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“Cosa blu”, in Sicilia stuzzica l’idea di super partito alleato con Salvini

Di Mario Barresi |

Catania – Per affinità elettive. O magari per finalità elettorali. Ma, al di là dei macchiavellismi, l’idea è già un percorso politico. Con un obiettivo ambizioso: «Creare un partito che in Sicilia abbia lo stesso consenso della Lega su scala nazionale». E, come effetto collaterale non trascurabile, «la stessa proporzione di grandezza nel rapporto con Forza Italia nel centrodestra».

Non è più una suggestione sussurrata alla buvette di Sala d’Ercole, giammai un sogno di una notte di mezza estate. Il cantiere del super partito sicilianista è già realtà. Un’aggregazione che «dovrà unire i movimenti locali, partendo dal centrodestra, ma andando anche oltre». Per pescare, ad esempio, «nel meglio delle esperienze civiche sui territori».

C’è il perimetro iniziale delle alleanze: da DiventeràBellissima agli Autonomisti e Popolari, convogliando altri pezzi di centristi a rischio estinzione e qualche forzista in crisi d’identità. Con un dialogo privilegiato da intraprendere con alcuni sindaci: dal messinese Cateno De Luca all’agrigentino Lillo Firetto, con i punti fermi dei musumeciani di Caltagirone (Gino Ioppolo) e Piazza Amerina (Nino Cammarata), ma con una lista in continuo aggiornamento. Fra i soggetti interessati c’è il movimento Siciliani Liberi, al quale – dopo l’addio del candidato governatore Roberto La Rosa – s’è avvicinato l’ex assessore regionale Giovanni Pizzo, che parla di «pezzi di un mosaico siciliano da comporre» e intanto porterebbe in dote un gruppo sull’asse Palermo-Catania che potrebbe coinvolgere la deputata dell’Ars, Marianna Caronia. E non soltanto lei. A debita distanza, osservatori privilegiati potrebbero essere anche alcuni renziani perplessi, a partire da quelli di Totò Cardinale.

Ma nella politica d’oggi senza leader non si canta messa. Qui c’è già: Nello Musumeci. Rafforzato dall’endorsement di Raffaele Lombardo, «l’autonomista pensionato» che a LiveSicilia ha ammesso: «Ha conquistato un ruolo importantissimo, la presidenza della Regione. Potrebbe essere lui l’uomo giusto per guidare i sicilianisti». Ovviamente il diretto interessato, in pubblico, non si scompone più di tanto: «Non mi devo più ricandidare da nessuna parte. Al massimo, se volete, farò il commissario tecnico», dice agli alleati che lo lusingano. Ma gli uomini del presidente, nel frattempo, lavorano con felpata alacrità. Perché l’obiettivo, prima ancora che elettorale, è politico. «Con il super partito rafforziamo Nello a Roma e a Palermo». Blindandolo dai «capricci forzisti all’Ars» e «aumentando il suo potere contrattuale col governo nazionale». Poi sarà Musumeci a scegliere se fare il padre nobile o il capo politico. Una prima prova di leadership sarà la battaglia «in difesa dello Statuto e dei siciliani» dopo la bocciatura della legge sulle ex Provincie da parte della Consulta. Dibattito all’Ars, aggregazione trasversale di forze. E la prospettiva, sempre meno sussurrata, di accoppiare la strategia legale (il ricorso alla Corte di Giustizia Ue) a quella politica. Con la provocatoria chiamata dei siciliani alle urne, già smozzicata dallo stesso Musumeci a La Sicilia sabato scorso, per un referendum sull’Autonomia.

Non c’è ancora il nome della “Cosa blu” sicilianista. Anche se un vecchio lupo di Palazzo dei Normanni ironizza: «Non si chiamerà DiventeràBellissima, perché la nostra Sicilia è già bellissima». Ma lo snodo cruciale è il posizionamento. Quando Musumeci parla di «un soggetto politico con dignità nazionale che possa inserirsi nel quadro di scomposizione e ricomposizione del centrodestra» immagina, ultimi sondaggi alla mano, un rapporto intimo con la Lega. Che avrebbe la convenienza a costo zero di un’alleanza a livello locale, sul modello già sperimentato con il Partito sardo d’azione. Senza dover imbarcare classe dirigente borderline in una rischiosa campagna acquisti che il proconsole salviniano in Sicilia, Stefano Candiani, gestisce con parsimonia: «Abbiamo il consenso d’opinione, non ci servono i portatori di voti», va ripetendo ai pressanti corteggiatori. Anche per queste ragioni sarà soltanto uno il deputato che si aggiungerà a Tony Rizzotto, attuale particella di sodio leghista all’Ars, giusto per la soddisfazione di formare un gruppo (con la stessa deroga concessa a Sicilia Futura) e incassare, in autunno, il primo assessore regionale.

Il super partito sicilianista federato alla Lega già alle Europee con un paio di candidati per misurarsi? È lo scenario più probabile. Ma non l’unico. Anche perché c’è chi – come il vicepresidente dell’Ars, l’autonomista Roberto Di Mauro – nutre più di un dubbio «sull’alleanza con chi nei primi mesi di governo è stato logorroico su immigrati e sicurezza, senza mai dire una parola sul Sud». Certo, la “scuola Lombardo” prevede l’opzione di trattare last minute le migliori condizioni con tutti. Ma oggi chi c’è oltre Salvini? Le altre divergenze, già emerse nei primi caminetti, sono sul rapporto con il M5S. C’è chi – come l’assessore Ruggero Razza – sostiene che il nuovo soggetto, oltre a un fil vert con la Lega, deve intrecciarne uno giallo coi grillini. A Palermo, anche per beneficiarne a Roma. Da altri versanti, però, arriva il niet: «Con i demagoghi del finto socialismo reale nessun rapporto».

Ma ora, per dirimere questa e altre questioni, ci sarà un’estate di riflessione. Seguirà un autunno di sperimentazione, a partire da Sala d’Ercole. E poi un inverno d’azione: simbolo e leader, convention e tesseramento. La primavera 2019, con il voto per Bruxelles, sembra ancora lontana. Ma, per il super partito sicilianista, è già quasi sbocciata.

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