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Il premier Conte revoca l’incarico a Siri: la Lega era contraria ma si è adeguata

Di Redazione |

ROMA – Durante un Consiglio dei ministri quanto meno agitato, il premier Giuseppe Conte ha deciso la revoca del sottosegretario leghista Armando Siri, indagato dalla procura di Roma per corruzione in una indagine nata a Palermo.

La revoca dell’incarico al sottosegretario della Lega è avvenuta senza una votazione del Consiglio dei ministri, secondo la procedura prevista dalla legge. La rimozione di un sottosegretario, come dimostra anche il precedente di Vittorio Sgarbi, segue infatti una procedura analoga a quella della sua nomina, stabilita dall’articolo 10 della legge 400 del 1988: «I sottosegretari di Stato sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro che il sottosegretario è chiamato a coadiuvare, sentito il Consiglio dei Ministri».

Nel caso di Siri, la revoca è stata proposta dal premier Giuseppe Conte, di concerto con il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli, sentito il Cdm. Ora il decreto arriverà alla firma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ma il passaggio, come confermato da alcuni precedenti, è solo formale. 

Da quanto si è appreso da fonti leghiste, il Carroccio in Cdm «ha espresso contrarietà alla decisione» ma ha preso atto della facoltà del presidente del consiglio di chiedere la revoca del sottosegretario». 

«La Lega difende un principio: non può esserci un automatismo tra indagini e colpevolezza. Apertura di un’inchiesta non può coincidere con la chiusura o la condanna. È un principio di civiltà giuridica che vale per tutti. Lega e 5 stelle» hanno affermato le stesse fonti leghiste dopo il Cdm su Armando Siri. «Siamo dell’opinione che chi ha incarichi istituzionali deve pagare il doppio se colpevole, ma contrari al principio di colpevolezza senza processo».

Al termine del dibattito in Cdm, il vicepremier leghista Matteo Salvini ha lasciato Palazzo Chigi senza rilasciare dichiarazioni.

Ha invece espresso tutta la sua soddisfazione l’altro vicepremier, Luigi Di Maio: «C’è grande orgoglio, sono molto orgoglioso della decisione presa – ha detto il leader del M5s –  è stato un consiglio dei ministri disteso, un Cdm in cui ci siamo detti che andiamo avanti con il governo». 

«Il caso è chiuso politicamente – ha spiegato Di Maio – sicuramente ci sono sensibilità diverse tra forze politiche, ma il fatto che M5S sia stato intransigente ha permesso di diminuire i rischi di infiltrazione»COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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