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M5S espugna anche i paesi dei boss

Di Redazione |

Palermo – I candidati del movimento Cinque stelle vincono anche nei paesi e nelle borgate della Sicilia dove una volta la mafia governava i flussi elettorali. Il dato è omogeneo: da Corleone a Castelvetrano, ai quartieri palermitani di Brancaccio e Ciaculli, l’affermazione del movimento è sospinta da una valanga di voti. Il caso più emblematico è quello di Piera Aiello, testimone di giustizia e candidata “senza volto” nel collegio uninominale di Marsala. Nel feudo di Matteo Messina Denaro, l’ultimo grande latitante di Cosa nostra, non ha potuto né mostrare la faccia né avere con gli elettori incontri ravvicinati. Ma nell’anonimato ha ugualmente stravinto con il 51,2 per cento: 20 punti in più di Tiziana Pugliese di Forza Italia mentre l’uscente Pamela Orrù del centro sinistra si è fermata al 13,5. Più che il volto Piera Aiello ha messo però in campo la sua storia. Sposata a 18 anni con il rampollo di una famiglia mafiosa, si è decisa a denunciare traffici e delitti di Cosa nostra dopo l’uccisione del suocero seguita, sei anni più tardi, da quella del marito Nicola Accardo. Segnata dal dolore e con una figlia di tre anni, nel 1991 condivise con la cognata Rita Atria la scelta di collaborare con la giustizia. L’interlocutore era Paolo Borsellino, lo «zio Paolo», con il quale le due ragazze stabilirono un rapporto umano così coinvolgente che Rita si suicidò dopo l’attentato di via D’Amelio in cui Borsellino venne massacrato.

Anche quella che un tempo veniva definita la «capitale della mafia» ha premiato i Cinque stelle. A Corleone, regno di Totò Riina e Bernardo Provenzano, dove la Dc di Vito Ciancimino faceva il pieno di voti con la breve stagione di un sindaco di sinistra, Pippo Cipriani. Ora è il movimento di Grillo a dominare la scena politica nel paese che ha esportato la mafia nel mondo. Nel collegio uninominale della Camera il farmacista Giuseppe Chiazzese, fondatore del circolo pentastellato ma senza storia politica alle spalle, ha raccolto il 56,7% delle preferenze e ha staccato di 16 punti l’ex ministro Saverio Romano candidato di centro destra fermo al 30 per cento. Solo l’8,3% per il candidato di centro sinistra Salvo Lo Giudice e appena il 2,1 per Serafino La Corte di Liberi e Uguali.

«In questo voto la mafia sicuramente non c’entra» assicura Dino Paternostro responsabile della legalità della Cgil di Palermo e per anni segretario della camera del lavoro di Corleone. Per lui la mafia è rimasta a guardare. E anche il centro sinistra ha esibito le sue debolezze non solo a Corleone ma anche negli altri paesi del collegio, come San Giuseppe Jato, dove Cosa nostra ha sempre dettato legge.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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