L'analisi
Veltroni ai giovani di Catania: «La pace a Gaza merito anche delle vostre mobilitazioni»
Il giornalista è ospite della Scuola superiore dell'Università. E dialoga con gli studenti sull'origine dell'autoritarismo, sugli strumenti per riconoscerlo e sugli antidoti da adottare. Anche adesso
Non vuole parlare della «politica che si riduce a giardinetto». Non è venuto per questo a Catania Walter Veltroni, fondatore del Pd, giornalista. Vuole parlare della politica «capace di interloquire al livello delle centinaia di migliaia di giovani che hanno riempito le strade negli ultimi mesi a sostegno della Palestina». E all'auditorium dell'ex monastero dei Benedettini sono accorsi in centinaia per entrare in dialogo con lui. «Dietro queste grandi mobilitazioni - è il pensiero di Veltroni - non c'è solo una motivazione politica. Ma anche civile, persino umana. Ragazzi e non solo che dicono basta all'indignazione sui social. Capiscono che è arrivato il momento di guardarsi negli occhi».
E pur osservando l'impegno di parlare di “politica alta”, all'ex sindaco di Roma una battuta scappa: «Non credete a chi vi dice che questa fragile tregua non sia anche merito vostro, dei milioni scesi in strada». Il riferimento è alla premier Giorgia Meloni, che più volte ha sottolineato come i cortei non servano alla pace.
Più avanti, ecco un'altra stoccata al governo. Agli studenti racconta la storia di Sami Modiano, sopravvissuto ad Auschwitz che soltanto nel 2005 e proprio insieme a Veltroni tornò per la prima volta nel campo di prigionia dove il padre e la sorella trovarono la morte. «La sua vita cambiò, da lì in poi ha cominciato a girare l'Italia per testimoniare. Lo fa ancora ora a 95 anni. Eppure per qualcuno questi viaggi sarebbero solo delle gite». Parola usata pochi giorni fa dalla ministra della Famiglia, Eugenia Roccella.
L'incontro con Veltroni è il primo di una serie organizzata dalla Scuola Superiore dell'università di Catania e aperto a tutti. E lui prova a indicare agli studenti la strada per riconoscere l'autoritarismo. Una lezione che ruota attorno a tre verbi: immaginare, credere, costruire. «L'immaginazione è un gigantesco potere della libertà. Ma ha bisogno della noia, è essenziale. Bisogna annoiarsi per immaginare. Oggi invece ogni tempo morto è riempito dai social. Una delle ragioni per cui le democrazie soffrono è che non hanno saputo fare i conti con il salto tecnologico più intrusivo di sempre. Oggi la vita è dentro il telefono, ma questo non è gratis. Il prezzo siamo noi».
Secondo passaggio: credere. Come i ragazzi dei cortei. «Credere significa non avere il vuoto dentro. E questi giovani non ce l'hanno. Ma significa anche non rinunciare mai al dubbio e diffidare delle verità assolute». E poi: costruire. A partire dalle parole. «Le dittature iniziano dicendo basta con le parole. Invece le parole sono importantissime. Vanno selezionate, scartate. Non c'è antinomia tra parole e costruzione. Ci sono parole che costruiscono, come il no di Franca Viola che rifiutò il matrimonio con chi l'aveva violentata nel 1965, quando ancora c'era il matrimonio riparatore».
Insomma, Veltroni mette in guardia perché vede nel mondo l'autoritarismo togliere spazio alle democrazie. «I sistemi autoritari nascono da due processi. Il primo guidato dall'alto punta a eliminare tutto quello che c'è tra i cittadini e chi detiene il potere. Così ti dicono che i partiti, la magistratura e tutto il resto non servono a niente. In questi anni abbiamo assistito a questa campagna di destrutturazione. Il secondo fenomeno - conclude - è l'indifferenza. E anche questa oggi abbonda».