Scarantino lo abbiamo usato in pochissime cose – ha concluso -. I dubbi c’erano, si dibatteva, anche a prescindere dalla nota della Boccassini. Lo intercettammo proprio per quello». 

 «Noi su Vincenzo Scarantino abbiamo dato un giudizio di attendibilità assai limitata. Perché nel cosiddetto processo Borsellino ter nemmeno lo abbiamo messo in lista testi e nel processo bis sulla strage nei confronti degli imputati tirati in ballo solo da lui abbiamo chiesto l’assoluzione. Valutazione che fu condivisa dai giudici del primo grado. Poi furono condannati in appello ma lì non so cosa accadde». Imputati di calunnia aggravata i poliziotti Fabrizio Mattei, Mario Bo e Michele Ribaudo, che facevano parte della squadra di investigatori che condusse l’inchiesta. “Cioè noi dicemmo che da un certo punto in poi Scarantino aveva cominciato a inquinare il quadro probatorio”, ha aggiunto “rivendicando” comunque le condanne definitive, oltre 30, ottenute in due processi sulla strage costata la vita al giudice Borsellino e alla scorta. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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