Forza Italia fra fedeli e rivoltosi, il "lodo Mulè" sul tavolo di Tajani
Il gruppo Ars difende Schifani e Caruso. Ma il 29 c’è la segreteria nazionale
Il telefono di Giorgio Mulè, da sabato pomeriggio, è diventato un rettangolo infuocato. Telefonate e messaggi, decine di attestazioni (quasi tutte con sommessa preghiera di non divulgazione) di sostegno a chi «finalmente ha il coraggio di dire in pubblico la verità». È bastato che il vicepresidente forzista della Camera, ospite del salotto tv di Telecolor, pronunciasse un paio di serafiche frasi. Una in particolare: «In Sicilia, all’interno di Forza Italia, bisognerebbe non andare nella direzione di un partito che vuole escludere ma di uno che vuole includere», con la conseguente «necessità improcrastinabile di incontrarsi e parlare all’interno di un coordinamento regionale, di una segreteria regionale, che da due anni non si è mai riunita ed è arrivato il momento di farlo».
Parlarsi a viso aperto, per dirsi (anche) ciò che non va. La stessa garbata richiesta avanzata da Matilde Siracusano, unico sottosegretario siciliano del governo Meloni, in un’intervista a La Sicilia. Eppure anche quella che sembrerebbe una banale routine di partito, in Sicilia diventa una spruzzata di sale su una ferita evidentemente aperta. Dopo una lenta digestione notturna delle parole di Mulè, in mattinata arriva la presa di posizione firmata genericamente dai «deputati del gruppo parlamentare» dell’Ars. «È spiacevole notare come alcuni colleghi di Forza Italia sembrino non essere soddisfatti di quanto il partito ha fatto e sta facendo in Sicilia in questi mesi, mettendo addirittura in discussione la lealtà del nostro gruppo nei confronti del presidente Schifani. Quel che è certo, è che queste polemiche non faranno venir meno, ma anzi rafforzeranno il supporto e la lealtà che da parte di tutti noi c'è stato e ci sarà verso il lavoro svolto da Schifani a livello amministrativo e da Marcello Caruso a livello politico e di radicamento territoriale del partito».
La nota prosegue sulla falsariga di quella inviata per smentire il retroscena sulle “Idi di Noto”, il vertice notturno di un gruppo di forzisti siciliani nell’hotel in cui si svolgeva la kermesse nazionale con Antonio Tajani ospite. «L'esperienza siciliana di Forza Italia, lo confermano i risultati elettorali e i riconoscimenti avuti dal governo Schifani, rappresenta l’esempio migliore - assicurano i deputati azzurri - di quel partito del buon governo e dei valori popolari pensato e voluti da Silvio Berlusconi. Di fronte a questi inequivocabili risultati, lascia spiazzati e sinceramente addolorati vedere come da parte di qualcuno vengano soltanto critiche gratuite e immotivate, invece di un riconoscimento e apprezzamento per coloro che questo lavoro hanno determinato, ovviamente in un contesto di squadra che coinvolge centinaia di amministratori, parlamentari e semplici attivisti e militanti. Una mancanza di apprezzamento e gratitudine - è la sferzante conclusione - sinceramente incomprensibile e inaccettabile».
Il gruppo dell’Ars, dunque, fa quadrato su Schifani e Caruso contro Mulè “reo” di non voler «nascondere la polvere sotto il tappeto». Anche se da fonti siciliane che ieri hanno sentito l’ex direttore di Panorama si apprende, oltre che delle minacciose telefonate “one-to-one” ricevute dai firmatari virtuali da parte del governatore in persona, la circostanza che molti dei deputati lealisti avrebbero contattato lo stesso Mulè. «Questa caccia alle streghe deve finire: dobbiamo dirci tutto in faccia», uno dei concetti espressi. Ci sarà l’occasione, perché «il coordinamento regionale sarà convocato a breve». Non si sa quando, ma giovedì prossimo è in programma una riunione della segreteria nazionale. Nella quale il “ribelle” ha intenzione di «sollevare il caso».
Con quali argomenti? Di certo non soltanto il mancato dialogo interno. Nel “lodo Mulè” c’è anche lo scottante tema della sanità. Il deputato eletto nel collegio occidentale s’è intestato la prima denuncia sullo scandalo dell’Asp di Trapani. Raccontano nel partito che, prima di andare a trovare la docente vittima-simbolo dei ritardi sui referti istologici, l’ex sottosegretario avesse pure invitato Schifani ad accompagnarlo. Richiesta rifiutata e sappiamo com’è andata a finire: s’è trovato il capro espiatorio, Ferdinando Croce, senza cercare oltre quelle «verità» che adesso Fratelli d’Italia invoca dopo lo smacco della cacciata del manager d’area. Sul tema anche Mulè è chiaro: «Non mi importa se il dirigente o l’assessore fossero indicati da Forza Italia, se hanno sbagliato devono pagare». Il riferimento è a Giovanna Volo, che non c’è più, ma anche alla subentrata Daniela Faraoni e al plenipotenziario Salvatore Iacolino. Un ragionamento che anche i frondisti della notte di Noto hanno affrontato, mettendo nello stesso pacchetto Salute ed Economia: gli assessori tecnici, scelti direttamente dal presidente, non sono ancora entrati in sintonia con un’ala del partito.
Ma nel dossier che Mulè vorrebbe discutere a Roma ci sono anche altri punti. Uno riguarda la tenuta del governo regionale rispetto ai numeri ballerini della maggioranza all’Ars: troppe volte sotto, anche su voti importanti. E poi una questione morale interna al partito: a Mazzara si registra l’ingresso del consigliere comunale Giorgio Randazzo, con precedenti politici in numerosi partiti, ma soprattutto con a carico un’accusa per ricettazione nell’ambito del procedimento penale che ha visto indagato, per accesso abusivo a sistema informatico, il maresciallo dei carabinieri Luigi Pirollo, al quale si contesta di aver «sottratto abusivamente dal server dell’Arma file segreti relativi alle indagini svolte per porre fine alla latitanza di Matteo Messina Denaro». Il Tribunale di Marsala ha accettato la richiesta di “messa in prova” di Randazzo (accolto dall'ex assessore regionale Toni Scilla) e con un periodo di attività nei servizi sociali il consigliere conta di ripulirsi dal punto di vista giudiziario. «Ma c’è spazio per lui - si chiedono alcuni di Forza Italia - nel partito di Rita Dalla Chiesa e Caterina Chinnici?».
A Tajani, ammesso che il 29 se ne parlerà davvero, toccherà rispondere su queste questioni. Anche se ambienti romani sostengono che il leader «sulle vicende siciliane vuole restare neutrale, per indole e per convenienza». Ma Mulè insisterà. Forte anche del consenso crescente di quella parte di Forza Italia (con un certo favore da parte del “Lo-La-Mi” di Grande Sicilia) che già da un po’ vede nel vicepresidente della Camera una potenziale alternativa a Schifani. Che resta «il candidato naturale», anche se lo stesso Mulè sull’argomento è sibillino: «Può darsi che Renato cambi idea» e comunque «di chi si deve candidare riparliamone nel 2027». A Palazzo d’Orléans è scattato il livello d’allerta. Il colore? Rosso.