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L'INTERVISTA

Nello Musumeci: «Ecco il mio “partito della Regione”, con il centrodestra e per il Sud»

Di Mario Barresi |

La Sea Watch è attraccata a Lampedusa e la capitana Rackete è stata arrestata. L’Italia s’è spaccata in due su questa vicenda. Miccichè dice: «Sconcerta che tanti non parlino per opportunismo». Lei da che parte sta, presidente Nello Musumeci?

«Dalla parte della legge, naturalmente. Sull’immigrazione sono stato sempre chiaro: per noi l’accoglienza è patrimonio genetico, lo facciamo da qualche migliaio d’anni. Una cosa, però, è il soccorso in mare che non si deve negare a nessuno, altro tema è accogliere queste persone povere e condannarle a vivere nell’illegalità. Vedo, purtroppo, tanto sfruttamento e tanta ipocrisia, che non si fermano sventolando bandiere arcobaleno. Un capitano di nave, che in quanto tale si porta addosso tutto il fardello delle responsabilità, ha il dovere di rispettare le leggi. Sempre. A Lampedusa, e non parlo solo della signora Rackete, hanno invece prevalso logiche mediatiche. Il problema di fondo, però, è che nel nostro Paese, anche su una questione così delicata, c’è una tendenza divisiva che non aiuta a superare il problema. Ma se la Corte Europea si è pronunciata proprio in questa vicenda con una decisione storica, ogni diverso atteggiamento appare solo ricerca di violenza gratuita e di inutile sensazionalismo».

Ha lanciato la nuova fase di DiventeràBellissima. Ci spiega con precisione dove vuole arrivare davvero?

«Siamo passati, come movimento, dalla fase in cui si doveva preparare la campagna elettorale e, poi, gestire i primi mesi di governo, a una fase nuova in cui vogliamo essere ancora una volta determinanti nella rigenerazione del centrodestra, se serve anche oltre lo Stretto. Ma la nostra stella polare non cambia: ridare speranza ai siciliani proseguendo con l’opera di buon governo che abbiamo intrapreso. Soprattutto lo dobbiamo a quei ragazzi che ogni giorno sono tentati dal biglietto di sola andata, anche se fortunatamente stiamo cominciando a invertire questa tendenza. Vede, in questi periodi difficili ci vuole più coraggio a restare nella polvere della trincea e lottare, piuttosto che intraprendere un percorso inesplorato. Ma le trincee non rimarranno tali per sempre: è la storia a insegnarlo».

Ma il vostro piano resta quello annunciato al congresso di Catania?

«Il nostro è un movimento che annovera diverse anime: ci sono i socialisti, gli ex democristiani, qualche post-comunista e chi come me viene da destra, ma tutti siamo uniti dalla voglia di riaccendere la speranza in chi ha smesso di credere nella politica, la buona politica che è quella capace di costruire il futuro della nostra società. Vogliamo estendere questa nostra ragione sociale realizzando un vero e proprio “partito della Regione” capace di rappresentare il Sud con un progetto che solo il centrodestra è in grado di sviluppare, visto che è già maggioranza morale nel Paese».

Non è passato inosservato il suo “road show” a Roma. La dimensione nazionale serve più al governatore o al leader politico?

«Al presidente della Regione capita spesso di essere a Roma per rappresentare le ragioni dell’Isola. Da quando si è insediato il nostro governo, ad esempio, la Sicilia ha ripreso a frequentare la Conferenza Stato-Regioni e ha anche partecipato ad alcune sedute del Cdm. A volte si resta solo per alcune ore, giusto per vigilare e cercare di portare a casa il risultato sperato, ma so che questo non fa notizia. La scorsa settimana trovandomi a Montecitorio, ho incrociato molti suoi colleghi giornalisti. Credo sia piuttosto normale. Certo, ho rivisto volentieri molti parlamentari siciliani e non solo, è stata l’occasione per affrontare alcune questioni di governo con il sottosegretario Giancarlo Giorgetti con cui non è mai venuto meno il confronto istituzionale. Ma le mie missioni hanno a oggetto la Sicilia. E il focus è sugli obiettivi che, nonostante tutto, vogliamo provare a condividere con il governo nazionale».

Ha fatto un appello chiaro a Salvini: rompi con il M5S e ti aiuto io a vincere al Sud. Come pensa di riuscirci?

«La coalizione che ha vinto in Sicilia, oltre a innescare la rimonta in tutta la nazione, è la dimostrazione plastica che un centrodestra unito può vincere e convincere. È in grado di fronteggiare la macchina dell’odio e della rassegnazione messa in azione da chi ha sempre bisogno di un nemico e tanto sale da gettare sulle ferite della gente. Lo ripeto, noi vogliano definire un progetto per la Sicilia e per il Sud, che parli alla gente con il linguaggio della speranza e del coraggio. Ed è il Sud la vera sfida per il futuro governo dell’Italia: da un vero progetto economico e sociale dipende anche la crescita economica di tutta la Nazione. Se il Sud è debole, è debole l’Italia».

Alle Regionali votarono per lei anche parti di borghesia moderata e persino di sinistra. Non pensa che l’avvicinamento a Salvini possa farle perdere questo elettorato?

«Salvini è socio fondatore del centrodestra e oggi rappresenta il primo partito della coalizione. È singolare che mi si rimproveri, ma lo fanno solo pochi addetti ai lavori con livoroso interesse, che la Lega sia nel centrodestra e io ne sia alleato. Lo sono stato anche alle elezioni del 2017, quando abbiamo unito tutta la coalizione. La stessa che oggi governa la maggior parte delle regioni italiane. Quanto a me: ho sempre ricevuto un consenso piuttosto trasversale, anche quando nel 1994 la sinistra ha votato per un presidente missino. Oggi lavoro per dare una prospettiva politica alla nostra coalizione, che non può essere quella di venti anni fa e che deve rigenerarsi profondamente per conquistare credibilità al Sud».

Gli alleati del centrodestra non hanno preso bene la costituzione del gruppo “Ora Sicilia” all’Ars. Qualcuno, teorizzando la “regia” di Razza, le ha chiesto di chiarire. Cos’è, un Musumeci Fan Club di “diversamente leghisti”?

«Il governo si tiene fuori dalle dinamiche dell’aula e la mia opinione è più che nota, per averlo detto ufficialmente nei miei interventi in Assemblea: siamo aperti a chiunque voglia sostenere il nostro programma e voglia rafforzarne i contenuti. Questo non vuol dire accarezzare l’idea di cambi di maggioranza che, per chi mi conosce, sono impensabili».

A proposito di Ars. C’è un profondo “gap”, anche comunicativo, fra l’immagine di un’Assemblea di privilegiati fannulloni e un fatturato di leggi, soprattutto di proposta governativa, che comunque è molto più robusto di ciò che appare.

«Il cittadino è abituato ai fuochi d’artificio, cioè all’effimero. E l’effimero non cambia la nostra Isola. Noi invece lavoriamo alle riforme serie e l’Assemblea ne ha votate già almeno tre importanti: quella della pesca, la sburocratizzazione e il diritto allo studio. Al suo esame, adesso, ha la riforma del sistema dei rifiuti, poi consorzi di bonifica, la legge sulla casa, la riforma del 118 e il governo del territorio. Ricordo a tutti che sono passati 18 mesi e che l’orizzonte di legislatura fa presagire la possibilità di completare il lavoro. Più che sulle polemiche, concentriamoci sui risultati. Di fronte a una Sicilia che vuole provare a ripartire, escludo che vi sia la corsa al tanto peggio, tanto meglio. E l’opposizione, che a volte è durissima nei toni, alla fine dialoga con la coalizione di governo. E quando accade sono il primo a riconoscerlo a voce alta».

Qual è il bilancio del primo semestre 2019? E cosa vorrebbe riuscire a fare nella seconda parte dell’anno?

«In settimana presenteremo il Report sui primi sei mesi del 2019. Per me tutto si misura, in questa fase, in risorse impegnate e cantieri aperti. Abbiamo lavorato incessantemente e i risultati iniziano a vedersi. Gare d’appalto, assegnazione delle opere e apertura di cantieri. Per me esiste solo questo».

Quando saranno nominati gli assessori che mancano? Saranno solo due o il “ritocco” di cui ha parlato sarà esteso ad altri posti?

«Ripeto ancora una volta: nessuno potrà mai chiedermi di fare come il mio predecessore che cambiava assessori ogni tre mesi. Non serve alla Sicilia, non serve al buon governo. La maggior parte dei colleghi di giunta sono alla prima esperienza: hanno iniziato a trovare il giusto ritmo e, completata la programmazione, stanno lavorando con impegno. Ho detto che sarebbe stato un ritocco alla squadra e non una rivisitazione del governo. Così sarà».

Lei, nel dibattito all’Ars sulla questione morale, ha affermato: «Qui dentro nessuno è più onesto di me, sono orgoglioso dei miei assessori». Ora, però, dopo la rivelazione di alcune intercettazioni, Pierobon e Cordaro saranno fra gli auditi in Antimafia sul caso Arata. Come si fa a rendere impermeabili i palazzi delle istituzioni al malaffare?

«Mi fa piacere che l’Antimafia regionale – e lo dico con assoluta consapevolezza per averla guidata per una legislatura – voglia accendere i riflettori sul rapporto tra pubblica amministrazione e faccendieri. Una volta gli assessori regionali ricevevano dai corruttori tangenti e regalie. Oggi i miei assessori impediscono azioni compiacenti e poco chiare. La trasparenza ha fatto un passo avanti. E una cosa in più la voglio dire: ricevere persone appartiene ai doveri di chi governa le istituzioni. Quando la macchina dei controlli funziona, come in questo caso, gli obiettivi illeciti vengono sempre bloccato. Arata voleva impianti privati, il governo Musumeci ha risposto con il finanziamento di impianti pubblici».

Twitter: @MarioBarresi

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