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La svolta centrista di Nello Musumeci, addio alla Meloni: e da “Bellissima” ora diventerà nazionale

Di Mario Barresi |

CATANIA – A un certo punto, dopo che il primo presidente post-missino della Regione Siciliana aveva ricordato i suoi «trascorsi nell’Azione Cattolica», sembrava quasi di essere al congresso di #DiventeràDemocristiana.

Perché Nello Musumeci, dopo aver intimato al suo movimento l’ormai scontata “neutralità” alle Europee – sbattendo la porta in faccia a Giorgia Meloni, ma prendendo anche le distanze da quella di Matteo Salvini «che non è la mia destra» – vira bruscamente verso il centro. «C’è un grande vuoto, si chiama centro, area cattolica, che non riesce più a esprimere le sue potenzialità. È finita l’area di destra, è già occupata. Quando l’Udc non riesce a raggiungere percentuali degne di questo nome in una terra che continua a essere democristiana fino al midollo, bisogna chiedersi perché. Serve coprire quest’area moderata, perché la gente preferisce l’originale alla fotocopia: tant’è che cresce la Lega, non Fratelli d’Italia». Una svolta moderata che, all’ora di pranzo, toglie l’appetito a molti musumeciani della prima e dell’ultim’ora. Non a caso, nel pomeriggio – dopo qualche mal di pancia filtrato e dopo i primi titoli sul web – il governatore chiede di nuovo la parola. E precisa il concetto: «Nessuna svolta al centro, il mio riferimento è all’elettorato moderato, noi dobbiamo rappresentare il 36% di astenuti alle Politiche, che alle Regionali sono stati il 50%».

Non un partito di centro, ma che guarda al centro. Ma il senso è quello. E coincide con il futuro di #DiventeràBellissima. Scandito, punto per punto, da Musumeci in oltre un’ora di discorso al congresso regionale di ieri a Catania.

Il leader, girocollo blu e pantalone sportivo, sembra provato dalle maratone dell’Ars. «Mi hanno chiesto se sto male, ma voglio rassicurare tutti: ho il pancino e un po’ di colesterolo alto e mi sono messo a dieta. Ma ho già perso due chili e quindi ho smesso». Ma, a livello oratorio, il governatore è in forma smagliante.

A partire dal niet definitivo a Fratelli d’Italia, dopo che il coordinatore regionale, Manlio Messina, gli aveva appena rinnovato «l’appello di Giorgia per un progetto di seconda gamba del centrodestra, con un grande uomo, Musumeci, e una grande donna, Meloni, protagonisti». Nello riconosce all’alleata che «è stata generosa con noi», ma taglia corto: «Abbiamo pagato il debito, contribuendo a far eleggere il nostro miglior candidato (il senatore Raffaele Stancanelli, in prima fila, sorride amaro, ndr) e adesso siamo pari, non possiamo essere debitori in eterno». Niente accordo alle Europee, anche perché «se mi guardo a destra vedo FdI che rimane inchiodato a una percentuale tra il 2,5 e il 5 per cento, significa che non ha saputo aggregare larghe fasce di opinione che avrebbe dovuto aggregare». E poi una ragione autonomistico-ideologica, svelata citando Filippo Anfuso («Non siamo europei perché italiani, ma siamo italiani perché europei»), ovvero: «Il sovranismo nazionale è in conflitto con gli interessi della Sicilia. Non possiamo porci fuori dall’Europa, siamo la più europea delle regioni», dice citando stavolta Gaetano Martino.

E questo nuovo autonomismo moderato di Musumeci sembra distante anni luce dal flirt con la Lega, culminato con la presenza a Pontida. A Salvini, «altrettanto generoso con noi», il governatore riconosce «un debito da saldare, morale e politico», traducibile in un assessorato regionale a breve scadenza. Ma a Matteo il governatore, nell’annunciare la «richiesta di un referendum consultivo al governo nazionale», rimprovera di non mettere «sul Ponte la stessa passione che mette per sostenere la Tav Torino-Lione», invitandolo a «prendere una posizione chiara», oltre che mettendolo in guardia sul regionalismo differenziato «senza il rispetto di un’adeguata perequazione». E Musumeci, evocando la Cappella Palatina, tesoro di Palazzo dei Normanni a Palermo, come «simbolo di una terra di tolleranza e di dialogo», prende le distanze da Salvini anche in materia di migranti, «disperati nei confronti dei quali non mi sento né di avanzare minacce, né di promettere di sparare». Perché «non è certo la presenza di 57 disperati su una nave a risolvere il problema, di navi e zattere ne arriveranno ancora altre. Quando si muovono milioni di persone non ci sono muri che possono fermarli». La reazione, in sala, è fredda. E Musumeci, quindi, tira il freno: «È nei Paesi poveri che l’Europa deve investire. Le università siciliane invece dovrebbero specializzarsi per ospitare gli studenti che parlano l’arabo. Perché devono andare a Parigi? Perché non ci candidiamo a essere noi l’Europa per loro?». In ogni caso, nessuna alleanza con Salvini, perché «non è la destra in cui mi sono riconosciuto per tanti anni», dice Musumeci. E stavolta scatta un applauso fragoroso. Allo Sheraton, per la cronaca, non c’è alcun rappresentante della Lega.

Presa di distanza dagli alleati di destra? Per Ruggero Razza «baggianate insulse che non meriterebbero neppure commento». Nessun riferimento, nel discorso di Musumeci, a Forza Italia. Rappresentata soltanto da una lettera di Gianfranco Miccichè letta da Enrico Trantino ai congressisti: «Troviamo la forza di diventare un memorabile esempio di buon governo», manda a dire l’alleato (sempre più disteso) al governatore. Gatta ci cova?

La scelta (poi votata a larga maggioranza dall’assemblea) resta quella di saltare un turno alle Europee. «Non allearsi, non confluire, non sostenere, ma creare il nuovo soggetto politico», sono le fasi scandite con un tono solenne da Musumeci. «Potremmo avere un candidato in Forza Italia, nella Lega e in Fratelli d’Italia, persino nel Pd. Ma sarebbe una cosa squallida», taglia corto il presidente (riconfermato) di DiventeràBellissima. E a chi, come Stancanelli esplicitamente (e molti altri senza avere il coraggio di esporsi) si chiede «come può un movimento rispondere a chi ci chiede cosa fare per le Europee, “non facciamo nulla”?», prima risponde il governatore: «Noi siamo forti se siamo uniti, evitiamo di diventare carne da macello per altri». E poi, in modo più sottile, Razza: «Se è vero che le Europee sono un passaggio epocale, rimanendo neutrali saremmo tagliati fuori dalla possibilità di costruire un nuovo soggetto politico? Io non la penso così: un centrodestra riorganizzato non può fare a meno dell’unico presidente di Regione eletto a Sud. Fra restare noi stessi e diventare altro, scegliamo di essere noi stessi». Il senatore di FdI non molla: «Non dobbiamo confluire da nessuna parte, dobbiamo essere i protagonisti della costruzione di un nuovo soggetto politico. Se ognuno può fare come vuole non ci possono essere valutazioni a posteriori, mi sembra contraddittorio», argomenta con passione.

In serata passa la mozione, l’unica del congresso, sulla neutralità proposta da Musumeci. Stancanelli si astiene. E per DiventeràBellissima comincia una nuova era. Ben sintetizzata dai dubbi smozzicati da un delegato al decimo caffè: «Primum vivere, deinde philosophari…».

Twitter: @MarioBarresi

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