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Musumeci ed Europee: «Voto ad un partito della mia coalizione, mentre altri…. »

Di Mario Barresi |

Presidente Nello Musumeci, Maria, la sorella di Giovanni Falcone ha detto di lei: «Non so perché non sia voluto venire in aula bunker. Il clima di veleno non l’ho creato io, lo dica a chi lo ha creato». Si dice che gli assenti abbiano sempre torto.

«Ho grande rispetto per la professoressa Falcone, per la famiglia del giudice scomparso e per tutti i familiari delle vittime di mafia. Potrei dire che per me parla la mia storia personale e limitarmi a una risposta di circostanza. Ma il presidente della Regione, su un tema così serio come la lotta alla mafia, ha il dovere di dire innanzitutto che per i siciliani essa rappresenta un valore costitutivo. Sulle polemiche e su qualche veleno di troppo mi sono già espresso: meno passerelle e più fatti, meno contrapposizioni e più unione d’intenti. È lo spirito con cui, da presidente e da cittadino, ho partecipato a Palermo alla deposizione della corona alla caserma “Lungaro” della polizia, assieme al ministro Salvini, e poi sono stato fra i ragazzi all’albero Falcone, senza alcun bisogno di salire sul palco delle autorità».

Nel giorno della memoria di Falcone ha detto, citando Bufalino, che «la mafia sarà battuta da un esercito di maestre elementari». Viste le condizioni attuali della scuola, non le sembra un esercito disarmato?

«Certo, si parte dai giovani e dal valore della educazione. Quei giovani davanti ai quali tanti magistrati ed esponenti delle istituzioni, a partire da Rocco Chinnici, hanno raccontato il proprio esempio di vita, perché fosse per loro insegnamento. Ed è una riflessione che dovremmo compiere tutti, perché senza i giovani e senza investire sulla scuola non è possibile levare braccia e coscienze alla malavita. Se, però, dal Roma arrivano quattro miliardi di tagli alla scuola in tre anni, mi chiedo: stiamo davvero investendo sul futuro? E non è l’unico esempio…».

A cosa si riferisce?

«Mi riferisco a una concezione davvero rivoluzionaria dell’antimafia praticata e non predicata. Se lo Stato non coglie l’esigenza di modificare la vita dei cittadini operando sulla riduzione della povertà e del degrado, come si può dire di praticare ogni giorno la lotta alla mafia? Ci sono le forze dell’ordine e la magistratura che compiono il loro dovere di investigatori e amministratori della giustizia. Ma la politica? Se in Sicilia le imprese non hanno le stesse opportunità, nei trasporti e nell’accesso al credito, del Nord Italia, siamo certi che non offriamo il fianco a chi ritiene che l’anti-Stato sia più efficiente dello Stato vero? Strade, ponti, ferrovie, lavoro… una Regione come la nostra, che deve recuperare decenni di ritardi, ha bisogno di un grande patto tra chi amministra il territorio e chi governa la nazione. Invece, in qualche uscita anche recente, vedo prevalere gli interessi di partito, piuttosto che il bene comune».

Si può dire: ma la Regione cosa fa?

«Quello che non ha mai fatto nel recente passato: programmazione e spesa pubblica produttiva. Altro che ordinaria amministrazione, come qualche iper critico lamenta. Le faccio un esempio: in Sicilia da decenni soffriamo la siccità e mi è capitato di scoprire che da oltre venti anni le nostre dighe raccolgono la metà dell’acqua. E sa perché? Perché non erano mai state collaudate! Ebbene, con il mio governo abbiamo avviato un piano per adeguarne la funzionalità, destinando oltre 400 milioni di euro. È un esempio, forse il più doloroso: parliamo dell’acqua, cioè della vita. Sarà duro il lavoro di questi anni, ma quella che alcuni definiscono ordinaria amministrazione per me è la restituzione della normalità. In una terra in cui per troppo tempo si è parlato di finte rivoluzione, mentre per noi l’unica rivoluzione è quella di mettere la Regione con le carte in regola, come diceva Piersanti Mattarella».

Eppure c’è chi parla di questione morale alla Regione e invoca un dibattito all’Ars. Lo ha fatto il presidente della commissione Antimafia, Fava, e lo chiedono anche i cinquestelle.

«L’ho chiesto anche io al presidente Miccichè e sono certo che non mancheremo di tenere il dibattito. Ma una cosa la voglio dire: più che una “questione morale” vedo una grande “questione politica”. I reati sono contemplati dal codice penale, ma la politica deve avere un’etica nei suoi comportamenti. Non è moralismo, è una regola individuale di adesione a valori superiori. E questa mia posizione non è certo una novità: il codice etico che voterà l’Ars, seguendo un lavoro da me iniziato da presidente della commissione Antimafia, servirà mi auguro ad alzare l’asticella dei comportamenti individuali».

L’Assemblea sembra procedere a rilento, spesso anche nell’approvazione dei progetti di legge del governo. Perché dovrebbe fare un’eccezione con il codice etico?

«Voglio essere ottimista e penso che il lavoro svolto da tutti i deputati in commissione sia un buon viatico per una rapida approvazione. Lo chiedo dalla scorsa legislatura! Come chiedo, non certo da quando sono presidente della Regione, di abolire il voto segreto in aula. Ma devo dire, anche a dispetto di una certa rappresentazione anti-siciliana e anti-meridionale, che nelle commissioni legislative dell’Ars si è lavorato molto. E il lavoro ha prodotto risultati, a cominciare dalla legge sulla sburocratizzazione, approvata questo mese. E sono convinto accadrà anche per quella sul diritto allo studio e per le altre proposte del mio governo e di tutti i gruppi all’esame del Parlamento siciliano».

Ma in molti parlano di una “Ars lumaca”. Lei sembra non condividere.

«Il lavoro del Parlamento regionale in questo primo scorcio di legislatura si è svolto nel confronto delle commissioni legislative, che hanno prodotto alcuni risultati significativi. Penso all’approvazione della rete ospedaliera, varata lo scorso anno, o al parere sul Piano stralcio per i rifiuti, che ha preceduto l’adozione del Piano regionale e l’approvazione in commissione Ambiente della nuova legge sui rifiuti, che approderà presto in Aula. C’è molto lavoro da fare, ma vorrei dire con chiarezza che il governo sta facendo quello che non è mai stato fatto prima: investimenti per l’ambiente, per la salute, per la tutela del territorio, per le infrastrutture, per la scuola, per il turismo e i beni culturali. Non mi aspetto che tutto si veda subito, ma il moltiplicarsi delle gare d’appalto e l’apertura dei primi cantieri sono il segnale giusto. Ma ancora solo un primo segnale».

Lei ostenta distacco olimpico rispetto alla situazione politica. Il suo movimento ha deciso di non essere presente alle Europee. E alcuni avevano criticato, anche nella sua coalizione, questa scelta. Perché neutrali?

«Per due ragioni, che sono entrambe eticamente forti. La prima: il presidente della Regione non scende in campagna elettorale, ma lavora e resta saldamente al suo posto. Era capitato in passato che tutti i miei predecessori, direttamente o indirettamente, avessero deciso di candidarsi alle Europee. Non critico le scelte altrui, ma rivendico le mie. Se chi guida la coalizione scende in prima persona in alternativa ai propri alleati, viene meno il lavoro di collegialità che è fondamentale per procedere velocemente. E noi non possiamo perdere tempo».

E la seconda ragione?

«DiventeràBellissima è un movimento nato oltre quattro anni fa con il compito di rappresentare il collante di una coalizione che era stata divisa, aveva perso le elezioni nel 2012, favorendo l’ascesa del Pd, e che, perché non dirlo, tutti gli osservatori locali e nazionali pensavano non potesse reggere il confronto con i grillini. E invece siamo stati il lievito giusto per una coalizione che dopo la Sicilia ha prevalso in tutte le regioni chiamate al voto. La neutralità è anche la scelta politica di non aver espresso candidati nostri nelle liste della coalizione, alle quali, a tutte e nessuna esclusa, auguro di poter raggiungere l’obiettivo sperato. Noi ci posizioniamo sul dopo, sulla necessità di rigenerare a livello nazionale un centrodestra che può fare del modello di governo del territorio l’asse portante di un rinnovato profilo identitario».

E che ruolo svolgerà Musumeci?

«Io governo la Sicilia, che non è una Regione come tutte le altre. Il mio è un ruolo amministrativo che avrà bisogno del tempo necessario e, temo, non basterà questa legislatura. Ho letto le parole del presidente Berlusconi, sul vostro giornale. Lo ringrazio per la rinnovata stima che è reciproca e sincera. La Sicilia, che è la Regione più grande d’Italia, non può isolarsi e lasciare spazio di rappresentanza politica nella Penisola. Questo impone anche a me il dovere di lavorare assieme ai leader del centrodestra perché esiste ancora una grande questione Mezzogiorno che non può essere appaltata al M5S o alla sinistra».

Abbiamo l’insana curiosità di sapere per chi voterà alle Europee il presidente della Regione. Come si dice: chiedere è lecito…

«No, può chiedermelo e io ho il dovere di rispondere(ride, ndr)… Il presidente della Regione, eletto dai siciliani alla guida della coalizione di centrodestra, voterà per la sua coalizione. Che vedo crescere giorno dopo giorno e mi fa piacere, perché so che il lavoro del nostro governo comincia ad essere avvertito. Pensi alle amministrative del mese scorso: al di là di qualche divisione di troppo, che faremmo bene a evitare, le liste della nostra area hanno superato quasi ovunque il 50 per cento».

Lei non si scompone, ma tanti dei suoi un proprio orientamento lo esprimeranno…

«Mi pare normale: un movimento che non ha candidati, ha comunque elettori. Non è un mistero che molti voteranno per la Lega di Salvini, in nome di un modello di partito del territorio da radicare nel contesto nazionale. Altri per lo faranno per Forza Italia o per Fratelli d’Italia. È giusto così: noi puntiamo ad unire, non a dividere».

Anche su questo sembrano esserci visioni diverse. Si è parlato pure di un “patto del Nazareno” in salsa siciliana. E, negli ultimi giorni, non manca chi – nel centrodestra, ma anche a sinistra – già si propone già come candidato alla sua successione…

«Vedo più tattica che strategia. La verità è che la radicalizzazione a sinistra del Pd sta determinando una nuova capacità aggregativa del centrodestra nell’area moderata. Ma nessuno dimentichi mai che il centrodestra in Italia governa ormai la maggior parte delle Regioni. E lo fa con lo stesso schema di coalizione che è il nostro. Mi sembra lo abbia ribadito pure il presidente Berlusconi…».

Eppure in questa campagna elettorale una «capacità aggregativa», per citarla, è stata quella degli “highlander” del centrodestra, a braccetto con illustri rientranti dal centrosinistra. E tutto ciò si accoppia a movimenti in corso alla Regione. Se dovesse trovare qualche gattopardo dietro la sua porta, che fa?

«Lo escludo, non perché non abbiano il diritto di esserci e parlare con il presidente della Regione, ma per il semplice motivo che non ho nulla da offrire e, sono certo, loro nulla da chiedere. Chi ha sostenuto altri percorsi salta un giro e lavora assieme a noi per costruire il prossimo».

Nemmeno un cambio di qualche casella nel governo?

«Il governo è lo specchio dello schieramento che ha vinto le elezioni nel 2017 e della geografia attuale del Parlamento. Di certo non mi si potrà chiedere mai di fare come il mio predecessore che ha cambiato oltre cinquanta assessori in cinque anni. Si deve lavorare e tutti devono farlo con maggiore intensità, anche perché abbiamo obiettivi importanti e scadenze imminenti».

La più importante?

«Ne vedo molte, ma tra tutte una: stiamo preparando la Sicilia alla partecipazione ed Expo 2020 a Dubai. Si tratta di una occasione imperdibile perché avremo l’opportunità di ribadire la nostra centralità nel Mediterraneo e per affermare il nostro modello culturale come leva di sviluppo del territorio. Ci prepariamo con il giusto anticipo. E anche questo vuol dire, finalmente, sapere programmare».

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