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Dalle urne lezione per il centrodestra: unito può arginare l’onda gialla

Di Mario Barresi |

CATANIA – Il messaggio è abbastanza chiaro: laddove il centrodestra si presenta unito, in Sicilia riesce ad arginare l’onda gialla. È chiaro che il voto delle Amministrative ha dinamiche molto diverse da quello delle Politiche, ma – nella lunga maratona notturna dello spoglio – una delle poche tendenze che emergono è la tenuta della coalizione che sostiene il governo di Nello Musumeci alla Regione, soprattutto nei comuni in cui la coalizione è riuscita a ridurre al minimo le spaccature.

Non a caso, giusto per fare l’esempio più chiaro, Salvo Pogliese vola verso Palazzo degli Elefanti grazie a un accordo di tutte le forze del centrodestra. L’eurodeputato fa parte dell’ala di Forza Italia da sempre più lealista nei confronti di Musumeci. Fu proprio Pogliese a rompere il silenzio, ma anche il fronte dei favorevoli a una candidatura di Gaetano Armao a governatore, spostando l’asse forzista verso Musumeci. Oltre a portare all’incasso questo precedente (seppur senza che il governatore si sia sbracciato in campagna elettorale), il nuovo sindaco di Catania è riuscito a fiutare il nuovo vento leghista. Riconoscendo spazio e visibilità al Carroccio, ma anche mettendo d’accordo lombardiani, Udc e Fratelli d’Italia.

Lo stesso, seppur con qualche smagliatura, sono riusciti a fare Paolo Reale a Siracusa e Dino Bramanti a Messina. Entrambi in pole position. Con i rimpianti paralleli di non essere riusciti a imbarcare, per motivi diversi, Fabio Granata e Ciccio Midolo da una parte, e Cateno De Luca, Pippo Trischitta ed Emilia Barrile da un’altra. Per la stessa ragione il centrodestra polverizzato concede più spazio al candidato grillino Antonio Tringali (a Ragusa) e del centrosinistra “allargato” Giacomo Tranchida (a Trapani).

Il tipo di legge elettorale che premia l’effetto-trascinamento dei candidati al consiglio, misto all’ostinazione di correre sempre e comunque con l’unica lista d’ordinanza, ha penalizzato il Movimento 5Stelle. Che nella è avanti nella sua Ragusa con Antonio Tringali, va bene a a Messina con Gaetano Sciacca e benino a Catania con Giovanni Grasso. Ma non sfonda con la carneade Silvia Russoniello nella “Stalingrado gialla”, quella Siracusa che alle Politiche riservò oltre il 55%, e non decolla neanche a Trapani, altra zona ad altro tasso grillino, con Giuseppe Mazzonello.

Del resto, il M5S – forse sondaggi alla mano, o magari soltanto respirando l’aria che tirava in campagna elettorale – sembrava che avesse “selezionato” alcune città sulle quali puntare. Le tappe dell’ultimo tour elettorale, domenica scorsa, sono state tutt’altro che casuali. Il capo politico è stato a Ragusa, ovviamente, dove c’era la fondata speranza di evitare l’onta della sconfitta al primo turno nella seconda città d’Italia amministrata dal movimento dopo la “primizia” di Parma. Ma anche Messina, dove dopo i cinque anni di sindacatura di Renato Accorinti, i 5stelle hanno puntato su un candidato «il meno grillino possibile» (parole di un big regionale) per fornire una scelta di cambiamento, ma con un profilo rassicurante: Sciacca, ex capo del Genio civile. Scelta sostenuta della capogruppo dell’Ars, Valentina Zafarana. E anche Catania, dove Grasso all’inizio non entusiasmava una parte di attivisti, alla fine l’investimento dei vertici, al netto della valanga-Pogliese, è stata in parte premiata.

Il grande sconfitto delle Amministrative 2018, almeno nel “tabellone” delle grandi città, è il Pd. Perde, nascondendo il simbolo, il comune più importante, Catania, in cui l’uscente Enzo Bianco (fra i fondatori del partito, amico personale di Gentiloni) viene travolto dall’uragano di centrodestra. Certo, vince, con la stessa formula di civismo (allargato a esponenti del centrodestra) a Trapani con Tranchida. Ma viene affossato a Ragusa, dove Peppe Calabrese, segretario cittadino dem, paga anche la spaccatura con l’ala sinistra del partito e della coalizione. E, seppur con dati ancora molto parziali, il Pd potrebbe perdere anche Siracusa. Dopo il forfait del sindaco uscente Giancarlo Garozzo, il suo vice Francesco Italia (senza la “griffe” dem) e Fabio Moschella (con il simbolo) si sono danneggiati a vicenda.  Reale è sul filo della vittoria al primo turno, soltanto il ballottaggio (e un’eventuale alleanza) potrebbe rimettere in gioco il Pd assieme a tutto il centrosinistra.

Appunti disordinati di viaggio, che finiscono anche sul tavolo di Palazzo d’Orléans. Dove, piuttosto che a scenari gialloverdi, per adesso si pensa a chiudere tutto il centrodestra in uno spogliatoio. In attesa di capire i numeri della Lega, per ora la certezza è che il M5S resta un’avversario. Che si può anche sconfiggere. Anche se è a Roma al governo.

Twitter: @MarioBarresi

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