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«Nicola, se vinci tu deve saltare Faraone»

Di Mario Barresi |

Palermo – Sul palco Nicola Zingaretti la tocca piano, la Sicilia. Soltanto un blando riferimento al «ruolo straordinario» di Teresa Piccione, martire anti-renziana immolata in un congresso in stile “ti piace vincere facile”, diventato un caso nazionale. E il neo-segretario siciliano, Davide Faraone, impegnato in Senato per il voto sulla Finanziaria, dimostra di apprezzare il fair play del candidato al Nazareno: «Mi sarebbe piaciuto esserci», dice da Roma, definendo quella di Zingaretti una «manifestazione utile», perché «l’incontro fra diversi punti di vista, l’apertura e il confronto sono la precondizione per rilanciare il Pd», dice il viceré renziano di Sicilia, auspicando, «così come ha detto Zingaretti», che «le migliori condizioni per lavorare uniti».

Tutto è bene ciò che finisce bene? Macché. Forse Faraone non si sarebbe espresso così, se avesse ascoltato ciò che – prima della kermesse ufficiale – si sono detti l’aspirante segretario nazionale e i suoi colonnelli siciliani in un pranzo definito «molto veloce, ma intenso». Una tavolata a Villa Lampedusa, senza fronzoli gourmet (arancine, mozzarella in carrozza e cornetti salati, innaffiati da un rosso senza pretese), in cui, più che la forma, prevale la sostanza. Davanti al probabile segretario nazionale i nemici giurati del segretario regionale. Cinque deputati regionali: il capogruppo Peppino Lupo, Antonello Cracolici, Anthony Barbagallo, l’ex renziano Baldo Gucciardi e Totò Arancio. Ma anche altri commensali di peso, fra cui – oltre a Piccione – Mirello Crisafulli, il sempre influente Lillo Speziale, gli ex deputati Franco Ribaudo e Magda Culotta, l’ex capogruppo consiliare a Palermo, Rosario Filoramo e lo storico dirigente dem Alfredo Rizzo. Tutti attovagliati con Zingaretti a capotavola. Tutti con diverse sfumature di rabbia, differenti livelli di sete di vendetta e qualche timido tatticismo auto-conservativo con un “volemose bene” però minoritario. «Nicola, se tu il 3 marzo vinci, deve saltare Faraone», è la richiesta più ardita mentre si addentano le fritture fragranti. Il destinatario non si sottrae, ma prova a calmare gli spiriti più bollenti.

Sul tavolo, oltre alla mozzarella filante, due profili. Uno è quello delle scartoffie post-congressuali, con un paio di ricorsi (dopo quelli presentati in Sicilia) alla commissione nazionale di garanzia del Pd. Su questo versante Zingaretti, anche in caso di vittoria, avrà ben pochi margini. Ma nel dettaglio s’è discusso anche del tema lanciato negli scorsi giorni da Cracolici: «Si illude chi pensa che il caos del Pd siciliano sia un fatto locale. È solo la prova generale, con l’obiettivo di fare un “Pd fuori dal Pd” lasciando le macerie in quello che c’è». E su questo profilo, non solo nel discorso in pubblico, Zingaretti – che parla e si muove ormai come segretario di fatto – è stato molto più rassicurante. «Tolleranza zero verso comportamenti politici poco ortodossi», è la promessa, al momento del caffè, che si sente di fare ai suoi grandi elettori siciliani. Il che non significa fare fuori Faraone (anche se fra i commensali c’è chi spera che il ricorso sull’ineleggibilità, fondato sul presunto mancato pagamento delle contribuzioni al partito, vada a buon fine), quanto piuttosto arginarne la linea politica. Niente inciuci con Miccichè, ma anche un atteggiamento più severo verso gli (ex?) “cugini” di Sicilia Futura. «I renziani di Cardinale sono ormai organici al centrodestra di Musumeci», è il quadretto disegnato al futuro segretario. Che comunque ascolta e prende appunti.

Prima del bagno di folla nella sala stracolma. È Piccione l’unica a salire sul palco dell’Astoria con lui, come a dare la visione plastica di un passo indietro di tutti i big all’insegna dell’azzeramento delle rese dei conti in un “siamo tutti zingarettiani tutti”. «C’è unione e c’è entusiasmo, il congresso lo vinciamo anche in Sicilia», certifica l’orlandiano messinese Filippo Panarello. Che, con la sua consueta schiettezza, ammette: «Adesso il vero problema è trovare uno Zingaretti di Sicilia. Ma non c’è fretta…».

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