Tegola sulla Regione, il Cdm impugna il "collegato delle mancette" (che ora è a rischio)
So tratta del maxiemendamento frutto dell'accordo tra maggioranza e opposizione
palazzodorleans_1618748951799
Altra tegola sulla Regione. Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli, ha esaminato 18 leggi regionali e ha quindi deliberato di impugnarne tre. Come riferisce il comunicato di Palazzo Chigi, la prima è la «legge della Regione Siciliana n. 3 del 03/02/2024, recante “Disposizioni varie e finanziarie”, in quanto talune disposizioni, eccedendo dalle competenze statutarie e ponendosi in contrasto con la normativa statale in materia di ordinamento civile e coordinamento della finanza pubblica, violano l’articolo 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma della Costituzione, nonché l’articolo 81, terzo comma, relativamente alla copertura finanziaria».
Il dettaglio
Si tratta del “maxi-emendamento” all’ultima finanziaria regionale, la norma in cui sono stati raccolti tutti i cosiddetti «interventi territorializzati», frutto di un accordo bipartisan fra maggioranza e opposizione. In pratica: la vera manovra regionale, perché all’Ars s’è deciso di non “appesantire” il testo della legge di stabilità e di spostare nel collegato tutti gli interventi specifici nel provvedimento votato a parte.
Schifani minimizza
«Con delle piccole modifiche» le norme del collegato che riguardano le assunzioni delle vittime di femminicidio e la lotta al crack non dovrebbero essere fra quelle impugnate. L’ha annunciato il presidente della Regione, Renato Schifani, nel suo intervento durante la seduta dell’Ars sulla relazione della commissione Antimafia. «Sulla norma per la lotta al racket erano state fatte alcune obiezioni, noi l’abbiamo difesa e non sarà impugnata - ha detto Schifani - Ci siamo confrontanti anche sulla legge per le vittime di femminicidio, che è di grandissimo impatto sociale: il governo nazionale ci aveva detto che sul tema serviva una legge-quadro di carattere nazionale. Ne abbiamo discusso, possiamo dire che questa norma, con una piccolissima modifica che faremo qui in aula, non verrà impugnata».
E le mancette?
Ma non si conosce il destino di tutte le altre: per la minoranza il budget si aggira tra 8 e 9 milioni di euro, circa 300mila euro a deputato; mentre per la maggioranza la cifra ammontare a più del doppio, intorno ai 20 milioni. Tutto con un accordo trasversale che, al netto dei distinguo di facciata, ha unito centrodestra e opposizioni. E adesso tutti in attesa di capire quali sono le norme “mancetta” che salteranno dopo la scure di Palazzo Chigi.