Notizie Locali


SEZIONI
Catania 14°

Palermo

Il ricordo di Chinnici a Palermo, il giudice ucciso dalla mafia 34 anni fa

Di redazione |

Palermo – “Nessuno di noi ha dimenticato chi ha sacrificato la vita per la lotta alla mafia”. Lo ha detto il generale di corpo d’Armata Tullio Del Sette, comandante generale dell’Arma, che oggi a Palermo ha partecipato alle cerimonie in occasione del 34esimo anniversario della strage di via Pipitone Federico in cui persero la vita il giudice istruttore Rocco Chinnici, i carabinieri di scorta, il maresciallo Mario Trapassi e l’appuntato Salvatore Bartolotta, e il portiere delle stabile Stefano Li Sacchi.

 “La memoria è un valore fondamentale soprattutto per i giovani, che oggi, purtroppo, hanno molti motivi per sentirsi disorientati”, ha affermato Caterina Chinnici, figlia del giudice. Caterina Chinnici, ex magistrato, oggi eurodeputato, insieme al fratello Giovanni ha preso parte alle celebrazioni per ricordare il padre e le altre vittime della strage, i carabinieri della scorta, maresciallo Mario Trapassi e appuntato Salvatore Bartolotta, ed il portiere dello stabile in cui abitava il magistrato, Stefano Li Sacchi. Corone di fiori sono state deposte nel luogo della strage alla loro presenza. 

La giornata di commemorazioni si è aperta stamani sul luogo dell’eccidio con la deposizione delle corone di alloro alla presenza, oltre che dei familiari delle vittime, del generale di Corpo d’armata Luigi Robusto, comandante interregionale carabinieri Culqualber; del generale di brigata Riccardo Galletta, comandante della Legione carabinieri Sicilia; e del colonnello Antonio Di Stasio, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo. 

“Il sacrificio del giudice Rocco Chinnici è ancora oggi un’eredità luminosa e feconda. La mafia colpiva un magistrato integerrimo e coraggioso che aveva capito l’urgenza di un approccio nuovo e unitario alle indagini sulla criminalità organizzata e l’importanza di ricostruire gli intrecci tra potere mafioso, affari e politica”. Lo afferma in una nota Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia. “Capo dell’ufficio istruzione di Palermo, con il suo metodo gettò le basi di quello che sarebbe diventato con Falcone e Borsellino il pool antimafia. Stava stava indagando sugli omicidi politici di Mattarella, Pio La Torre e Carlo Alberto dalla Chiesa e per questo Cosa Nostra decise di fermarlo con un’azione eclatante – aggiunge – . Quella mattina del 29 luglio del 1983 nell’esplosione dell’auto imbottita di tritolo davanti alla sua abitazione persero la vita anche i due uomini della scorta il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta e il portiere dello stabile, Stefano Li Sacchi. Fu il primo attentato stragista contro un magistrato. A distanza di tanti anni – conclude – è doveroso fare memoria del suo esempio e rinnovare l’impegno di tutti a non abbassare la guardia contro le nuove mafie e ogni forma di illegalità e malaffare”. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

Di più su questi argomenti: