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Partigiani Dem all’attacco: «Dopo Renzi si dimetta la classe dirigente del partito in Sicilia»

Di Redazione |

«Non ci convince il passo indietro di Renzi. Non vorremmo che facesse come D’Alema. Crediamo che ieri sia prevalsa una voglia di rivalsa che è pericolosa per il partito. Ai caminetti ci rinunciamo anche noi. Ma pensiamo che tutti dobbiamo rimboccarci le maniche per rifondare il Pd».

Lo ha detto Antonio Rubino, il leader dei Partigiani Dem, il gruppo nato all’interno del Pd siciliano e critico nei confronti dei vertici del partito, commentando le dimissioni annunciate da Matteo Renzi da segretario del Pd.

«A chi ha abbandonato il partito in questi mesi – prosegue – dico di tornare a casa. Le responsabilità politiche sono in primis del segretario nazionale e di chi lo ha rappresentato in Sicilia. Dentro le dimissioni di Renzi cogliamo un’ammissione di responsabilità della dirigenza. E su questo siamo d’accordo».

«Siamo stati chiamati – conclude Rubino – a svolgere una funzione: l’opposizione. Adesso sarà il presidente della Repubblica a scegliere cosa fare. La cosa certa è che noi dobbiamo fare opposizione. Faremmo un danno al Paese se pensassimo di capovolgere il risultato delle elezioni, tanto a Roma quanto in Sicilia. Serve un’opposizione a una politica di destra consociativa che ricorda gli anni del cuffarismo che sta prendendo piede in Sicilia».

I partigiani Dem non hanno risparmiato nemmeno Leoluca Orlando: «Sul tema Orlando, dico una cosa molto semplice: penso che la scelta del sindaco di iscriversi al Pd è un arricchimento del partito. Il problema non è una scelta ma la modalità. Io gli chiedo di mettersi a disposizione – prosegue – e di essere a disposizione di tutta la comunità del Pd e non di una parte. Chiedo a lui di dare una mano, di aiutare questa classe dirigente a diventare la guida del Pd di domani».

Poi l’affondo ai vertici del partito: «Perdiamo rispetto alle regionali quasi dieci punti percentuali. Mi sembra che quel modello politico non ha funzionato, ha determinato uno scollamento con il popolo del Pd. Gli elettori ci hanno giudicato non votandoci. Siamo diventati un soggetto politico indistinto Non siamo più il punto di riferimento della società. Non abbiamo più – prosegue – un mercato sociale al quale rivolgerci. Non siamo stati né di destra, né di centro, né di sinistra. Per voler parlare a tutti, non abbiamo parlato a nessuno. Questa strada può portare verso la fine del Pd. Pensiamo – conclude – che tutta la classe dirigente debba rimettere il mandato e consentire una rinascita dal basso del partito. Parlo dei segretari regionale e provinciali. Dobbiamo evitare nuove guerre. Occorre una nuova fase costituente del Pd».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA