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Gli effetti speciali che servono alla città

Gli effetti speciali che servono alla città

Di Antonello Piraneo |

Gli effetti speciali, celebrati con la conquista di un Oscar tra i più ambiti, sono una parte importante nella realizzazione di un film. Ne cambiano i connotati, lo rendono diverso. Fanno sognare. Gli effetti speciali sono una parte importante anche della vita politico-amministrativa di una città. Ridestano attenzione, aiutano a fare squadra.

E fanno sognare, soprattutto. E in questo Enzo Bianco è un po’ come Carlo Rambaldi, il compianto papà di “Et” che di Oscar ne vinse tre. Ieri, da padrone di casa, ha messo insieme le istituzioni e selezionati protagonisti della vita di una città, stakeholders si dice oggi, per un report dai toni inevitabilmente autocelebrativi (saltato a piè pari per esempio il nodo Gioeni), essendo stato fissato al 14 maggio il confronto diretto e “aperto” con la città. Ma al di là di tutto e a prescindere da come si giudichino i 34 mesi di attività della Giunta Bianco, è stato un momento di sintesi, utile per avere un quadro sistemico della fase storica che vive Catania.

Utile intanto per capire e sapere (sempre che si voglia capire e sapere) e poi per raccontare, spiegare, contestare. Slide, filmati, videomessaggi. Sotto l’egida del Comune un “ciaone” rivolto a quanti vedono una città ormai finita, al capolinea. Una botta di ottimismo. Occorre anche questo per andare avanti, se si vuole costruire e progettare una città diversa, maggiormente infrastrutturata, economicamente più solida, liberata dalla mafia, solidale e competitiva, vivace e attraente. Viva.

Certo, bisogna restare con i piedi ben piantati per terra, guardare la città non con Google Maps ma con i propri occhi. Il film allora perde forza, dal 3D si passa a un technicolor sbiadito. Ma riavvolgendo il nastro, laicamente, non bisogna dimenticarsi degli altri film, tra Romanzo Criminale e la commedia all’italiana, cui hanno assistito i catanesi in un passato più o meno recente. Anche per questo servono gli effetti speciali, come quelli visti ieri nel Centro direzionale San Leone, complesso che plasticamente può essere un simbolo: progettato nel 1999 da una precedente Giunta Bianco, inaugurato 17 anni dopo da quest’altra Giunta Bianco.

Per molte delle cose dette e viste ieri non si può aspettare lo stesso numero di anni. L’obiettivo temporale deve essere enormemente più breve per esempio per l’allungamento della metropolitana, per il risanamento di San Berillo, per la cittadella giudiziaria al viale Africa e per quella della polizia a Librino, ma anche per ridare decoro a tanti pezzi di città. Solo il risanamento dei conti – ahinoi – può ammettere parentesi ampie. Il resto no. Catania non ce la farebbe. Una scommessa non facile, anche perché la città è sfilacciata, disincantata. Fatica a proporre – anche per deficit recettivi dell’Amministrazione – e preferisce il piagnisteo. Meglio: una grossa parte chiagne e fotte.

Questa scommessa non è, non deve essere soltanto di Bianco e delle sue ambizioni, fossero anche proiettate verso Palazzo d’Orleans. Deve essere di tutti, un po’ come sintetizzato dai rappresentanti istitituzionali intervenuti ieri, in testa il prefetto. Gli effetti speciali, allora, devono essere quelli di un lavoro comune. Ciak si gira. Forse. Si spera.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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