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Giuseppe Castiglione, l’angelo di Angelino che ha deciso di restare in panchina

Di Mario Barresi |

Dopo la mozione degli affetti passata («a maggioranza, ma non all’unanimità») in consiglio di famiglia, ieri il coming out pubblico: «Ho deciso di non candidarmi alle Politiche». La lista di destinazione – la Civica popolare di Beatrice Lorenzin – non lo convince più di tanto. «Quando ci riunimmo al Tempio di Adriano c’era un progetto ambizioso di unire tutti i moderati e i popolari. Quel progetto, oggi, è diventata un’altra cosa». E se la quasi-margherita petalosa della ministra della Salute sembra già sfiorita, c’è un prodromo nella scissione atomica di Ncd: «Parlammo di due coerenze: valorizzare l’esperienza dei governi Letta, Renzi e Gentiloni, che hanno salvato l’Italia, e tornare alla casa madre del centrodestra». Entrambe «istanze giuste e legittime». Ma si tratta di «due coerenze che sono diventate due debolezze», argomenta Castiglione. Perché «la scelta di dividerci ci ha indeboliti sia col Pd, sia nel centrodestra, dove i centristi sono marginali rispetto a sovraniste e populisti». Una rabbia che aumenta nel constatare che «noi lasciamo il campo libero proprio quando Renzi onora a Caltagirone l’Appello ai liberi e forti di Sturzo e Berlusconi, in asse con Tajani, rassicura l’Europa su un futuro governo nel solco del Ppe, scacciando l’incubo fatto aleggiare da Salvini, oltre che da Di Maio, sullo sforamente del 3% sul deficit-Pil». Uno scenario di «populismo imperante» in cui Castiglione, in attesa della «naturale riscossa del popolarismo», non si ritrova più.

Ma non è che alla fine – come sussurrano i maligni – la scelta è fondata sul fatto che non c’era più posto per lui? Con i sondaggi che danno il centrosinistra perdente in tutti i collegi uninominali siciliani e il partitino di Lorenzin al proporzionale con numeri da prefisso telefonico, neanche per il leader siciliano degli orfani di Angelino Alfano c’è poi tanto spazio. Ma lui smentisce: «Uno strapuntino, se l’avessi voluto, l’avrei trovato senza problemi. Magari con un seggio sicuro lontano dalla Sicilia. Ma non avrebbe avuto senso, così come non ha senso Epifani catapultato da noi. Anche per questo ho preso questa decisione. Sofferta. Ma, ritengo, anche coraggiosa».

Castiglione si ferma ai box. Niente 6×3; né comizi; né telefonate dalla segreteria; né incontri al bar Kennedy; né riunioni con gli agricoltori e i medici. Castiglione appende il volantino elettorale al chiodo. Ed è la prima volta, da quando nel 1989 entrò nel consiglio comunale di Bronte. Quando scendeva in città per le riunioni del movimento giovanile, i baby-dc metropolitani lo chiamavano «il genero del deputato di Urso». Ma poi lui, anche con l’aiuto del suocero Pino Firrarello (esploso nel ventre della Balena Bianca e poi diventato il viceré orientale di Berlusconi in Sicilia) mise la freccia e salutò tutti. Una carriera folgorante: deputato e assessore regionale, presidente della Provincia e europarlamentare, coordinatore regionale di Forza Italia e Pdl fino all’elezione in Parlamento in asse con Alfano.

Gli manca, Angelino. «Era l’unico leader che poteva dare un’anima al progetto dei moderati e dei popolari uniti, con autorevolezza e visione strategica», ammette Castiglione. Gli è mancato, Angelino. Forse anche all’ombra di liste senza posto al sole. Lui ministro di tutto, il suo delfino brontese sottosegretario-highlander all’Agricoltura con Letta, Renzi e Gentiloni. In mezzo al Cav (celebre il fuorionda dell’«assai siamo, siamo assai» di Castiglione all’epoca dello strappo degli alfaniani) e la navigazione a vista nel piccolo e lussuoso yacht di Ncd. Anche in mezzo alla tempesta giudiziaria: il sottosegretario è a processo per turbativa d’asta e voto di scambio nell’inchiesta sul Cara di Mineo. «Un’amarezza per me, la mia famiglia e tutti quelli che conoscono il mio impegno sul fronte della solidarietà. Ma il tempo mi darà ragione».

Castiglione va in panchina. O magari in tribuna vip. «Mi dedicherò alle start up agricole e alla dimensione mediterranea della Sicilia». Supercazzole di un leone in gabbia? Non è dato saperlo. Così come resta con i puntini di sospensione una suggestione. La prossima. L’elezione del sindaco di Catania. Non è che – complici i recenti e frequenti avvistamenti di “Mr 32mila voti”, alias Luca Sammartino nei pressi della segreteria del ras alfaniano – gatta ci cova? «Con Luca ho un ottimo rapporto, così come con Enzo Bianco», depista Castiglione. Che, infine, confessa: «Non scendo in campo alle Politiche, ma non mi dimetto dalla politica». Ergo: «Ho deciso di non candidarmi. Per ora…».

Twitter: @MarioBarresi

CHI È

Nato a Bronte il 5 ottobre 1963, fu giovanissimo consigliere comunale fra il 1989 e il 1992. Nel 1996 viene eletto all’Ars con il Cdu di Buttiglione, poi aderisce all’Udeur e a Forza Italia, svolgendo il ruolo di assessore regionale all’Industria e all’Agricoltura, oltre che di vice presidente. Eletto a eurodeputato nel 2004, diventa anche presidente della Provincia di Catania nel 2008. Nel 2012 eletto alla Camera, è sottosegretario all’Agricoltura seguendo Alfano in Ncd

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