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Nella Lega volano gli stracci: i 49 milioni spariti e la prescrizione per Bossi e Belsito, il senatur: «Vicenda cavalcata da altri»

Di Redazione |

Una vicenda «cavalcata da altri» e un verdetto che il giorno dopo rispolvera vecchi dissapori politici nella Lega. Il fondatore del Carroccio, Umberto Bossi, si sfoga all’indomani della sentenza della Cassazione che sancisce la prescrizione per il reato di truffa per il “senatur” e l’ex tesoriere Francesco Belsito nel procedimento sui rimborsi al partito. Resta confermata invece la confisca dei 49 milioni di euro alla Lega. Belsito resta responsabile del reato di appropriazione indebita: per lui ci sarà in questo caso la rideterminazione della pena in Appello.

«Non ho avuto conseguenze sul piano penale ma quei soldi li ho presi e lasciati nella cassa del partito. L’unico rammarico è che per questa vicenda, cavalcata da altri, sono stato defenestrato. Il partito, che era il mio partito, oggi è di altri. Mi sento dignitosamente riabilitato come politico e come uomo», ha spiegato Bossi attraverso le parole del suo legale Domenico Mariani. Belsito, da parte sua, ha detto di essere «stato lasciato a lottare da solo. Ma io ho la coscienza a posto. Ho lasciato i conti in ordine, i miei investimenti hanno generato tutti plusvalenze. Quello che è successo dopo non devono chiederlo a me, non posso sapere come hanno usato quei soldi Maroni e Salvini», aggiungendo di essere disposto ad un confronto con l’attuale leader leghista «per dimostrare la mia buona fede e il mio buon governo dei fondi della Lega».

Nella loro sentenza, i giudici della Cassazione hanno annullato le condanne e le confische personali per Umberto Bossi e l’ex tesoriere del partito. Confermate le condanne per i revisori Diego Sanavio e Antonio Turci, accusati di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. Assolto il terzo revisore Stefano Aldovisi. In particolare, per il ‘senatur’ viene annullata la confisca di un quinto del vitalizio da ex parlamentare europeo e di una parte della casa di sua proprietà.

Prima della sentenza nella sua requisitoria il Pg, Marco Dall’Olio, aveva invece chiesto la conferma delle condanne per Belsito e Bossi, spiegando: «Non è vero che i rendiconti erano solo generici. Erano anche falsi: si diceva “rimborso autisti”. Ma in realtà si finanziava la famiglia Bossi. E non è un aspetto secondario – aveva sottolineato Dall’Olio – , è sotto questo profilo che si configura il reato di truffa». Ma per Renzo Bossi, figlio del fondatore della Lega, «i 49 milioni in discussione nel processo di Genova, come controllabile dai bilanci pubblicati sul sito della Lega, sono sempre stati nelle casse del partito» ed è «assolutamente falso e inventato» il loro utilizzo «per spese familiari».

Resta aperta invece la questione della sentenza di secondo grado al processo gemello di Milano: il prossimo 11 settembre la Suprema Corte è chiamata a decidere sul ricorso della procura generale di Milano, che chiede di estendere anche ai due Bossi la querela presentata dal leader della Lega Matteo Salvini nei confronti del solo Belsito.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA