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Forza Italia "inquieta", Schifani mette in riga i ribelli: alla riunione spunta pure Tajani

Il presidente della Regione alle prese con i mal di pancia di alcuni deputati che aspirano ad un ruolo in Giunta

Mario Barresi - Accursio Sabella

11 Settembre 2025, 08:30

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Qualcuno, entrando nella sala giunta di Palazzo d’Orléans, s’insospettisce subito nel vedere Renato Schifani che indugia sul monitor di solito usato per i videocollegamenti. «Ma che bello questo paesaggio!», dice il governatore ammirando lo screensaver mentre ammicca al suo segretario particolare Marcello Caruso, lì dentro anche in veste di coordinatore regionale di Forza Italia.

Per i ribelli azzurri è l’inizio della fine. Da quello schermo, dopo un lungo monologo del padrone di casa, al termine della riunione del gruppo forzista dell’Ars spunterà il faccione rassicurante di Antonio Tajani. Il leader nazionale blinda Schifani, rimprovera chi non ha capito che «i panni sporchi vanno lavati in famiglia» e rassicura i suoi circa l’Opa ostile di Raffaele Lombardo (un «alleato leale») sul partito regionale. E, soprattutto, mette in riga i ribelli. «Se in un’assemblea di classe, che si annuncia infuocata, a un certo punta spunta il preside, è chiaro che poi gli alunni stanno tutti zitti», è l’efficace metafora di un deputato regionale.

A dire il vero, però, le intenzioni bellicose sono evaporate quasi subito, già davanti al governatore. Eppure, qualche deputato regionale di Forza Italia sembrava pronto a mettere sul tavolo questioni e problemi, lamentele e nodi da sciogliere. A cominciare dal più stretto di tutti: la presenza dei due tecnici in giunta (Alessandro Dagnino all’Economia e Daniela Faraoni alla Salute) e le relative aspirazioni di qualche deputato a entrare nell'esecutivo in prima o per interposta persona. Schifani ha spiegato che «visti i dossier delicati di cui si stanno occupando» gli assessori “diversamente forzisti” non si toccano. «Non è il momento». Il che non significa che la richiesta di avere due assessori politici (magari reclutati dal gruppo) sia destinata a cadere nel vuoto per sempre.

Ma è chiaro - come fa notare qualcuno dei presenti - che più ci si avvicinerà alla scadenza del voto e più diventerà «quasi impossibile» la rottamazione di Dagnino e Faraoni. I più delusi di tutti, alla fine, saranno Riccardo Gennuso (che vuole fare l’assessore e chiede la testa di Faraoni, anche per questioni personali) e Riccardo Gallo, impegnato in una faida agrigentina contro il super dirigente Salvatore Iacolino. Ma nessuno di loro, in pubblico, apre bocca.

Alla fine, appunto, tranne rare eccezioni (Nicola D’Agostino, fra le poche voci apertamente critiche, a contestare «una rete ospedaliera che così com’è fa schifo»), nessuno fiata. I deputati convocati dal capogruppo Stefano Pellegrino hanno ascoltato l'intervento del presidente della Regione. Una mezz'ora circa, raccontano i presenti, di analisi sull'azione politica del governo e sui risultati di Forza Italia, portata avanti esclusivamente dal presidente Schifani.

Una narrazione a tinte eccessivamente «rosa», lamenta qualcuno, ma solo nei corridoi, parlando di riunione «autocelebrativa», in cui «tutto va bene», nel corso della quale «si sono nascosti i problemi sotto il tappeto» e si è finta «una collegialità che non esiste».

Schifani, però, nella riunione è tatticamente perfetto. Arrendevole nei modi, deciso nella sostanza. Bastone e carota, con il gruppo. Al quale, dopo aver giurato di «essere stato sempre disponibile al dialogo, ma i problemi dovete venire a raccontarmeli», intima di «non parlare più dei fatti nostri sui giornali». Poi la concessione sugli «interventi territoriali» (altrimenti detti mancette): saranno inseriti in un’imminente variazione di bilancio «ma con tabelle o con un ordine del giorno» dell’Ars, senza che il governo regionale se ne assuma la paternità.

Un’altra apertura ai deputati arriva sul ddl Enti locali, incardinato all’Ars ma chiuso nei cassetti: via alla raccolta dei desiderata su terzo mandato, assessori aggiuntivi, consiglieri supplenti e quote rosa. «Prima facciamo sintesi fra noi e poi sollecitiamo gli alleati», è la linea condivisa. Smentito l’asse con Totò Cuffaro e Luca Sammartino, «il gruppo privilegiato è quello del mio partito».

L’altro tema caldo è il rapporto con Raffaele Lombardo. Sul quale i timori che serpeggiano nel gruppo sono ben riassunti dall’uscita, schietta come sempre, di Luisa Lantieri: «Se dobbiamo fare le liste con quello lì, io me vado domani mattina». Anche sull’alleanza con gli autonomisti Schifani, spalleggiato da Caruso, è rassicurante: «Per l’Ars ognuno avrà la sua lista, loro ci sosterranno alle Politiche sul modello già sperimentato alle Europee», scandisce il governatore, rispondendo anche alle preoccupazioni («A Catania siamo già pieni a tappo») espresse da D’Agostino. Più sfuggente, invece, la risposta sul tesseramento in vista del congresso regionale (argomento per il resto tabù) aperto ai lombardiani: «Questo lo decideremo».

Si arriva al finale. Schifani annuncia «una bella sorpresa» con lo sguardo rivolto al monitor. Sembra quasi un rassicurante nonno mentre anticipa gongolante l’arrivo in casa di Babbo Natale ai nipotini, che fingono di non sapere chi - sotto il vestito rosso, celato dalla barba bianca - di lì a poco irromperà nella sala ridacchiando «oh-oh-oh».

Ecco, si materializza Tajani. Che, fa sapere una nota di Fi, sottolinea «il valore di un partito aperto al confronto democratico», ricordando che «esistono sedi e tempi dedicati al dibattito interno, come l’imminente congresso regionale, dove ciascuno potrà presentare le proprie proposte e idee con lealtà e trasparenza».

Per il segretario «il continuo scambio di comunicazioni a mezzo stampa senza un vero dibattito e un reale confronto, non è utile al partito e tradisce la fiducia dei nostri iscritti, che meritano chiarezza e coesione» (cartellino giallo a Marco Falcone e Giorgio Mulè?). Infine, «pieno apprezzamento per l’operato del governo regionale sotto la guida di Schifani e per i risultati straordinari ottenuti da Forza Italia in Sicilia, primo partito per numero di eletti e con migliaia di iscritti», un «successo reso possibile dal lavoro congiunto del governo regionale, dei deputati sul territorio e dall’efficace coordinamento della segreteria regionale» di Caruso.

Insomma: giù le mani da Schifani e dalla sua leadership di Forza italia, almeno fino al congresso regionale della prossima primavera. Quando però, confida un ribelle silenziato, «Renato non potrà giocare il jolly e chiedere, come stavolta, l’aiuto da casa».