29 dicembre 2025 - Aggiornato alle 00:21
×

Luca Sbardella, il proconsole di FdI in Sicilia che non concede deleghe

«Quando si commissaria un partito regionale non serve scegliere un esponente locale, a meno che ci sia una figura talmente alta e super partes da essere riconosciuta come tale»

Mario Barresi

11 Marzo 2025, 19:11

Luca Sbardella, nuovo coordinatore regionale FdI in Sicilia

Luca Sbardella, nuovo coordinatore regionale FdI in Sicilia

Quando venerdì scorso Luca Sbardella è appena atterrato a Catania - o meglio: precipitato, considerate le poche ore trascorse dalla nomina a commissario regionale di FdI alla sua prima trasferta siciliana - al terminal arrivi di Fontanarossa incrocia un gruppo di persone. Che, vedendolo arrivare assieme a Giovanni Donzelli, braccio destro della leader, si avvicina con militante gentilezza. Un selfie e quattro chiacchiere, poi il «buon lavoro» d’ordinanza. Seguito da un altro augurio, un classico dell’accoglienza sicula: «Spero che troverà anche il tempo di mangiare bene». Donzelli risponde: «Certo. E poi qui non abbiamo problemi: a consigliarci c’è Ignazio». Ovvero: La Russa, granduca di Paternò e da anni viceré meloniano di Sicilia. Ma lo sconosciuto fan non coglie il sottinteso: «Scusi, Ignazio chi?».

Obiettivo "reset totale"

È il karma che gioca a manifestarsi. Sì, perché nella missione siciliana che Giorgia Meloni di pirsona pirsonalmente ha affidato a Sbardella - unificare il partito sanando l’anomalia statutaria, ereditata dalla destra giovanile, dei due co-coordinatori, uno a est e uno a ovest; ma soprattutto disintossicare i Fratelli di Sicilia da anni di veleni interni di recente sfociati in una guerra fra tribù combattuta a colpi di dossier ai giornalisti e delazioni romane - l’obiettivo del «reset totale» si può ottenere soltanto non guardando in faccia nessuno. «Ho cominciato a parlare con tutti e continuerò ad ascoltare tutti, ma alla fine sarò io a decidere», precisa l’emissario di Via della Scrofa in un colloquio con La Sicilia. Per essere ancora più precisi: «Se sono stato mandato qui per fare il commissario, il commissario lo faccio io: non delego niente a nessuno», scandisce rispondendo sul tema di eventuali “aiutini”, magari non del tutto disinteressati, più o meno occulti. Sbardella ha una storia di lunga militanza nella corrente La Russa (condivisa dal presidente del Senato con Maurizio Gasparri in An prima e nel Pdl poi), che seguì per fondare FdI con Meloni. Ma ora, per forza di cose, la linea distintiva del neo-commissario dovrà essere proprio quella dell’«Ignazio chi?». Del resto, pur essendo consapevole di «avere bisogno del contributo e dei suggerimenti di tutti», il metodo di lavoro è già chiaro: «Sarò io a fare la sintesi, su tutte le questioni». Partendo da una forza implicita, quella dell’essere alieno. «Quando si commissaria un partito regionale - riflette a voce alta - non serve scegliere un esponente locale, a meno che ci sia una figura talmente alta e super partes da essere riconosciuta come tale. Meglio uno che arriva da fuori, con la testa e le mani libere». Nessun sub-commissario, nessun assistente indigeno? «Non è nei miei programmi: se un giorno, dopo aver sistemato un po’ di cose, avessi bisogno di un “primus inter pares”, si vedrà. Ma oggi no: mi appoggio a tutti, ma decido io».

Il "grande organizzatore"

Non manca la risolutezza al deputato romano eletto in Lombardia, vice di Donzelli nell’organizzazione nazionale del partito. Dove, sussurrando delle sue non eccelse doti di oratore, lo descrivono soprattutto come «un grande organizzatore». Del resto Meloni lo ha spedito in Sicilia non per fare comizi, ma per risolvere problemi. «Io ho fatto di tutto, in questo e in altri partiti», ammette lui. E allora è pronto a normalizzare FdI al di sotto dello Stretto. L’unificazione fra Oriente e Occidente viene risolta ipso facto dalla figura del commissario unico, «ma guardi che questo - precisa - non è scontato: è il punto di partenza del mio mandato». Ben più arduo sarà il compito di «allineare il partito siciliano», per citare Donzelli, alla «visione voluta » e al «passo impresso» dalla leader. A partire dai numeri: alle ultime elezioni i risultati di FdI in Sicilia sono stati parecchio al di sotto della media nazionale. «È vero che qui non abbiamo le stesse percentuali registrate altrove e che quindi si deve fare meglio, ma è altrettanto vero che in Sicilia c’è più concorrenza sulla torta elettorale del centrodestra: ci sono, fra gli altri, Raffaele Lombardo e Totò Cuffaro». I capi di Mpa e Dc che Sbardella incontrerà domani mattina a Palermo nel suo esordio ufficiale nella pirandelliana liturgia dei vertici regionali di maggioranza.

Domande e risposte

Domanda a trabocchetto: sa cosa sono i Liberi consorzi? Risposta sincera: «Li sconosco, so che mercoledì dobbiamo parlare di elezioni provinciali». Sono due cose collegate, mostruosi figli della riforma “Crocetta-Giletti”, e ora sul tavolo del centrodestra c’è la scelta di sei sindaci da candidare. «Ho preso in mano il dossier, ne discuterò con tutti gli alleati», annuncia da già provetto leader regionale. Che sempre domani, nel pomeriggio, riunirà il gruppo dell’Ars. Altra anomalia siciliana, visto che la stragrande maggioranza dei componenti, contrariamente alle statistiche delle altre Regioni, non ha un pedigree di destra, ma arriva da esperienze forziste, moderate, autonomiste e e persino dem. «Tranne Giorgio Assenza, non conosco quasi nessuno», avrebbe confessato Sbardella prima di macinare 900 chilometri nel suo lungo weekend siciliano, durante il quale dirigenti e militanti hanno apprezzato che le prime uscite del commissario non siano state le conferenze stampa in ovattate sale d’hotel, ma l’apertura di circoli e la presenza a congressi di periferia.

Il compito più difficile

Ed eccoci all’altra parte, in assoluto la più difficile, della missione. Che ne sarà della classe dirigente siciliana “asfaltata” da Meloni? «L’ho trovata molto meglio di ciò che pensassi». Evidentemente la sua aspettativa iniziale era bassissima. «Tutto, nella vita, è relativo», risponde ridacchiando. Poi si fa serio: «Ho trovato sale piene e tanto entusiasmo, un gruppo di persone che crede nel partito e vuole lavorare bene». Una descrizione che fa a pugni con lo scenario che ha accelerato lo sbarco di Sbardella in Sicilia. «Non mi aspetto certo che il clima idilliaco respirato in questi giorni rimanga tale, ma quando le magagne verranno fuori le affronteremo». Molte, in verità, sono già emerse da tempo. Dagli scandali delle spese allegre sul turismo alla faida siracusana fra Carlo Auteri (celebre per l’omonimo sistema di fondi agli “amici degli amici”) e Luca Cannata, difeso però da Donzelli sui contributi cash chiesti agli amministratori di Avola: «Anch’io a Firenze chiedo soldi per il partito, la colletta la facevo anche negli scout».
Il che, nei nuovi equilibri del cerchio magico meloniano, rafforzerebbe la tesi che il commissariamento della Sicilia, se non un modo per creare uno scudo alla premier rispetto a eventuali guai giudiziari della “corrente turistica”, sia una punizione a Manlio Messina. In fondo, le dimissioni (indotte) dell’ex assessore da vicecapogruppo vicario alla Camera sono lo scalpo più importante del repulisti siciliano. «Disconosco l’approccio punitivo nei confronti di Manlio: se il partito negli anni in Sicilia è cresciuto dal 2 al 20 per cento, oltre alla spinta propulsiva della Meloni, è merito - spiega il commissario - di una classe dirigente di cui Messina è esponente di punta». Ma alla fine (per la gioia, dicono, di Donzelli) ha pagato soltanto lui. Perché non azzerare le altre cariche romane dei big siciliani? Fatti salvi i ministri, anche Carolina Varchi e lo stesso Cannata rivestono posti di rilievo in Parlamento. «Se mi parla di loro, allora litighiamo subito: sono incarichi nelle commissioni e non nei nostri gruppi, non assimilabili a quello di Messina». Lo è però, esattamente, il ruolo di Salvo Sallemi, rimasto vicecapogruppo a Palazzo Madama. «Questo mi era sfuggito, ma diciamo che il senatore Sallemi - ammette - è stato meno esposto sulle vicende siciliane…».
D’ora in poi c’è lui: sono Sbardella, risolvo problemi. «Provo a farlo, poi vedremo se ci riuscirò». Sì, certo, ma - si chiedono i colonnelli siciliani di FdI, oltre che gli alleati - anche con la facoltà di rimescolare la carte patriote, cambiando persino la delegazione nella giunta regionale? «Questo non fa parte del mio mandato iniziale», taglia corto. A proposito: quanto durerà il commissariamento? «Da due mesi a due anni: il tempo che sarà necessario», la risposta sibilata.