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La Lega in Sicilia frena: «Mai con questo centrodestra»

Di Mario Barresi |

Catania – Adesso il progetto di Nello Musumeci è più chiaro. Con il suo “Partito della Regione”, upgrade di DiventeràBellissima, vuole sedersi al tavolo nazionale del centrodestra portando «un progetto per la Sicilia e per il Sud». E l’interlocutore principale, in una coalizione «che non può essere quella di venti anni fa e che deve rigenerarsi profondamente», come argomentato nell’intervista su La Sicilia di domenica 30 giugno, è soprattutto Matteo Salvini. «Io farei un appello alla Lega, metta fine a questo calvario, a questo governo. Si dia la possibilità – ha ribadito il governatore ospite di Omnibus su La7 – di progettare un’azione politica di coesione concreta tra Nord e Sud».

Ma che ne pensa la Lega? Data per assodata la stima personale di Salvini per Musumeci, considerato «un galantuomo, un presidente perbene», in Sicilia il percorso di avvicinamento non è poi così in discesa. Stefano Candiani, commissario regionale del Carroccio ha disconosciuto “Ora Sicilia”, il gruppo di diversamente musumeciani appena costituito all’Ars. «Non ci interessano ascari, boiardi né gattopardi», continua a dire ai suoi, consigliando di «stare lontani anni luce da questi qui». Non sembra in sintonia con questa scelta l’unico deputato della Lega all’Ars, Tony Rizzotto. Che, qualche giorno fa, sfogandosi alla buvette con alcuni colleghi di coalizione, ha invocato «un cambio di atteggiamento» del partito alla Regione, senza il quale «a settembre potrei anche fare qualche passo diverso».

Il lealismo di Rizzotto, fra i sostenitori di Angelo Attaguile alle Europee (l’establishment salviniano ha puntato sulle due donne poi elette) si scontra con la linea del partito, che anzi gli chiede di «distinguersi» a Sala d’Ercole con «scelte di rottura». «Noi al governo della Sicilia ci andremo, ma soltanto dopo aver vinto alle urne», è il mantra che da via Bellerio arriva a Palermo tramite Candiani. Molto più di un avvertimento per il collaborazionista Rizzotto, che potrebbe anche ricevere qualche “cartellino” (giallo o rosso) se non dovesse allinearsi al non possumus. E qui si entra nel cuore della vera strategia della Lega: restare molto «distante» da «questo centrodestra siciliano», ma anche «distinta» dallo stesso governatore, soprattutto fin quando «non darà, nei fatti, segnali di discontinuità da chi lo circonda». Dalla teoria alla pratica, i big leghisti ostentano, con un certo orgoglio, l’ultimo rifiuto a un’offerta del presidente, «arrivata anche tramite Ruggero Razza»: un assessorato regionale subito, «se l’avessimo voluto, anche quello ai Beni culturali». Ma la risposta, riferiscono i corteggiati, è stata: «No, grazie». Nulla di personale contro Musumeci, con il quale «continua il dialogo politico». Con «attenzione, ma senza fretta» alla svolta di DiventeràBellissima, apprezzata da molti leghisti (a partire dal potente sottosegretario Giancarlo Giorgetti), nonostante qualche mal di pancia di quei dirigenti siciliani che consigliano «prudenza» su un eventuale accordo che «non dovrà essere un autobus elettorale».

Le strade, per ora, restano separate. E così il governatore nominerà «entro i primi giorni di luglio» (come ha assicurato al capogruppo di FdI, Francesco Lollobrigida, nell’incontro di martedì a Roma) Manlio Messina al Turismo, con la speranza di chiudere in contemporanea il «ritocco» con un super tecnico ai Beni culturali, rinviando qualsiasi altro cambiamento all’autunno o meglio ancora al 2020. Invece la Lega, tirandosi fuori da quelli che continua a definire «gli inciuci palermitani», si concentra su altro. In agenda due conferenze programmatiche (Palermo e Catania le sedi probabili) per «raccogliere idee da portare a Roma ma da mettere anche a disposizione del governo regionale», ma prima c’è il rinnovo della dirigenza siciliana. Verso la conferma i due vice Candiani, i responsabili Enti locali, Fabio Cantarella a oriente e Igor Gelarda a occidente. Si pensa a nove commissari provinciali. I nomi caldi? Il sovranista Antonio Triolo a Palermo (al posto dello stesso Gelarda), mentre a Catania resterebbe solo il sindaco di Motta, Anastasio Carrà (senza più Maurizio Ferro), e a Messina in ascesa Matteo Francilia, sindaco di Furci.

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