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Più mancette che riforme: Regione, le ferie d’agosto e i problemi sotto la sabbia

Silenzio e “dieta”, la linea Schifani con gli alleati in lite. Rifiuti, due ex ministri consulenti: 70mila euro a Clini, in arrivo c’è Tria. Exit strategy di FdI: Assenza al vertice Ars, per il Turismo spunta Alaimo

Mario Barresi

15 Agosto 2025, 12:48

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Agosto, Regione mia non ti conosco. Mai come quest’anno le ferie sono state propizie per il centrodestra siciliano. Non certo per il meritato riposo dei “figli d’Ercole”, che all’Ars non brillano per fatiche erculee, ma per la necessità di smaltire le tossine accumulate in un anno ad alta tensione. E così il classico «ne riparliamo a settembre» non è soltanto un modo per sotterrare i problemi sotto la sabbia ferragostana, ma diventa una strategia di sopravvivenza. Per evitare che la maggioranza imploda.

A dire il vero la scadenza di alcune questioni potrebbe anche (volutamente) non essere legata alla ripresa post ferie. Una su tutte: il collegato alla manovra ter in cui dovrebbero finire i cosiddetti «interventi territoriali» tanto agognati dai deputati del centrodestra (ma attesi anche da molti delle opposizioni) potrebbe slittare alla finanziaria di fine anno.

Renato Schifani l’ha fatto capire nell’intervista al nostro giornale: vista la «distanza così breve fra i due provvedimenti», bisognerà fare «sintesi». Tradotto: potete scordarvi la doppia sessione di mancette, che a questo punto dovrebbero trovare spazio a dicembre nella manovra regionale. Stesso dicasi per un altro tema a cui gli alleati sono molto sensibili: il sottogoverno. Il tavolo di maggioranza, rinviato dopo aver partorito solo qualche nomina, si riaprirà soltanto dopo aver fatto «chiarezza nei e fra i gruppi di maggioranza». Tradotto: Schifani prima vuole “vedere cammello”. E anche su Ast, al cui vertice gli autonomisti non vedono l’ora di piazzare Luigi Genovese, c’è «una valutazione in corso» rispetto alle dimissioni del presidente Alessanrdo Virgara.

Ma, al di là dei singoli episodi, l’impressione è che la frattura fra governo e maggioranza sia sistemica. Angelino Alfano, quando a Roma doveva spiegare la tipicità locale del sistema elettorale siciliano, raccontava che «i deputati regionali, dall’indomani del voto, pensano soltanto a come riconquistarsi lo scranno». E sembra ancor più vero oggi, con l’effetto collaterale che il centrodestra guidato da Schifani appare intrappolato in una crisi d’identità. Dentro la quale è sempre più evidente lo “iato” fra la spasmodica ricerca di un particulare (contributi straordinari, nomine, giochi di potere) che ha ben poco di machiavellico e la necessità delle riforme annunciate dal governo, ma regolarmente rinviate quando non affossate all’Ars, come avvenuto di recente con i Consorzi di bonifica.

Schifani, che è un iper-parlamentarista convinto, sembra pronto a cambiare strategia: meno disposto a mercanteggiare ogni provvedimento, deciso a «non farsi logorare dai giochini di palazzo». Gli stessi che consegnano l’immagine di un governo regionale impegnato a inseguire da un lato le bizze degli alleati e dall’altro le emergenze. Sulla crisi idrica i dissalatori sono una prima risposta, ma per uscire dal tunnel bisognerà aspettare la prossima estate. E poi i rifiuti. Con la panacea, a torto o a ragione, dei termovalorizzatori. Ora “picconati” dalla Corte dei conti regionale, che ne ha messo in dubbio la sicurezza e la rispondenza alle norme Ue. L’ennesimo focolaio di scontro istituzionale. Palazzo d’Orléans non vuole alimentarlo, ma si lavora per blindare la procedura dei due inceneritori previsti «entro il 2028». E così, dopo la nomina, con decreto dello scorso 28 luglio, di Corrado Clini, titolare della delega all’Ambiente nel governo Monti, come consulente per il Piano rifiuti (compenso annuo: 70mila euro), il commissario straordinario Schifani potrebbe affidare a un altro ex ministro, Giovanni Tria (che gestì l’Economia nel Conte I), «gli aspetti economico-finanziari del funzionamento dei futuri impianti».

Resta l’assillo delle sabbie mobili del centrodestra. Il presidente della Regione, nel “buen retiro” di Cefalù con la famiglia, ha davvero staccato la spina con quasi tutti gli alleati. Un «silenzio sdegnato», lo definisce chi gli è molto vicino, magari interrotto dai contatti con Gaetano Galvagno per mettere a punto una delle prime mosse autunnali: l’abolizione del voto segreto all’Ars, «una riforma non più rinviabile». Uno strumento per sminare il campo di Sala d’Ercole dai franchi tiratori, che nella manovra ter hanno affossato i contributi per i laghetti delle imprese agricole e i fondi all’editoria. Misure che «saranno riproposte subito», nel collegato “mancette free”, assieme alle norme su precari dei Consorzi di bonifica e Asacom nelle scuole.

Ma le contromisure d’aula non basteranno a sanare alcuni strappi nella maggioranza. A partire dalla lotta continua fra Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo. Schifani s’è impegnato «personalmente» a fare da paciere, ma a settembre si consumerà un altro passaggio delicato: il ritorno, ormai scontato, di Luca Sammartino in giunta. Il leader leghista si riprenderà l’assessorato all’Agricoltura, ma anche il ruolo di vice di Schifani, che gli darà la delega ai rapporti col parlamento.

Il governatore è intenzionato a «rispettare un impegno» preso «senza che nessuno lo chiedesse», ma appare guardingo sugli effetti che il rientro potrebbe avere sui già traballanti equilibri di maggioranza. Il presidente della Regione dovrà dimostrare di non essere succube dell’asse Cuffaro-Sammartino, come sostengono alcuni alleati, Lombardo soprattutto.

Nessun altro cambio in giunta, però. Nonostante il sospetto che ci siano «assessorati gestiti come ducati autonomi» (Famiglia, Turismo e Agricoltura gli esempi più citati in presidenza), sui quali ci sarà una stretta «per renderli più funzionali alle esigenze di tutta la coalizione». E nonostante i tanti mal di pancia forzisti sugli assessori tecnici, altro fronte caldo anche in vista dell’elezione, per la prima volta nella storia del partito di Berlusconi, dei coordinatori regionali. Alessandro Dagnino traghetterà di certo il governo nella prossima finanziaria; magari facendo tesoro del consiglio del presidente nel corso di un recente siparietto: «Tu occupati degli aspetti tecnici, che a quelli politici ci penso io». Daniela Faraoni ha il pieno mandato per riportare in commissione Salute - altro impegno per settembre - la rete ospedaliera “rimbalzata” prima della pausa estiva. Uno strumento indispensabile, fra l’altro, per il tentativo di mantenere la Cardiochirurgia pediatrica a Taormina. Anche se la programmazione potrebbe non bastare: a Roma ci sono delle resistenze, più al Mef che alla Salute, per cui potrebbe rendersi necessario un “viaggio della speranza” di Schifani presso il ministro Giancarlo Giorgetti.

E infine la questione di Fratelli d’Italia. Schifani ha espresso posizioni garantiste - a dire il vero più su Gaetano Galvagno, che sull’assessora Elvira Amata - sull’ipotesi di dimissioni. Anche se ha raccolto, con una certa attenzione, le “exit strategy” prospettate dai big del partito al centro dell’inchiesta per corruzione aperta dai pm di Palermo: Giorgio Assenza al vertice dell’Ars e l’ipotesi di Brigida Alaimo (assessora a Palermo, vicina a Carolina Varchi, che è sempre più ascoltata ai piani alti di Via della Scrofa) al Turismo. Ma è chiaro che i guai giudiziari dei big meloniani, oltre a realizzare una “selezione naturale” rispetto a potenziali futuri competitor per la presidenza, ha anche un effetto-zavorra su Ars e governo regionale. Ma su questa vicenda, di cui Schifani ha discusso con i vertici nazionali di FdI, la linea sembra quella dell’attendismo. Bisogna aspettare. Più che le decisioni dei probiviri meloniani, i tempi della magistratura: le richieste di rinvio a giudizio e l’inizio degli eventuali processi. Facendo tesoro di uno slang tipico di Paternò, patria di Ignazio La Russa: «Muoviti fermo». Almeno fino al prossimo autunno inoltrato. Quando questo ferragosto di problemi nascosti sotto la sabbia sarà soltanto uno sbiadito selfie estivo.