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Catania, l’ombra delle infiltrazioni mafiose

Catania, l’ombra delle infiltrazioni mafiose al Consiglio comunale: ecco i “sospettati”

Nel giorno della Commissione nazionale antimafia escono i nomi

Di Redazione |

CATANIA – «Esiste un problema di responsabilità politica ed etica a carico di alcuni soggetti presenti in due assemblee elettive di Catania. la Commissione ha accertato che nel caso di tre delle cinque persone indicate, l’ipotesi formulata dalla segnalazione ha trovato riscontro: si tratta di due eletti al Consiglio comunale e di un eletto ad una Circoscrizione, sulle cui identità la Commissione ha deciso di mantenere il riserbo, avendo come previsto per legge trasmesso la relazione alla commissione nazionale Antimafia». Queste parole scritte nella relazione della commissione regionale Antimafia inviata al presidente dell’Ars prima, alla commissione nazionale Antimafia e alla Procura etnea poi, avevano gettato l’ombra delle infiltrazione mafiose nel Consiglio comunale di Catania. Ma l’ombra adesso diventa sempre più una vera e propria “presenza”, visto che proprio nel giorno in cui a Roma la Commissione nazionale Antimafia si riunisce per affrontare in caso Catania, filtrano i nomi dei consiglieri “sospettati”, subito rilanciati su diversi siti d’informazione regionale.     La relazione della commissione regionale presieduta da Nello Musumeci punta l’indice contro i consiglieri comunali Riccardo Pellegrino (Pdl) ed Erika Marko (Megafono) e contro il consigliere di circoscrizione Lorenzo Leone (Articolo 4).     Secondo quanto scritto nella relazione, Riccardo Pellegrino è il fratello di quel Gaetano Pellegrino, detto “u funciutu” arrestato dopo un periodo di latitanza nell’ambito dell’operazione “Ippocampo” dell’estate 2014. Secondo quell’indagine, Gaetano Pellegrino è uno degli uomini di fiducia di Nuccio Mazzei, capo del clan mafioso dei Carcagnusi. La relazione sottolinea però che la parentela non era stata segnalata nell’autocertificazione firmata dal consigliere del Pdl al momento della candidatura, in quanto le elezioni si sono tenute circa un anno prima l’operazione antimafia.      Nel caso di Erika Marko, la commissione ha indagato sulle parentele della consigliera scoprendo che il padre Fabio Marco è stato indagato nel processo per le mazzette nell’appalto per il nuovo ospedale Garibaldi (processo che portò alla luce anche infiltrazioni mafiose), ma il reato cadde in prescrizione. L’inchiesta dell’Antimafia ha scoperto anche che al padre di Erika Marco fa riferimento anche la società Icomit srl, amministrata lo zio della consigliera, Francesco Marco, e di cui è socia Anna Gulisano, moglie di Saro Pantellaro, dipendente società Multiservizi e fratello di Giovanni Pantellaro, collaboratore di giustizia del clan Cappello.     Il terzo caso riguarda invece un rappresentate di quartiere, Lorenzo Leone, presidente della sesta municipalità Librino-San Giorgio-Zia Lisa, San Giuseppe la Rena. La commissione ha accertato che Leone è fratello di quel Gaetano Leone, coinvolto nel 2001 nel blitz antimafia Arcipelago. Gaetano Leone è stato poi condannato con l’accusa di essere l’esattore del pizzo del clan Santapaola proprio nel quartiere di Librino. Il fratello del consigliere nel 2007 fu condannato in primo grado a 14 anni di reclusione, condanna ridotta di un anno in Appello. Sebbene «il casellario giudiziale del fratello evidenzi numerosissimi procedimenti penali», Leone non ha denunciato le sue “parentele mafiose” al momento della presentazione della sua candidatura.     Nelle lettera anonima che aveva segnalato i nomi alla commissione c’erano scritti anche i nomi di altri due politici catanesi sui quali la commissione diceva di non potere «formulare analogo giudizio, pur rilevando che una più penetrante attività investigativa potrà meglio verificare la sussistenza di profili di responsabilità anche in questi casi». Si tratta di Salvatore Giuffrida (Tutti per Catania) e di Salvatore Spataro (Primavera per Catania) che hanno raccolto il maggior numero di preferenze rispettivamente nei quartieri di Monte Po e di Librino.  

Bianco: «Perplesso per modalità indagine»

ROMA – «Io non conosco la relazione della Commissione regionale antimafia, non mi è stata fatta avere e sviluppare il dibattito su qualcosa che non si conosce non appartiene all’essenza della democrazia, ci possono andare di mezzo mafiosi ma anche persone perbene che non possono essere accomunate ad una versione in cui tutti alla fine risultano essere grigi. Prego questa Commissione parlamentare antimafia e anche la magistratura inquirente di fare massima e piena luce su questa vicenda». Così Enzo Bianco, sindaco di Catania, davanti alla Commissione parlamentare antimafia, sulla istruttoria redatta dalla Commissione regionale Antimafia sul Comune di Catania.     «Lei non ritiene che data questa situazione grave e pesante non siano opportune le sue dimissioni? » ha chiesto a Bianco in commissione il deputato Cinque Stelle Riccardo Nuti.     Ribadendo di non essere a conoscenza delle carte della Commissione, Bianco ha proseguito dicendo avere il «diritto di sapere chi sono i consiglieri comunali che ho di fronte. Sia che i fatti abbiano rilevanza penale o morale, io ho il diritto di saperlo. Chiedo che la magistratura catanese e la Commissione parlamentare antimafia facciano il massimo di approfondimento su questa vicenda. Trovo che le modalità con cui si è proceduto da parte della Commissione regionale antimafia, lascino un po’ perplessi: qualche volta si parla di otto persone, a volte di due, non si gioca così sui numeri e questa è anche l’opinione della magistratura catanese. Chiedo che sia fatta piena luce su questa vicenda. Quando sarà fatta piena luce – ha concluso – potrò dire come intendiamo procedere».    

Fava chiede a prefettura una commissione d’accesso

Il vicepresidente della Commissione antimafia Claudio Fava ha chiesto ulteriori indagini sui “sospettati”: «Se fratelli e sodali di noti mafiosi possono sedere impunemente nel consiglio comunale di Catania, distribuiti tra banchi di opposizione o di maggioranza, vuol dire che in quel consiglio e sull’attuale amministrazione c’è il rischio concreto di un condizionamento criminale. Chiederò alla prefettura di Catania di valutare l’opportunità e l’urgenza di affidare a una Commissione d’accesso i necessari atti ispettivi».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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