Forza Italia, il dopo Berlusconi resta un rebus tra leadership e conti
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Scomparso Silvio Berlusconi, non è un compito facile quello che spetta ad Antonio Tajani nei prossimi giorni. Il partito, big e peones, è ancora sotto choc e la tensione è palpabile. Bisogna ripartire, almeno provarci, perché le casse azzurre sono sempre in passivo (i cinque figli del Cav hanno ereditato i 90 milioni di crediti che il padre vantava verso la sua creatura politica dopo anni di versamenti di tasca propria garantiti da fideiussioni bancarie) e ogni mese il partito, secondo alcuni rumors, costerebbe oltre 200mila euro (solo l’affitto della sede nazionale in via in Lucina pesa per undicimila euro ogni 30 giorni).
Il coordinatore nazionale viene considerato l’uomo giusto in questo momento per ripartire. Lo pensano un pò tutti, anche perché la "mission" si annuncia "impossible".
In tanti l’hanno soprannominato non a caso il traghettatore. Lo pensa innanzitutto la vecchia guardia, dall’ex ideologo Giuliano Urbani a Claudio Scajola («Antonio ha l’equilibrio per portare Fi a un nuovo approdo politio»), da Cesare Previti ('«In questo momento è la persona più giusta») a Mario Valducci, uno dei cinque soci fondatori del partito, che all’Adnkronos propone di dare all’ex premier la “presidenza onoraria” e dice: «Tajani va a benissimo come traghettatore ma la scelta del capo politico di Fi deve passare da un processo democratico».
Nell’immediato c'è il problema, infatti, di chi dovrà guidare Fi, orfano di Silvio. Statuto alla mano, ex articolo 19, per eleggere il conducator bisognerà celebrare un Congresso nazionale (fino ad ora se ne contano solo due) e in attesa della convocazione del massimo organismo direttivo, servirà un altro passaggio: indire il Consiglio nazionale, previa riunione del Comitato di presidenza. Una procedura che si preannuncia lunga e complessa e rischia di andare alle calende greche, oltre le europee.
Da qui l’esigenza di accelerare i tempi, anche per dare un segnale forte di vitalità e mettere sordina a tensioni correntizie, cercando di indicare subito Tajani, candidato naturale alla successione dell’ex premier, come presidente pro-tempore per gestire questa prima fase delicata.
Secondo le norme statutarie spetta al Congresso nazionale, la massima assise, decidere la leadership ma Fi non può permettersi tempi così dilatati. Ed è probabile che la vera partita possa giocarsi prima, ovvero all’interno del Consiglio nazionale. E a questo punto l’esito potrebbe essere non scontato e vedere un altro candidato pronto a sfidare Tajani, Domani è stata convocata una conferenza stampa con i vertici, Tajani, il capo delegazione a Bruxelles, Fulvio Martusciello, e i capigruppo Licia Ronzulli e Paolo Barelli (espressione delle due principali anime del partito, filogovernativi vicini al vicepremier e filo-ronzulliani, cui vanno aggiunti i fedelissimi di Marta Fascina). Si tratta del primo briefing dopo la morte del Cavaliere per fare il punto della situazione e tracciare una sorta di road map.
Altro nodo, raccontano, è chi dovrà gestire i conti del partito nel dopo-Silvio. Di solito, il Consiglio nazionale è chiamato ad eleggere il nuovo 'amministratore nazionalè di Fi, ruolo chiave non solo per le 'cassè ma anche per il fatto che è l’unico legittimato a usare il simbolo di Fi nelle competizioni elettorali (il logo appartiene, invece, a Il Movimento politico Forza Italia, associazione non riconosciuta, nata davanti al notaio romano Francesco Colistra il 18 gennaio del '94 grazie a 5 soci fondatori, Berlusconi, Tajani, Antonio Martino, Luigi Caligaris e Valducci). Oggi l’uomo dei conti forzisti, il cosiddetto tesoriere, è l’ex senatore e manager Fininvest, Alfredo Messina, che ricopre la carica di commissario-amministratore nazionale.