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Ballottaggi in Sicilia, centrodestra all’opera contro il flirt gialloverde e per isolare Gianfranco Miccichè

Di Mario Barresi |

CATANIA – Formalizzare l’ultima tentazione gialloverde in Sicilia è complicato. Ma c’è chi – più o meno inconsapevolmente – sta rendendo possibile, soprattutto nella pancia sicula di Lega e M5S, uno scambio di cortesie nei ballottaggi di almeno due comuni siciliani. L’ipotesi è sul tavolo. E non dispiace a Stefano Candiani, viceré salviniano di Sicilia, che nell’intervista di ieri a La Sicilia ha definito il secondo turno delle Amministrative «l’occasione giusta per dare l’ultima spallata a Pd e Miccichè», aprendo a «chi ha capito che certi schemi sono superati», con la disponibilità («aspettiamo che ce lo chiedano e poi vediamo…») a sostenere il candidato grillino a Caltanissetta. Magari sottintendendo che il M5S, se «vuole evitare il perpetrarsi di vecchie logiche», ricambi a Gela col leghista in lizza. Più tiepido, in ossequio al “Manuale delle giovani marmotte” pentastellate, Giancarlo Cancelleri: al nostro giornale, pur confermando che «noi non facciamo alleanze», ha già detto che «nel laboratorio nisseno il dialogo è aperto a tutti» ammettendo che, nella «libertà di voto», gli attivisti 5s «guarderanno naturalmente all’esperienza di governo nazionale». Anche se chi lo conosce bene sa che il leader dei grillini siciliani sarebbe disposto anche a un patto col diavolo salviniano pur di prendersi il sindaco (Roberto Gambino) nella sua Caltanissetta.

Niente alleanze ufficiali. Basterà qualche conventio ad excludendum. Del resto, il colonnello nisseno della Lega, Alessando Pagano, già in campagna elettorale, ha detto che al secondo turno non avrebbe mai votato l’“altro” del centrodestra, Michele Giarratana. Più complicato il quadro a Gela, dove i grillini, anziché schierarsi con il leghista ex di “Libera”, Giuseppe Spata, potrebbero ricambiare il favore a Lucio Greco (che appoggiò «come una sesta stella» il M5S al ballottaggio del 2015), nonostante oggi sia sostenuto anche da Pd e Fi.

Da Roma nessun commento sull’ipotesi di primo export del contratto di governo su base locale. Anche se trapela, nei giorni più glaciali fra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, un certo attivismo delle rispettive “colombe” (non molte, ma molto influenti) per trasformare il laboratorio siciliano in una suggestione per continuare a stare assieme.

Anche perché – e questo è uno degli argomenti di chi, dentro Lega e M5S, spinge per il mutuo soccorso – ci pensa Gianfranco Miccichè a riavvicinare gli alleati gialloverdi. Il commissario forzista, sul Corriere della Sera, ha rilanciato la necessità di un Nazareno-bis, rivelando che «c’è una parte del Pd con cui ragioniamo da tempo». Apriti cielo. «Il laboratorio politico propugnato da Miccichè mi ricorda quello del dottor Frankenstein dove nascevano creature mostruose. La Lega continuerà a lavorare per la nascita di un centrodestra diverso anche in Sicilia», sbotta Fabio Cantarella, braccio destro di Candiani. Un assist perfetto per l’ala sovranista, allarmata dai bollori moderati del presidente dell’Ars. Ignazio La Russa, proconsole di Giorgia Meloni, da vecchia volpe indica un deus ex machina per uscire dall’impiccio: «Chiediamo a Nello Musumeci di fare subito piena chiarezza e pulizia». L’ex ministro arriva a mettere persino in dubbio gli equilibri del centrodestra siciliano: «La giunta regionale non può avere il sostegno equivoco di chi fosse d’accordo con Miccichè e alleabile con il Pd». Rilanciando la necessità di «un fronte sovranista coeso». Il coordinatore regionale di FdI, Manlio Messina, non a caso, sentenzia: «La Lega da sola non va da nessuna parte, come hanno dimostrato le amministrative».

E se anziché sola fosse accompagnata dai cinquestelle? Panico. Nel centrodestra siciliano – per esorcizzare lo spettro gialloverde, ma soprattutto per isolare Miccichè – sono già in movimento molti ambasciatori. Fra i quali Ruggero Razza, pretoriano di Musumeci, che rivendica per DiventeràBellissima il ruolo di «collante di un centrodestra rinnovato e senza nostalgie per il passato», non smentendo un’euro-simpatia per il Carroccio. E non è una coincidenza che il governatore parli sempre più spesso con Salvo Pogliese, uscito da Forza Italia sbattendo la porta in faccia a Miccichè. Proprio il sindaco di Catania, ancora combattuto se traghettare il suo “MuovitItalia” verso Salvini o Meloni, è un altro dei pastori chiamati a riportare la Lega siciliana nell’ovile del centrodestra “Gianfranco free”. E magari è un silenzio operoso quello di Gaetano Armao, sempre molto ascoltato ad Arcore, dopo le esternazioni del presidente dell’Ars: «Qui un assessore che dice di essere vicino a Berlusconi e non fa vincere i suoi (il riferimento è allo strappo di Gela, ndr) potrebbe essere guardato male».

Ed ecco il piano filo-sovranista in due mosse: convincere Salvini, tramite Candiani, che «può fidarsi» degli alleati siciliani; spiegare al Cav, grazie ad Antonio Tajani, che Miccichè s’è infilato in un cul-de-sac e può uscire solo «facendo un passo di lato».

E così, come per magia, ci si ricompatta. Contro la tentazione gialloverde, contro il M5S e contro il dialogo Fi-Pd. Ma soprattutto per un centrodestra «rinnovato», pagando il pedaggio di una Lega egemone, già ai ballottaggi. In attesa dello spartiacque delle Europee. Dopo il quale all’Ars niente sarà più come prima.

Twitter: @MarioBarresi

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