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Covid hotel, prima invocati poi snobbati contagiati “isolati”a casa e strutture vuote

Di Daniele Ditta |

Palermo. I posti disponibili ci sono, ma quelli occupati sono pochi. E così, malgrado nelle ultime settimane ci sia stata un’impennata di contagiati, tanto da far piombare la Sicilia in zona rossa, i Covid hotel sono tutt’altro che pieni.

Perché? Le aziende sanitarie locali forniscono diverse spiegazioni. Dice Gaetano Mancuso, direttore sanitario dell’Asp di Agrigento: «Chi non necessita di ricovero ma deve rimanere in isolamento, preferisce farlo presso il proprio domicilio o, in presenza di ambienti inadatti, di trascorrere il periodo di quarantena in una seconda casa, al mare o in campagna». Si tratta di casi abbastanza frequenti in giro per l’Isola. «Inoltre – aggiunge il direttore sanitario dell’Asp di Agrigento – nel nostro territorio abbiamo ultimamente riscontrato la positività di interi cluster familiari asintomatici, motivo per cui restano tutti a casa e non li mandiamo nei Covid hotel». Anche per quest’ultimo motivo, forse, le tre strutture della provincia di Agrigento sono quasi vuote: a Ribera su una capienza di 20 posti letto, fino a venerdì ce n’erano solo 3 occupati; 4 a Sciacca su un totale sempre di 20; addirittura zero a Canicattì nell’ex Ipab “Biagio Corsello” adibita a Covid hotel, che potrebbe contenere fino a 40 positivi.

Ad essere convogliati nei Covid hotel sono soprattutto i positivi clinicamente guariti (senza cioè più sintomi) dopo le cure prestate in ospedale. Che l’Asp quindi, anziché rimandare a casa, “smista” nei Covid hotel per evitare il contagio tra familiari. «L’intervento dell’Asp però – spiega Mancuso – si sostanzia nel momento in cui una persona positiva comunica di non poter fare l’isolamento domiciliare perché la casa in cui vive non ha locali idonei». Ma siamo sicuri che tutti dicano la verità? La domanda resta in sospeso. Anche perché non esiste una reportistica sui controlli nelle abitazioni, che vengono effettuati random e solo sporadicamente.

Lo zero nella casella posti letto occupati, sempre attenendoci ai dati raccolti venerdì dall’assessorato regionale alla Salute tramite le nove Asp siciliane, lo troviamo anche al Covid hotel di Noto (capienza 20 posti), in quello di Piazza Armerina (20 posti) e nel domicilio protetto di Sant’Agata di Militello (22 posti). In provincia di Messina non si superano le due presenze, entrambe nella struttura di Trappitello. Mentre nella città dello Stretto non c’è ancora un Covid hotel, anche se l’Asp a breve dovrebbe mettere sotto contratto una struttura molto ampia: da 90 posti, fa sapere l’assessorato alla Salute.

Catania e Palermo, che dispongono della maggiore capacità (rispettivamente un centinaio e 250 posti), non arrivano a “coprirne” nemmeno la metà. E via cantando pure a Leonforte, Erice, Caltanissetta. Fanno eccezione, la Rsa Covid di Ragusa (nei locali della foresteria dell’ospedale Maria Paternò Arezzo) che contava 14 posti occupati su 20 e la Rsa di Salemi (12 su 15).

Secondo Mario Raspagliesi, responsabile dei Covid hotel per l’Asp di Catania, questi dati «si possono collegare alla curva dei contagi che in questa fase richiede uno sforzo maggiore negli ospedali».

Ma facciamo un passo indietro. I Covid hotel sono nati ad aprile dello scorso anno per dare “respiro” agli ospedali ed evitare che i positivi asintomatici o paucisintomatici, tornando a casa, potessero contagiare altri familiari. La Sicilia, tra le prime regioni d’Italia, si è così messa alla caccia di strutture ricettive idonee. Obiettivo: evitare di ospedalizzare la crisi pandemica. C’era infatti l’esigenza di gestire i rientri dal Nord e dall’estero, ma anche detenuti, migranti o turisti giunti in Sicilia e trovati positivi al Coronavirus. Tra i primi Covid hotel, il San Paolo Palace di Palermo, l’albergo che un tempo fu dei boss Graviano di Brancaccio. Passo dopo passo, si è arrivati ad avere in totale quasi 700 posti e almeno un Covid hotel in ogni provincia dell’Isola. E, per quanto possibile, consentire ad un comparto in crisi – quello turistico ricettivo – di poter attutire le perdite.

Strada facendo però le regole d’ingaggio sono cambiate. L’hotel Ibis di Acireale per due mesi, aprile e maggio 2020, ha detto sì alla proposta dell’Asp di Catania. «Si sono presi l’albergo vuoto per pieno, pagandoci 30 euro al giorno per ogni camera impegnata. Economicamente per noi aveva un senso: possibilità di lavorare e meno dipendenti da mettere in cassa integrazione. A settembre ci hanno richiamato, proponendoci condizioni diverse: ossia di rendere disponibili solo 20 camere su 66. Abbiamo declinato perché non conveniente: pur considerando, infatti, la scarsità di domanda non avremmo potuto vendere altre stanze. Oggi i Covid hotel si sono moltiplicati ma non vengono utilizzati a pieno. Mi domando dove siano i contagiati asintomatici».

La risposta? A casa. In ambienti, si spera, dove sia possibile assicurare il distanziamento.

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