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Palermo, la bella vita grazie al traffico di droga: confiscato un milione ai Catalano

Redazione La Sicilia

03 Gennaio 2020, 15:47

Palermo, la bella vita grazie al traffico di droga: confiscato un milione ai Catalano

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La Polizia ha confiscato un patrimonio di un milione di euro riconducibile a Tommaso Catalano, palermitano di 58 anni, e al figlio Pietro Catalano, di 37. Il provvedimento è della sezione Misure di prevenzione che ha accolto le proposte del questore di Palermo.  Il provvedimento ha interessato un cospicuo patrimonio, ritenuto frutto e reinvestimento di attività illecite, costituito da 3 appartamenti a Palermo, un immobile a Campofelice di Roccella, di un complesso turistico e residenziale con piscina condominiale, una villa a Trabia in contrada Petruso e un’auto Mercedes Glk 200, tutti intestati a familiari conviventi.

Tommaso e Pietro Catalano sono, secondo la Polizia, soggetti stabilmente inseriti in circuiti criminali dediti alla detenzione ed al traffico di sostanze stupefacenti. I due nel dicembre del 2015 sono stati farmati dai carabinieri su ordine della Dda di Palermo nell’ambito dell’operazione di contrasto al narcotraffico denominata “Panta Rei”,  perché ritenuti gravemente indiziati dei reati di traffico, detenzione e trasporto di sostanze stupefacenti aggravati dall’aver agevolato “cosa nostra”.

Dalle indagini è emerso come i Catalano, padre e figlio, fossero soggetti organici ad una consorteria criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti del tipo hashish e cocaina, in particolare tra la Campania e la Sicilia, per la quale hanno gestito la rete di vendita, il procacciamento della clientela, l'importazione della sostanza stupefacente dalla Campania ed il mantenimento dei contatti con i fornitori. Tutti reati aggravati dall’aver agito al fine di agevolare i clan e in particolare il mandamento di Porta Nuova. Tommaso e Pietro Catalano sono stati condannati rispettivamente alla pena di 6 anni ed 8 anni di reclusione.

Successivamente, nel febbraio del 2017, a Pietro Catalano è stata veniva notificata una nuova ordinanza cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Palermo nell’ambito dell’operazione denominata “Back Again”, a per detenzione, cessione e traffico di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, eroina, hashish e marijuana.

A partire dal 2017, l’Ufficio Misure di Prevenzione della Questura di Palermo ha condotto indagini patrimoniali nei confronti sia di Tommaso Catalano che del figlio Pietro, nonché dei rispettivi nuclei familiari conviventi che hanno consentito di accertare una sproporzione economica tra gli acquisti mobiliari ed immobiliari effettuati dagli stessi e i redditi percepiti, incongruenza, questa, che faceva concretamente presumere l’utilizzo di risorse finanziarie di natura illecita, evidentemente frutto delle lucrose attività criminali legate al traffico di sostanze stupefacenti nell’ambito del quale i Catalano erano diventati punti di riferimento anche rispetto ad analoghe organizzazioni operanti sul territorio campano.

In ordine al contenuto di questo articolo ci ha scritto l'avvocato Avv. Ermanno Zancla che ha dichiarato quanto segue: 

"Egregio Direttore, scrivo nell'interesse dei miei assistiti Catalano Tommaso e Catalano Pietro, in riferimento all'articolo da Voi pubblicato sulla testata on line gds.it in data 3 gennaio 2020, dal titolo "Palermo: la bella vita grazie al traffico di droga" poichè lo stesso, probabilmente ripreso da un comunicato stampa senza aver avuto il tempo di effettuare le necessarie verifiche, contiene delle affermazioni oggettivamente del tutto errate, poichè smentite da recentissimi dati processuali, che hanno modificato in radice le originarie imputazioni., e  di cui l'articolo non tiene incomprensibilmente in nessun conto. 
Ed infatti, per quanto riguarda il procedimento penale c.d. "Panta Rei" sul  quale si sofferma lungamente il Vostro articolo, lo stesso tralascia totalmente la circostanza che la Corte d'Appello di Palermo, Sez. IV, in data 20 settembre 2019, ha assolto i miei assistiti dal reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti ed ha, altresì escluso per entrambi la sussistenza dell'aggravante del "metodo mafioso", ricalcolando, di conseguenza, le pene inflitte.  
E la prova che l'articolo si rifa alle indagini ed al primo grado, "dimenticandosi" del grado di appello, è rappresentata dal fatto che lo stesso riporta fedelmente sia i capi di imputazione che le pene inflitte in primo grado, ormai modificate e superate dalla sentenza d'appello .

In sostanza, qualunque riferimento ad associazioni per delinquere e a collegamenti con associazioni mafiose o soggetti imputati di tali reati sono state escluse dalla sentenza del 20 settembre 2019, i quali sono stati condannati esclusivamente per il reato di cessione di sostanze stupefacenti ex art. 73 DPR 309/1990. Né esistono altri procedimenti a carico dei miei assistiti in relazione a tali reati.

Alla luce di quanto sopra, Vi invito formalmente ad espungere dal Vostro articolo qualunque affermazione o riferimento riferito ai miei assistiti e relativo a reati diversi da quelli di cessione di sostanze stupefacenti, così come cristallizzato nella sentenza sopra esplicitata del 20 settembre 2019.