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A Palermo si decide il destino della Libia, ma i Grandi non ci sono

Di Lucio Mirone |

Una conferenza senza leader internazionali, ma con i principali attori libici. Il summit di Palermo, viste queste premesse, non porterà ad un accordo globale e complessivo per stabilizzare il paese nordafricano, ma potrà costituire un passo avanti, se le parti troveranno un’intesa almeno su alcuni punti della road map dell’Onu. Che l’Italia «sostiene con convinzione», ha sottolineato il premier Giuseppe Conte, che appunto parla di Palermo come un «episodio non isolato, ma una tappa fondamentale di un percorso».

La Conferenza sulla Libia si svolgerà tra il 12 e 13 novembre a Villa Igea

Solo la Francia manderà in Sicilia un esponente di peso, il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian. Per l’Eliseo, è la prova che con l’Italia c’è unità di intenti, nonostante le recenti frizioni sul dossier. Di fatto, però, Parigi mira a restare protagonista al tavolo dei colloqui e scongiurare qualsiasi sorpasso di Roma nel dossier. Per il resto, le altre cancellerie dovrebbero inviare figure di carattere più tecnico, come gli emissari per il Medio Oriente di Usa e Russia, David Hale e Mikhail Bogdanov, anche se fonti diplomatiche italiane riferiscono che resta confermata, al momento, la partecipazione del premier russo Dmitri Medvedev. Mentre a nome l’Ue parlerà l’Alto rappresentante Federica Mogherini.

A Roma non si nasconde la delusione per le defezioni dei big europei ma anche degli Stati Uniti, principale sponsor dell’Italia sulla Libia, e che tuttavia non manderà a Palermo nemmeno il segretario di Stato Mike Pompeo. In ogni caso, si puntualizza che in Sicilia non è in programma un euro-summit, ma un summit sulla Libia: «For Lybia With Lybia», è il messaggio che si vuole lanciare, ha spiegato Conte. Inoltre, la partecipazione dei leader di attori regionali come Tunisia, Ciad, Algeria e Niger, ma anche di Grecia e Malta (sono attesi verosimilmente Alexis Tsipras e Joseph Muscat) potrebbe essere utile per far il punto anche sul tema migranti.

Il faro del summit è il piano di azione dell’Onu, aggiornato dall’inviato Ghassam Salamé tenendo conto del persistente stallo politico e dell’instabilità sul terreno, a Tripoli e nella nevralgica ‘Mezzaluna petroliferà. Salamé punta a mettere in sicurezza la capitale, con una forza istituzionale che sostituisca le milizie per il controllo del territorio. Sul fronte economico, L’Onu vuole sostenere la redistribuzione delle ricchezze nazionali, soprattutto quelle petrolifere, anche con incentivi per contrastare il contrabbando di carburante.

La svolta vera, però, potrebbe arrivare con un’intesa sul percorso istituzionale. A partire dalla convocazione di una conferenza nazionale aperta a tutti, tribù del sud incluse, all’inizio del 2019, per arrivare a elezioni parlamentari in primavera – così come auspica il piano Onu – e costituire un nuovo organo legislativo unico che superi il dualismo Tripoli-Tobruk. Su questi temi si confronteranno i quattro protagonisti libici invitati a Palermo: il premier Fayez al Sarraj, il generale Khalifa Haftar, Aguila Saleh, presidente del Parlamento di Tobruk, e Khalid Al-Mishri, capo del Consiglio di Stato. E anche il vicepremier Maitig, in rappresentanza delle potenti milizie di Misurata, che vogliono una contropartita per il loro contributo decisivo alla sconfitta dell’Isis, potendo contare sul sostegno dei francesi, che li hanno incontrati ieri. Parigi, tra l’altro, può realmente dare una mano al summit di Palermo perché vede di buon occhio la prospettiva di elezioni il prima possibile, una volta naufragata l’ipotesi di un voto a dicembre.

L’intesa non è scontata, anzi, perché le distanze e le diffidenze tra le parti sono tante. In più diverse altre fazioni sono in agitazione perché sostengono di non essere state invitate a Palermo. Pochi giorni ancora e si vedrà se la conferenza internazionale sulla Libia si rivelerà un buon passo avanti, oppure un nulla di fatto.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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