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Paolo Borsellino, ex ministro Martelli: «Chi doveva proteggerlo, non lo fece»

Di Redazione |

PALERMO – «C’è stata una mancata e omessa sorveglianza, tutela e protezione di Paolo Borsellino da parte di chi ne aveva la responsabilità. Parlo di omissione colpevole, se non di qualcosa di peggio. Perché, se le autorità palermitane (prefetto, capo della polizia, dei carabinieri, il procuratore generale) ricevono dal ministro della Giustizia, che allora ero io e da quello degli Interni, Vincenzo Scotti, l’invito perentorio di garantire la massima sicurezza a Borsellino, non si comprende come sia stato possibile che l’auto che conteneva l’esplosivo sia stata lasciata tranquillamente parcheggiare davanti alla casa della madre del giudice dove si recava periodicamente. Avvenne un’inerzia responsabile o qualcosa di peggio?». Lo ha detto Claudio Martelli, ministro della Giustizia all’epoca delle stragi di mafia nel ’92, oggi direttore del giornale Avanti!, a «Casa Minutella», il talk show condotto da Massimo Minutella su BlogSicilia.it. «All’indomani della strage di via D’Amelio – ha ricordato Martelli – mi recai a Palermo, insieme a Scotti e al presidente della commissione antimafia, Gerardo Chiaromonte, dove convocammo un vertice presso la prefettura. Fui protagonista di un litigio furioso contro chi aveva la responsabilità di proteggere Borsellino e non lo fece. Chiesi dimissioni di massa e ottenni, nell’immediato, quella del prefetto e poi alcuni avvicendamenti. Ma anche la sfera giudiziaria doveva pagare il conto, però non accadde».

Martelli ha anche citato Oscar Luigi Scalfaro, allora Capo dello Stato, e Giovanni Conso, ministro della Giustizia dopo di lui: «Non li accuso di essere stati mafiosi o collusi. La mia è un’accusa politica. Cambiarono strategia quando c’era da affrontare Cosa Nostra sul campo, sulla scia dell’ondata di pentimenti e arresti, tra cui quello di Totò Riina, il capo dei capi, avvenuto il 15 gennaio 1993, un mese prima che lasciassi l’incarico e che permise allo Stato di sconfiggere e piegare la mafia. Lo Stato, infatti, non può stare sempre nella difensiva. Questa non è una strategia, così come non lo è accettare la convivenza. Scalfaro e la maggioranza di politici, infatti, sostenevano naturalmente che le stragi fossero orribili ma, al contempo, che anche lo Stato aveva esagerato. I principali partiti, tra l’altro, si dichiararono contrari al cosiddetto decreto Falcone». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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