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Sicilia, sbarcano big della politica: “divieto d’incrocio” Salvini-Di Maio

Di Mario Barresi |

Ma chi glielo doveva dire, a Giancarlo Cancelleri da Caltanissetta, capo carismatico dei grillini siculi, che un giorno – in questa stramba primavera elettorale sicula – avrebbe dovuto telefonare ad Alessandro Pagano da San Cataldo, ex berlusconiano-alfaniano e ora alfiere salviniano nel Nisseno, per concordare assieme giorni, orari e città dei comizi. Da buoni alleati. Per evitare incroci pericolosi fra i rispettivi leader nazionali: Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Ai ferri corti a Roma, ma molto attenti anche ad alcuni equilibri siciliani.

È tutto vero. E succede in questi giorni in cui l’Isola – fra Liberazione, mafia e antimafia, elezioni amministrative ed europee – è il crocevia dello sbarco dei big politici. Fra tattiche, pretattiche, veti incrociati, catenacci e contropiede.

Ben prima di imbracciare il mitra-social, il ministro dell’Interno aveva già annunciato l’arrivo in Sicilia: «Il 25 aprile non parteciperò a sfilate ma sarò in mezzo a loro, a Corleone, perché la liberazione, in tutta Italia, dal cancro di mafia, camorra e ‘ndrangheta è la nostra ragione di vita». Al “Capitano” ha risposto, con garbo, l’Anpi: non sia «uno strumento retorico da usare per non onorare con il dovuto rispetto l’antifascismo e la lotta partigiana».

Ma questa è un’altra storia.

Anche perché nessuno, neanche fra le opposizioni più agguerrite, ha fatto notare la curiosa coincidenza – se non addirittura l’inopportunità – della “festa di liberazione dalla mafia” improvvisata nel paese di Totò Riina dal titolare del Viminale, a pochi giorni da caso del sottosegretario leghista Armando Siri, indagato a Roma per corruzione, insieme con l’imprenditore Paolo Arata, responsabile Ambiente del Carroccio, per una presunta tangente di 30mila euro. Con propaggini investigative che arrivano in Sicilia, a Vito Nicastri, imprenditore dell’eolico sospettato di essere fra chi finanzia la latitanza di Matteo Messina Denaro.

Ma questa è un’altra storia.

Anche perché magari sarà Nicola Zingaretti a cavalcare quest’onda, nel corso del blitz antimafia (nel senso politico-elettorale del termine) organizzato per domani a Castelvetrano, terra del super latitante, provando ad anticipare Salvini su questo terreno. Il segretario del Pd sarà alle 17 in piazza Matteotti per un comizio a fianco del candidato sindaco Pasquale Calamia.

Ma questa è un’altra storia.

Anche perché il “divieto d’incrocio” fra i due vicepremier gialloverdi non c’entra con l’antimafia. Né coi partigiani. Semmai la (futura) liberazione, con la “elle” minuscola. L’uno dall’altro, magari dopo le Europee. Considerato l’altissimo livello di scontro nel governo gialloverde. Eppure, nei rispettivi programmi – da qui il contatto, più dovuto che reciprocamente gradito, fra Cancelleri e Pagano, negli scorsi giorni – c’è anche la necessità di non pestarsi i piedi (o meglio di non misurarsi) in alcune contese tutte siciliane fra M5S e Lega. Salvini, infatti, dopo la parata a Corleone, svestirà i panni del ministro-antiboss per vestire quelli di capo politico. Con un tour di sei comizi in due giorni nei comuni al voto: Monreale, Bagheria e Caltanissetta (giovedì); Motta S. Anastasia, Gela e Mazara del Vallo (venerdì). Anche Di Maio vuole essere in trincea per i grillini candidati. Uno scarno comunicato del M5S conferma che «il capo politico sarà in Sicilia venerdì 26 aprile alle ore 19.30 in piazza Garibaldi a Caltanissetta a sostegno del candidato sindaco Roberto Gambino». Aggiungendo laconicamente che il ministro «ha dato in queste ore conferma del solo appuntamento nisseno alla vigilia delle elezioni amministrative 2019». Come mai soltanto quest’uscita? Ufficialmente per «i numerosi impegni istituzionali del vice premier» che «potrebbero rendere quello di Caltanissetta come unico appuntamento siciliano del mese di aprile». Ma qualcuno, fra i pentastellati siciliani meno allineati, confessa che la scelta ha un doppio obiettivo. Il primo è scansare Salvini a Caltanissetta (inatti l’alleato-nemico leghista sarà nella stessa piazza la sera prima), l’unica città capoluogo alle urne, ma soprattutto quella in cui il M5S si sente più forte e ambisce al ballottaggio. Qui fa meno paura l’applausometro, oltre che lo scenario del risultato finale. Ben diversa la situazione a Gela, dove Matteo sarà il venerdì per l’ultimo giorno di campagna elettorale di Giuseppe Spata, leghista indicato da quasi tutto il centrodestra, ritenuto più forte dell’avversario pentastellato Simone Morgana. «Il nostro è un ottimo candidato – è la tesi condivisa con gli spin doctor romani – ma a Gela pesa tantissimo l’esperienza disastrosa di Messinese (l’ex sindaco eletto col M5S nel 2015 ed espulso dopo sei mesi, ndr) e dunque Luigi non vuole fare comizi in una città in cui l’avversario leghista rischia di batterci di molto».

Ma questa è un’altra storia.

Anche perché le ruggini grillo-leghiste saranno ancora più visibili nella sfida per Bruxelles. Con la Sicilia, regione dipinta di giallo alle Politiche, che il Carroccio considera lo scalpo più simbolico per mostrare il sorpasso. Tant’è che fra i 5stelle è allarme rosso. A partire da Ignazio Corrao, da sempre il più critico sugli alleati, che in una chat interna suona la carica: «La Lega, dopo essere sempre stata al guinzaglio di Berlusconi e dei suoi infiniti conflitti di interesse, con noi al governo ha avuto la possibilità di espiare i propri peccati». Ma i leghisti, nonostante abbiano votato lo spazzacorrotti, «appena succede che un suo uomo, forse non il solo, venga coinvolto in una brutta storia di mazzette, corruzione, affari di mafia e intermediari di alto livello, si sono arroccati in difesa come farebbe un forzista qualunque». Corrao si sarebbe aspettato che Salvini «reagisse in maniera rigida per non infangare l’immagine del suo partito in ascesa e del governo stesso che rappresenta. Invece no, Salvini tace su Siri (saprà troppe cose?), lo difende e attacca a casaccio la Raggi per distogliere l’attenzione».

Ma questa è un’altra storia.Anche perché d’ora in poi sarà lotta continua. E dura. Con i duri che iniziano a lottare. A partire dai ministri grillini. Oggi al di qua dello Stretto il titolare dell’Ambiente, Sergio Costa: a Milazzo per un incontro su ddl SalvaMare e campagna plastic-free, Area marina protetta Capo Milazzo e stop all’inceneritore nella Valle del Mela. Alfonso Bonafede (Giustizia), la scorsa settimana aveva conciliato gli impegni ministeriali fra tribunale e carceri con un happening politico a Caltanissetta. E, dopo la pausa pasquale, resterà nella sua Mazara, oggi, a tirare la volata al candidato M5S. E sempre oggi arriva anche Danilo Toninelli: nei porti di Augusta e di Gela. In quest’ultima città (alle urne) «il punto sui progetti Anas per la Sicilia orientale». Prima di trasferirsi, domani, nell’ombelicale Mazara: porti, strade e ferrovie; incontri e sopralluoghi. Strizzando l’occhio agli elettori. Come un grillino doc che fa gioco di squadra in un momento difficile. Come un qualsiasi ministro – democristiano o pentapartitico, berlusconiano o renziano – ha sempre fatto, in Sicilia, nel camouflage fra istituzioni ed elezioni, promettendo la luna ai siciliani.

Ma anche questa è un’altra storia.

Vecchia, molto vecchia.

Twitter: @MarioBarresi

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