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Raccolta differenziata in Sicilia, pugno duro con i sindaci inadempienti

Di Daniele Ditta |

PALERMO – Chi non fa la raccolta differenziata provoca «un danno erariale per maggiori esborsi per conferimenti in discarica, l’addizionale di legge e minori introiti dovuti ai mancati proventi dei contributi da parte dei consorzi di filiera». L’avvertimento è scritto a chiare lettere nelle decine di diffide – venti per la precisione da inizio anno ad oggi (altre trenta stanno per partire) – che l’Ufficio speciale per la raccolta differenziata ha inviato ai Comuni inadempienti. Che ora ci dovranno pensare due volte prima di fare orecchie da mercante e infischiarsene della differenziata. Sì, perché adesso la strada che l’ufficio diretto dall’ingegnere Salvo Cocina ha deciso d’intraprendere è quella di “toccare il portafoglio” di politici e burocrati che amministrano i Comuni.

Stessa logica che ha ispirato l’esposto del Movimento Cinque Stelle alla Corte dei conti sul “caso Palermo”. L’invito a dedurre (l’equivalente di un avviso di garanzia) della magistratura contabile nei confronti del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, del presidente della Regione, Rosario Crocetta, e dei rispettivi predecessori assieme a burocrati e assessori vari, ha così aperto un precedente che potrebbe espandersi a macchia d’olio in tutta la Sicilia. Ne è convinto anche l’ingegnere Cocina, secondo cui «è giusto che le indagini si allarghino ad altri Comuni. La mancata raccolta differenziata è un malcostume purtroppo ancora diffuso. Un andazzo che si è tollerato per troppo tempo. Adesso è giunto il momento della tolleranza zero e chi ha sbagliato dovrà pagare».

Gli ultimi dati elaborati dall’Ufficio speciale per la raccolta differenziata (che risalgono allo scorso aprile) fissano la quota di rifiuti correttamente separati al 22,8%, segno che l’ormai arcaico sistema incentrato solo sulle discariche è stato finalmente messo in discussione. Siamo però ancora sotto i limiti di legge – quel 65% che la Sicilia avrebbe dovuto raggiungere già nel 2015 – e permangono numerose resistenze. Con casi eclatanti. Come testimonia la diffida notificata al Comune di Melilli (Siracusa). Dove, non solo la differenziata nel 2016 è rimasta sotto il 5%, ma «da sei anni il servizio di gestione dei rifiuti viene affidato temporaneamente in proroga senza soluzione di continuità alla stessa ditta: la Igm». Quello degli affidamenti diretti, assieme alle proroghe e ai bassi livelli di raccolta differenziata, è tra i motivi che fanno scattare le diffide. Ora dirette pure ai segretari generali dei Comuni, cui spettano compiti di vigilanza. «Così facendo – afferma Cocina – un primo effetto lo abbiamo già sortito: nella metà dei casi, dieci su venti, i segretari generali sono intervenuti su sindaci e dirigenti».

L’inosservanza della legge, nella fattispecie del Tuel (il testo unico degli enti locali), è strettamente connessa all’ipotesi di danno erariale da parte degli amministratori. A metterlo nero su bianco, il 31 maggio 2016, è stata la Corte dei conti della Campania con una sentenza nei confronti del Comune di Benevento che fa già giurisprudenza. Confermando, seppur parzialmente, la decisione della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti, il giudice contabile d’appello ha stabilito che «sussiste la responsabilità per danno erariale del sindaco, dell’assessore all’Ambiente e del responsabile del servizio ambiente, derivante dai maggiori costi sostenuti dal Comune per lo smaltimento dei rifiuti presso le discariche, a causa del mancato raggiungimento dei livelli minimi di raccolta differenziata previsti dalla legge». I Comuni, in particolare il sindaco, «sono responsabili per quella parte di danno erariale, causato all’amministrazione di appartenenza, per non aver vigilato, ai sensi degli articoli 50 e 54 del Tuel, sul corretto funzionamento degli uffici e servizi comunali».

Insomma, parafrasando un celebre proverbio, si potrebbe dire: sindaco avvisato mezzo salvato. E dire che fare la differenziata, a conti fatti, conviene a tutti. Le tariffe per il conferimento sono inferiori rispetto a quelle corrisposte alle discariche per abbancare il rifiuto tal quale. In più i Comuni ricicloni a fine hanno ottengono pure le premialità dei cosiddetti consorzi di filiera (Conai, Corepla, Comieco ecc…) in base alle quantità di materiali differenziati. Inoltre, risparmiano anche i cittadini. Invece, secondo Federcosumatori, i siciliani pagano in media 85 euro l’anno in più del resto degli italiani di tassa sui rifiuti, per poi vederseli buttare in discarica. Succede così nelle grandi città: le tre Città metropolitane che, per dimensioni e rifiuti prodotti, potrebbero trainare la differenziata stentano a decollare. I dati come al solito dicono tutto: Catania (9,1%), Messina (12,3%), Palermo (14,8%).COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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